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Il Mosciolo Selvatico di Portonovo, la “non cozza marchigiana”

Il Mosciolo Selvatico di Portonovo, la "non cozza marchigiana"

Non chiamatele cozze, se siete nella zona di Ancona! Sono i moscioli, crescono selvatici a ridosso del tratto costiero roccioso del monte Conero e li raccolgono solo otto uomini su tre barche. Ecco dove andarli a magiare, come farseli spedire a casa e le ricette tipiche della zona

Può esistere un’annata Doc per un mollusco? La risposta è si, e si identifica nella consistenza del frutto e nell’aroma particolarmente intenso. Quest’anno l’annata è da incorniciare per il mosciolo selvatico di Portonovo (pronuncia “mòsciolo” con l’accento sulla prima “o”). Dopo un inverno mite e una qualità delle acque eccellente (categoria A), complice anche il fermo delle attività per il lockdown, sia a terra sia in mare, la cozza “selvaggia” dell’area prospiciente al monte Conero sta vivendo una stagione particolarmente felice.

A raccogliere i mitili che si riproducono in maniera naturale a ridosso del tratto costiero roccioso marchigiano sono rimaste tre barche e otto uomini che pescano quantità contingentate che variano dai cinque ai dieci quintali al giorno per imbarcazione, condizioni meteo permettendo. Una vera perla gastronomica; per una sorta di edizione limitata che arriva sulle tavole dei consumatori al prezzo di quattro euro al chilo. Da ricordare che l’unica garanzia per essere sicuri che si tratti del prodotto selvatico è il marchio Mosciolo Selvatico di Portonovo.

«Turisti italiani e abitanti del posto in fila davanti alla sede della cooperativa non ne vedevamo da tempo», racconta il presidente Sandro Rocchetti. «Con la riduzione delle attività dei ristoranti, c’è stata una voglia di libertà che si è riversata dall’inizio dell’estate sui prodotti del mare e in particolare del mosciolo».

Certo, la cosa migliore sarebbe mangiarli nella splendida baia di Portonovo di Ancona, in riva al mare. Qui i ristoranti sono diversi, ognuno con una lunga storia alle spalle e ricette originali. Ma una volta acquisita la materia prima, ecco alcuni modi per valorizzarli al meglio anche a casa.

Scottato “al naturale”: la differenza tra selvatico e coltivato

Se comprate un sacchetto di moscioli selvatici il primo passo sarà quello di apprezzarne la differenza con le più diffuse cozze allevate. Il consiglio è quello di aprirle a fuoco vivo e mangiarle al naturale, senza aggiungere altro. La consistenza carnosa del frutto e il sapore sono unici. Una combinazione straordinaria di aromi dovuta alle micro alghe di questa zona di mare riparata dal monte. Le ricette per stuzzicare il palato sono tante: dalla moda di Portonovo, con la scorza del limone, il prezzemolo e l’aglio, fino al mosciolo arrosto, dove le molliche del pane sono aromatizzate da un trito di prezzemolo bagnato con olio extravergine d’oliva.

Il segreto dello chef Moreno Cedroni e la sua personale ricetta casalinga

Tra gli chef che hanno contribuito alla promozione di questo prodotto c’è Moreno Cedroni, che a Portonovo è il patron del Clandestino Susci Bar, chalet in riva al mare, luogo imperdibile della baia. Famoso l’accostamento con la selvaggina che Cedroni celebrò tempo fa con il suo “Cinghiale e mosciolo”. Un omaggio a un territorio integro e selvaggio. E in effetti fino agli Sessanta questi mitili erano l’unico pasto a base di pesce dei contadini del Conero che scendevano dal sovrastante Poggio per raccoglierli. Da vero addict del mosciolo di Portonovo, Cedroni ci confida come lo prepara a casa: «Si aprono a bollore, con una cottura velocissima e si gustano cosparsi con un sughetto di cipolla tagliata a fettine sottili, stufata con olio, poco peperoncino e con l’aggiunta di pomodoro fresco». Un intingolo che va messo sopra i moscioli, e si gusta tiepido o, ancora meglio, a temperatura ambiente. «Quest’anno», ci racconta Cedroni, «c’è stato un aumento dei turisti italiani. Le poche ore di auto che fino a oggi erano sempre state un deterrente, ora sono un pregio. Il mosciolo rappresenta un ingrediente del quale molti hanno sentito parlare, vogliono provare la differenza. E poi questa è un’annata davvero speciale».

“L’ufficio turistico” del mosciolo è da Miscia

Una volta scesi alla stazione ferroviaria di Ancona, in pieno centro, bastano pochi passi e una breve pausa per gustare un menu a base di mosciolo selvatico di Portonovo. Vino e Cucina da Miscia è una specie di punto informativo gourmet per chi arriva in città. Il menu parla chiaro e ad Ancona Miscia evoca uno dei personaggi storici del porto dorico: Umberto, cuoco ed ex campione italiano di boxe nel 1952, che cucinava il mosciolo “schioppato”, ovvero “scoppiato”. Il figlio Andrea ha seguito le orme del padre e ricorda la ricetta storica: in una padella alta si gettano i moscioli freschi, cosparsi di prezzemolo, olio extravergine d’oliva, aglio e pepe, e una “svaporata” di vino bianco. Si mette il coperchio e si lasciano aprire a fuoco vivo. Si gustano con un bicchiere di buon vino bianco e si fa la scarpetta nella saporita acqua prodotta durante la cottura. Ma anche nei primi piatti il mosciolo regna sovrano: lo spaghettone viene proposto con un sugo di moscioli battuti al coltello, con l’aggiunta di pomodoro fresco, olio, peperoncino e, naturalmente, l’acqua di cottura filtrata.

