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Andrea Aprea apre il suo primo ristorante

Andrea Aprea apre il suo primo ristorante

Finalmente svelata la cornice per l’apertura del ristorante e del bar-bistrot che segnano il debutto di chef Aprea come imprenditore

Andrea Aprea apre il suo primo ristorante – e già questo sarebbe sufficiente per fare una notizia, ma non solo. La sua destinazione è un luogo nuovo e pieno di fascino: il nuovo ristorante “Andrea Aprea” sarà all’ultimo piano dell’atteso Museo Etrusco voluto dalla Fondazione Luigi Rovati. Segnatevi questo indirizzo: corso Venezia 52 a Milano, dove ora troviamo uno splendido palazzo d’epoca con una segreta corte verde.

Andrea Aprea, imprenditore di sé stesso

A maggio scorso l’annuncio sui social: dal suo profilo Instagram, Andrea Aprea rivela la grande decisione di lasciare il ristorante milanese che a portato alle 2 stelle Michelin: “Non è mai facile prendere decisioni, ma questa l’ho presa con molta riflessione… soprattutto in un momento storico come questo, ma ho deciso di inseguire il mio sogno. Vi informo che lascio la gestione delle cucine del Park Hyatt Milano e del Vun per aprire il mio ristorante. Ora mi aspetta un nuovo percorso, vi terrò informati sull’evoluzione”. Classe 1977, dal 2011 al VUN Andrea Aprea, ottiene la prima stella Michelin nel 2012, poi la seconda stella Michelin nel 2017, la separazione nel maggio 2021 lascia molti interrogativi.

Chef Andrea Aprea (ph Daniele Portanome per Fondazione Luigi Rovati)

Finalmente oggi capiamo dove la grande cucina dalle radici partenopee di chef Aprea riprenderà a sorprenderci: al Museo Etrusco di corso Venezia a Milano. E sarà possibile gustare la sua proposta gastronomica in duplice modalità: all’ultimo piano, il ristorante si sviluppa su 210mq per preziosi 32 posti che potranno godere di una vista eccezionale dalla vetrata panoramica, mentre al piano terra  sarà il bar-bistrot ad accontentare i clienti turisti del Museo. Entrambi gli spazi sono stati progettati dall’architetto Flaviano Capriotti, gli interni riprendono in chiave contemporanea i materiali della trazione milanese e dialogano con le opere d’arte site specific realizzate da giovani artisti. Bello anche da vedere.

Andrea Aprea, al telefono

Dopo i 10 anni trascorsi come executive chef al VUN Andrea Aprea del Park Hyatt Milano, portato alle 2 stelle Michelin, ecco che si apre un nuovo futuro per il talentuoso chef. Lo abbiamo raggiunto al telefono e ci ha confermato l’emozione e l’entusiasmo per la nuova avventura “Credo che sia normale per uno chef desiderare di aprire il proprio ristorante, è un’evoluzione quasi spontanea. Per me, era il momento giusto per fare questo salto”, ci ha spiegato. L’apertura è per il nuovo anno, quindi i dettagli non sono ancora stati definiti: la ricerca del personale è in corso, il menù è in via di definizione, ma ciò che è sicuro è la cifra stilistica di Andrea Aprea. La sua cucina italiana contemporanea è la base del suo progetto che si basa sulla ferma convinzione “di far bene quello che veramente sai, quello che sei” e di voler continuare sulla sua linea migliorando con novità senza tralasciare il passato. Prematuro per sapere di più, aggiornamenti nei prossimi mesi, ma di certo il suo piatto icona La Caprese… Dolce Salato sarà in carta.

Giovanna Forlanelli con Andrea Aprea (ph Daniele Portanome per Fondazione Luigi Rovati)

Un nuovo accordo

Massima soddisfazione da entrambe le parti per un accordo giunto in tempi relativamente recenti e brevi.
“Questo nuovo progetto rappresenta per me una straordinaria sfida personale e professionale. Con la famiglia Rovati è nata una profonda intesa e comunità di valori, per cui ci siamo trovati a condividere pensieri e visioni. Il risultato di questo incontro sta oggi nella sede straordinaria per il nuovo ristorante gastronomico e del Bar-Bistrot” afferma lo chef Andrea Aprea. “Sono felice di far parte di questa iniziativa che offrirà a Milano una nuova destinazione per l’arte, la cultura, l’educazione e la scoperta di inediti percorsi gastronomici.”
“Siamo certi che la scelta di un partner di valore come Andrea Aprea porterà un valore aggiuntivo importante al museo che si muoverà, intorno alla propria offerta culturale, con una strategia nuova, per Milano e il Paese, di multifunzionalità e di pluralità di servizi” afferma Giovanna Forlanelli, Vicepresidente della Fondazione Rovati.

Insieme per l’eccellenza: intervista a Andrea Macchione, Polo del Gusto

Insieme per l'eccellenza: intervista a Andrea Macchione, Polo del Gusto

Intervista a Andrea Macchione, primo amministratore delegato del Polo del Gusto, una sub-holding del gruppo Illy che riunisce le aziende di eccellenza extra caffè

Nel giugno 2019 nasce il Polo del Gusto, una sub-holding del gruppo Illy che riunisce le aziende di eccellenza extra caffè: a marzo 2021 viene nominato per la prima volta un amministratore delegato del Polo, Andrea Macchione, con una avvincente sfida da vincere.

