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Le erbe officinali di Caterina nascono sugli Appennini

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«Oggi abbiamo raccolto borragine, dragoncello e otto chili di fiori di tiglio da essiccare». Caterina Ravaglia va una volta alla settimana al Giardino delle Erbe di Casola Valsenio per imparare come coltivare le erbe officinali, prodotto principale della sua azienda agricola. A ventisette anni, di cui undici passati sulle passerelle delle fashion week di Parigi, Londra, New York, ha più o meno deciso cosa farà da grande: l’imprenditrice agricola, oltre a firmare un marchio di accessori fatti con artigiani toscani (@katecatemilano). Mentre finisce di ristrutturare il casale a Marradi, sull’Appennino tosco‐emiliano, ha preso la patente per guidare il trattore e ha appena finito il corso di tecnico agrario alla Fondazione Minoprio, nel Comasco. Per Caterina il rapporto con il territorio è cruciale: «Questo angolo di Mugello è molto selvaggio, e ci abita una piccola comunità che ha scelto di stare lontano dal cemento e dalla città. Nessuno conosce Marradi a parte i pasticcieri per i marroni Igp. Anche quelli di Marchesi a Milano arrivano dai nostri castagneti secolari». 

E continua: «Quando ho deciso di mettere a produzione i terreni, mi sono guardata intorno per capire cosa e come funziona qui. Non si può turbare l’ambiente né l’economia di un posto. Nei dintorni ci sono diverse aziende di oli essenziali, così ho optato per coltivare le erbe officinali come lavanda, rosmarino, elicriso, che, a settecento metri di altitudine, crescono bene senza fertilizzanti né irrigazione». Ma sta già pensando di ampliare all’echinacea e al vetiver, che in Toscana ha una tradizione centenaria. Viene spontaneo chiederle se ha un orto. «No» risponde, «quando sono qui voglio pulire il bosco, curare le mie piante e le mie arnie (ne ha dieci); se ho bisogno di verdure buone, le compro dal contadino che vive accanto con la moglie e un cavallo. È una piccola comunità, ognuno ha il suo ruolo».

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La primavera in tavola: le erbe amare

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Nelle tradizioni culinarie di primavera le erbe amare occupano un ruolo importante. Portate in tavola in occasione della festa ebraica di Pesach, che celebra la liberazione della schiavitù e la fuga dall’Egitto, esse accompagnavano il pane azzimo, preparato in fretta, senza lievitare, ed erano simbolo dell’amarezza e della difficoltà. Raccolte nei prati durante la primavera, sono ricche di proprietà salutari, ma secondo alcune ricerche il loro consumo è in calo, superato dall’esuberante presenza del gusto dolce, che oggi utilizziamo in quantità eccessive. