La piadina romagnola autentica come insegna uno chef di zona

La Cucina Italiana

In vacanza per la prima volta a Cesenatico (località consigliatissima) ho deciso di assaggiare la deliziosa piadina romagnola, che conoscevo solo per averla assaggiata in qualche chioschetto a Milano, la mia città. Lasciatevi dire che servita da uno chef del posto, la piadina ha tutto un altro sapore. Ma non si sono limitata all’appagante esperienza gustativa. Curiosa come sono di conoscere tutto ciò che riguarda la tradizione gastronomica locale, ho chiesto allo chef Thomas Spinelli di Valverde Ricci Hotel di Cesenatico di spiegarmi per filo e per segno come si prepara la piadina romagnola. Prima di addentrarmi nella parte pratica, vi racconto alcune curiosità che ho appreso chiacchierando con lo chef. 
In primis che la piadina romagnola ha origini antichissime: pensate che sono state rinvenute tracce dell’utilizzo da parte dei popoli Etruschi insediati in quella che oggi conosciamo come Romagna di un sostituto del pane. Consisteva in un preparato rotondo di farina grezza e cereali. 
In un salto temporale in avanti, ho scoperto dallo chef che alla fine degli anni Venti la piadina è entrata nella quotidianità delle famiglie locali. La piada (come viene chiamata in Romagna) veniva preparata tutte le sere dalle donne di casa al rientro dai campi, rapidamente impastata, cotta al forno in un contenitore di argilla e subito mangiata in maniera conviviale. 
Per arrivare ai tipici chioschi di piadine sul lungomare occorre attendere gli anni Cinquanta. E se avete notato differenze in termini di spessore a seconda della località di villeggiatura non c’è da sorprendersi: nella Romagna settentrionale la piadina è più spessa, mentre più ci si sposta in direzione sud, più diventa sottile.

Ricci Hotels: la piadina. Foto Francesca Bocchia

Francesca Bocchia

Quello che ho imparato sulla preparazione della piadina romagnola originale

Iniziamo dagli ingredienti da procurarsi. Considerando il quantitativo per 5 piadine, ponete sul piano di lavoro 500 grammi di farina di grano tenero dell’Emilia Romagna tipo 1M; 70 grammi di strutto di mora romagnola (salume presidio Slow Food); 2 pizzichi di bicarbonato di sodio oppure 10 grammi di lievito in polvere per torte salate; 8 grammi di sale dolce di Cervia; acqua quanto basta. Mettete la farina su una spianatoia, create un cratere con al centro un buco ben largo. Aggiungete ora sale di Cervia, lievito e lo strutto di mora romagnola. Solo alla fine, versate dell’acqua, andando a occhio e senza esagerare. Lavorate il cratere, avendo l’accortezza di impastare dall’esterno verso l’interno. Terminata la fase di impasto, occupatevi di formare delle palline di circa 120/140 grammi ciascuna (ricordando che, come già detto, la piadina cambia il suo spessore in base alla zona in cui ci si trova, dunque non esiste una regola stringente). 
Importante: la piadina si tira solo da un verso con il matterello e si gira in modo che sia rotonda. Ponetela sulla teglia a cuocere per qualche minuto, forandola prima da un lato e poi dall’altro. Ricordate di non lasciarla all’aria, altrimenti rischiate di seccare l’impasto e renderla la piada meno morbida. Quando inizia a dorare si gira una volta sola, ma sappiate che non c’è un tempo standard di cottura (anche se in Romagna non la fanno mai troppo cotta). 
Come farcirla? Dallo chef Thomas Spinelli ho imparato che la combinazione di prosciutto crudo, rucola, pomodori estivi tagliati a fette e squacquerone è imbattibile, anche se in origine si utilizzavano erbe di campo. Fresca e saporita, deliziosa e saziante, consiglio la piada per pranzi e cene estive, da soli e in compagnia. Mangiarla con le mani aggiungerà un ulteriore elemento godereccio all’esperienza gustativa.

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