Il Mosciolo a domicilio? Arriva in giornata con Pesce Nostro… in tutta Italia

Distanziamento sociale e timore di frequentare posti affollati stanno portato turisti anche nei piccoli borghi, specie in zone dell’entroterra finora considerate marginali per i grandi flussi. Per chi già conosce le Marche, un’idea accattivante è gustare un buon calice di Verdicchio dei Castelli di Jesi, accompagnato a prodotti marinari. Un piccolo lusso da concedersi ovunque. Proprio durante il lockdown ha preso campo l’idea imprenditoriale di una start up che porta il pesce fresco di giornata fino a centinaia di chilometri di distanza. Si chiama Pesce Nostro ed è la pescheria marchigiana online. Tramite il suo sito web si può ordinare direttamente un quantitativo minimo di spesa o un ordine cumulativo per ottenere la consegna gratuita e il Mosciolo Selvatico è uno dei protagonisti del pescato locale. Ogni notte l’azienda si fa carico di reperire all’asta del mercato ittico di Ancona il pesce freschissimo e di consegnarlo entro le ventiquattrore a destinazione. Il pesce arriva sulla tavola di casa già pulito nei grandi e nei piccoli centri del centro nord: da Roma a Milano, da Verona fino al Piemonte.

Ricetta Cappellacci di magro con alici e melone

Ricetta Cappellacci di magro con alici e melone
  • 300 g ricotta
  • 300 g farina
  • 40 g formaggio grattugiato
  • 12 alici
  • 3 uova
  • 2 fette di melone
  • cannella in polvere
  • chiodi di garofano
  • rucola
  • aceto di lamponi
  • peperoncino fresco
  • olio extravergine di oliva
  • sale
  • pepe
  • zucchero

Per la ricetta dei cappellacci di magro con alici e melone, pulite le alici: staccate la testa, apritele a libro ed eliminate la lisca, i visceri e la coda. Disponetele su una placchetta foderata di pellicola senza sovrapporle e mettetele in freezer; dopo 1 ora copritele con la pellicola, facendola ben aderire. Lasciatele in freezer per 4 giorni per sanificarle e renderle sicure per il consumo da crude. Poi mettetele a scongelare in frigorifero. Conditele con una presa di sale, un cucchiaio abbondante di zucchero, una macinata di pepe, un chiodo
di garofano pestato e un pizzico di cannella e fatele marinare in frigorifero per almeno 6 ore.
Per i cappellacci: impastate la farina con le uova e un cucchiaio di olio, finché non otterrete un composto compatto. Lasciatelo riposare coperto per almeno 30 minuti. Preparate il ripieno dei cappellacci mescolando la ricotta con il formaggio grattugiato, sale e pepe. Infarinate il piano di lavoro e stendete la pasta, ottenendo delle sfoglie di un mm di spessore. Ritagliate delle strisce di 10-11 cm di altezza. Distribuite un cucchiaio di ripieno ogni 4 cm, ripiegate la pasta sul ripieno e schiacciate tutto intorno al ripieno per eliminare
l’aria. Preparate i cappellacci seguendo le indicazioni qui sotto.
Cuocete i cappellacci in abbondante acqua bollente salata per 3 minuti, scolateli e arrostiteli in una padella antiaderente ben calda con un filo di olio per 3 minuti.
Per il condimento: tagliate la polpa del melone a cubetti molto piccoli e conditela con un cucchiaio di olio e una macinata di pepe. Tritate un mazzetto di rucola e conditela con un cucchiaio di olio e un cucchiaino di aceto di lamponi. Insaporite un paio di cucchiai di olio con mezzo eperoncino fresco tritato. Servite i cappellacci completandoli con il melone a cubetti, le alici marinate, la rucola tritata e l’olio al peperoncino.

» Salmone in crosta di patate

Misya.info

Innanzitutto pelate le patate, tagliatele a fettine molto sottili (potete usare una mandolina o un coltello a lama liscia ben affilato) e lasciatele in una ciotola, ben ricoperte di acqua fredda, per almeno 30 minuti (in questo modo perderanno un po’ di amido e risulteranno più croccantine dopo la cottura).

Lavate i pomodorini e tagliate anche questi a fettine sottili.

Componete il piatto: create un letto di pomodorini, quindi ricopritelo con il salmone, infine completate con le fettine di patate (ovviamente dopo averle scolate e asciugate con un panno pulito).

Condite con sale e poco olio e cuocete per circa 20 minuti in forno ventilato preriscaldato a 180°C.
Il salmone in crosta di patate è pronto: decorate con un po’ di salvia fresca e servite.

Ricerche frequenti:

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