Tag: dolci freddi

Bavarese all’arancia – Ricetta di Misya

Bavarese all’arancia

Mettete buccia di 1 arancia grattugiata e latte in un pentolino e portate a ebollizione, quindi spegnete e lasciate intiepidire.

Sbattete bene i tuorli con lo zucchero, quindi incorporate il latte ormai tiepido.

Spremete l’arancia di cui avete grattugiato la buccia: vi serviranno 100 ml di succo.

Mettete la colla di pesce in ammollo in acqua fredda per 10 minuti.

Trasferite il composto di latte e uova nuovamente nel pentolino dopo averlo filtrato, incorporate il succo di arancia (anch’esso filtrato) e cuocete per 5-10 minuti, mescolando costantemente con una frusta.
Spegnete il fuoco e incorporate la gelatina dopo averla strizzata delicatamente, mescolando subito con la frusta per assicurarvi che si sciolga bene, infine lasciate intiepidire.

Montate la panna, ben fredda di frigo, e incorporatela al composto in 3-4 riprese, mescolando delicatamente con una spatola, con un movimento dal basso verso l’alto.

Versate il composto così ottenuto nello stampo con il fondo rivestito di carta forno, livellate bene la superficie e lasciate riposare in frigo per almeno 2 ore prima di sformare delicatamente.

Lavate bene anche la seconda arancia, tagliatela a fettine molto sottili e usatela per decorare il dolce.

La bavarese all’arancia è pronta, non vi resta che servirla.


Pasta con funghi e acciughe

Pasta con funghi e acciughe

Preparate gli ingredienti: lavate e tritate il prezzemolo, mondate e tagliate i funghi.

Fate sciogliere un pochino di burro in un’ampia padella antiaderente, lasciate dorare l’aglio, quindi unite i funghi e il prezzemolo e cuocete a fiamma medio-bassa per circa 10 minuti.

Nel frattempo, in un’altra padella antiaderente, fate scaldare un po’ di olio e aggiungete le acciughe, spezzettandole e lasciandole cuocere a fiamma bassa fino a farle sfare, in modo da formare una sorta di pasta di acciughe.

Cuocete la pasta in abbondante acqua leggermente salata già in ebollizione.

Scolate la pasta al dente, aggiungetela ai funghi e mantecatela con la pasta di acciughe e un pochino di acqua di cottura (se necessaria), quindi, se serve, aggiustate di sale.

La pasta con funghi e acciughe è pronta, servitela ben calda.

Farina bòna: tutto sull’ingrediente “difficile” di MasterChef 13

La Cucina Italiana

Che cos’è la farina bòna? Come si usa? Ieri sera, a MasterChef, i concorrenti, nella Golden Mystery Box, hanno trovato un assortimento di ingredienti di colore giallo: oltre a formaggio cheddar, finferli, senape, mela gialla, curcuma, maracuja e petit pâtisson (o zucchina patissone), c’era anche la farina bòna. Dal momento che è ancora poco conosciuta, però, gli aspiranti chef in gara non sapevano bene come poterla utilizzare.

Che cos’è la farina bòna?

In effetti, la farina bona – un prodotto tradizionale della Valle Onsernone, una delle più impervie del Canton Ticino, a pochi chilometri da Locarno – per qualche decennio è rimasta nel dimenticatoio. Fino a quando Ilario Garbani Marcantini, maestro di scuola elementare a Intragna, insieme al Museo Onsernonese, ha riscoperto e valorizzato questa preziosa farina di granoturco, che si ottiene macinando molto finemente la granella tostata.

La sua storia

Si racconta che la prima a produrla fu una mugnaia di Vergeletto di nome Annunziata Terribilini, detta Nunzia, che faceva con il mais (lo stesso che viene utilizzato per la produzione di polenta, proveniente dal Piano di Magadino) quello che, tradizionalmente, si faceva con la segale: una bella tostatura in una padella fino a fare scoppiare i chicchi, che poi macinava finemente per ottenere una farina dal gusto unico. La farina bona si caratterizza anche per il tipo di macinatura, molto fine, grazie all’impiego di macine speciali, lisce, come quelle dei mulini, ormai in rovina, di Vergeletto.

Un tempo, la farina bòna faceva parte dell’alimentazione degli onsernonesi, che la consumavano accompagnata a latte, freddo o caldo, acqua o vino, o sotto forma di minestra, la poltina. Ma il cambiamento delle abitudini alimentari del secondo Dopoguerra ha ridotto progressivamente la presenza di questo ingrediente. Alla fine degli anni ’60, anche l’ultimo mugnaio onsernonese ha lasciato il suo lavoro, e della farina bona non si è più parlato per tanto tempo. Solo nel 1991 e nel 2013 sono stati riavviati i mulini di Loco e Vergeletto, che hanno ripreso a macinarla.

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