Una sub-holding dirompente

Il Polo del Gusto è un gruppo di carattere, per ora, solo “finanziario”: è, cioè, una “srl” controllata dalla famiglia Illy che riunisce diverse aziende di eccellenza, che affiancano la Illycaffè Spa: Dammann per il tè, Domori per il cioccolato, Mastrojanni per il vino, Agrimontana per confetture e marroni e Fgel (Bonetti) per pasticceria gelateria. Aziende che la Illy ha acquisito in varia percentuale negli anni, seguendo linee guida ben precise: qualità eccellente, rispetto per l’ambiente, unicità di prodotto, caratteristiche riunite nell’originale definizione di Qualità dirompente.

Abbiamo intervistato Andrea Macchione, già in azione per conquistare nuovi orizzonti.

Andrea Macchione Polo del Gusto
Andrea Macchione Polo del Gusto

Dott. Macchione, la costituzione del Polo ha come scopo il rafforzamento delle aziende del gruppo, un ampliamento di marchi e una futura quotazione in Borsa. Quali sono le prime azioni che intraprenderà come nuovo Ad?

Azioni che ho già intrapreso: ho avviato la ricerca del partner finanziario, che dovremo trovare entro il 2021. È un’operazione complessa, perché il partner dovrà sposare in toto il nostro progetto, la filosofia con cui vogliamo portarlo avanti, con tutti i nostri valori aziendali, e la “way out”, cioè la chiusura del progetto: dopo 10 anni, pensiamo di quotare in borsa il Polo, o le singole aziende, concludendo il progetto condiviso con il nostro Partner. 

Diciamo che proprio in questi giorni sono partite le “consultazioni”. La fase due, ottenuto il concorso finanziario, sarà quella di sostenere le aziende del gruppo che hanno progetti importanti, e contemporaneamente di acquisirne altre.

Come sa, la nostra Rivista si è fatta promotrice della candidatura della nostra tradizione gastronomica a bene immateriale Unesco. Pensa che l’attività del Polo sia in linea con i valori del made in Italy? Come?

Senz’altro, proprio perché si fa interprete di tutti i valori che stanno dietro, e dentro, ogni prodotto di qualità: unicità del prodotto, eccezionalità, il posizionamento in un determinato tipo di mercato, l’importanza della materia prima, la tracciabilità, la biodiversità, la sostenibilità, il rispetto. 

Il Polo, poi, si propone di ampliare il raggio d’azione delle aziende già presenti e di coinvolgerne altre, in un moltiplicatore di qualità che non può che rafforzare il made in Italy, anche come punto di riferimento per un commercio internazionale. Aziende eccellenti, tutte legate da un filo verde, e dico verde per sottolineare la sensibilità ai temi della sostenibilità. 

Non ci sono solo aziende italiane, però: come mai?

Perché ciò che ci guida è un concetto che definiamo come “qualità dirompente”: un’idea che include, oltre alla qualità superiore, anche una forte identità e una unicità di ciascuna azienda. Certo abbiamo un focus molto importante sull’Italia, quando troviamo qualità, sostenibilità e unicità in un’azienda italiana la preferiamo, altrimenti non ci precludiamo la possibilità di includere produttori stranieri. Sempre tenendo conto che i selezionatori e i criteri di selezione sono i nostri, italiani quindi. 

E sulla tipologia di prodotti? Caffè, tè, vino, cioccolato, confetture e pasticceria stanno tutti bene insieme, come in un’unica famiglia. Avete intenzione di restare in questo ambito o di espandervi oltre?

Per il momento, staremo in questa area, proprio perché è più facile favorire la sinergia tra aziende che hanno affinità tra loro. Ma certo non vogliamo porci limiti a priori.

Il pubblico dei consumatori spesso conosce i marchi delle singole aziende di Polo del Gusto, ma non il Polo stesso. C’è interesse a creare un’identità del Polo più spendibile anche commercialmente? Magari con un marchio ed eventuali punti vendita?

Sì, pensiamo a creare una rete di negozi, sia fisici sia virtuali, con un marchio del Polo, ancora da individuare, nei quali poter acquistare i prodotti delle aziende associate. Negozi di dimensioni medio piccole e piattaforme on line, nelle quali favorire proprio la sinergia tra le singole aziende. 

Lei ha “militato” a lungo come Ad di Domori: qual è l’insegnamento che porterà da questa azienda nella sua nuova sfida?

Certamente i principali valori e la passione per la bellezza che sono comuni a tutte le aziende del Gruppo Illy, e che saranno moltiplicati nel Polo. Inoltre, avendo guidato una realtà come Domori, così bella ma così complessa in uno dei momenti più difficili della storia, porto con me una grande resilienza: “mai mollare”.

Ci rivela la sua top list di golosità Polo del Gusto? 

Comincio dal mondo del cioccolato: il Criollo monorigine Porcelana e i tartufi di Domori, la Jewel Box di Prestat (azienda britannica di cioccolato controllata da Domori, ndr.), ispirata alla scatola personale di Regina Vittoria, ed è piena di delizie tra cui i tartufi, simbolo di Prestat. Per Agrimontana, ho una passione per le marmellate, una linea che si chiama Le extra, in particolare per quella di arance amare. È particolare perché è senza glutine, io sono celiaco, ha il 30% in meno di zuccheri e ha un’etichetta in carta riciclata. Per Dammam il mio preferito è il Jasmin, tè verde al gelsomino. Che oltretutto ha nell’elenco dei tè Dammam ha il numero 13, il mio numero fortunato. Per Mastrojanni, poi, mi piace il Brunello di Montalcino, il base: perché le grandi cantine secondo me si misurano dai vini base, e non dai cru dove ci sono ovviamente le eccellenze. Il Brunello base di Mastrojanni è pazzesco, una cosa incredibile. 

Una cosa che vuole dirci in particolare?

Un piccolo sogno: mi piacerebbe che il primo negozio del Polo si aprisse a Trieste (la città di Illy, ndr). Guadagnerebbe un pizzico di romanticismo, che anche il business, in fondo, deve avere.

Spaghetto Milano, l’omaggio di Andrea Ribaldone alla sua città

Spaghetto Milano, l'omaggio di Andrea Ribaldone alla sua città

Era nato cinque anni fa per celebrare l’Expo, oggi è più che mai attuale per unire la cucina italiana a quella tipica meneghina. Un piatto goloso, bello da vedere e adatto a tutte le stagioni

«Volevo creare qualcosa che rappresentasse la città, ma che fosse anche un piatto italiano riconoscibile per tutti». Parole di Andrea Ribaldone che ha creato lo Spaghetto Milano in un momento particolare, bellissimo per tutti: l’Expo 2015 quando guidò il ristorante di Identità Golose all’interno del grande spazio. Un’esperienza unica, nella sua città di origine e che rappresentò il trampolino di una brillante carriera: già l’anno seguente conquistò la sua prima Stella Michelin con il ristorante Due Buoi ad Alessandria. Dal 2015 in poi, Ribaldone ha fatto un sacco di cose. Gestisce un locale nelle Langhe – l’Osteria Arborina, Stella Michelin dal 2017 – e segue la cucina di molti progetti in Italia: Borgo Egnazia a con i suoi sei ristoranti (di cui uno stellato, affidato a Domenico Schingaro), l’emergente Lino nel centro di Pavia, il suggestivo Garage Italia a Milano. E resta il coordinatore di Identità Golose Hub, nel cuore della sua città.

Una brillante carriera

Oggi Milano vive un momento terribile, che prima o poi finirà. Ecco perché abbiamo trovato perfetto recuperare questa ricetta – golosa e per tutte stagioni – così da proporla ai nostri lettori. Ribaldone descrive così il suo piatto «È uno spaghettone cotto in acqua, con poco sale, e mantecato con un risotto alla milanese frullato per ottenere una crema di riso allo zafferano 3 Cuochi, singolare per morbidezza. E c’è anche una gremolada vista con un tocco contemporaneo. Il passaggio importante è rappresentato dalla preparazione della crema che deve essere bella liscia e omogena. Una volta frullato il riso è bene passare il composto in un colino, così da eliminare qualche eventuale anima del chicco». C’è l’Italia della pasta e c’è la città di Andrea. «È meravigliosa, Milano chiede tanto ma dà tantissimo e oggi merita ancora più amore». Ha ragione.

Ingredienti (per 4 persone)

400 g spaghetti
2 ossibuchi tagliati spessi
30 g di concentrato pomodoro
50 g di fondo bruno ossobuco
1 carota
1 cipolla
1 costa di sedano
1 foglia di alloro
120 g di riso Carnaroli
Zafferano 3 Cuochi
1 l di brodo vegetale
1 limone
burro
Grana Padano
prezzemolo
olio extra vergine

Procedimento

Per il ragù di ossobuco
Tagliate sedano, carote e cipolla in una piccola brunoise; ponete in una busta sottovuoto l’ossobuco, la foglia di alloro, sale e olio extra vergine. Cuocete per 10 ore a 71°, poi tagliate l’ossobuco per il ragù, unite le verdure, il concentrato e il fondo bruno e fate cuocere per 20 minuti.

Per la crema di riso
Fate un classico risotto alla milanese, tostando il riso, bagnate di seguito con il brodo vegetale, aggiungete Zafferano 3 Cuochi, fate cuocere per 20 minuti e mantecate con Grana Padano e burro. Poi frullate il riso fino a ottenere una crema liscia e omogenea. Se serve aggiungete del brodo, da mettere poi da parte perché servirà per mantecare gli spaghetti.

Per la gremolada
Grattugiate la buccia di limone e tritate il prezzemolo, poi mettete il tutto in un contenitore e coprite con olio extra vergine.

Per terminare il piatto
Cuocete gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolateli e mantecateli con la crema di riso, impiattateli e adagiate sopra il ragù di ossobuco e condite con la gremolada

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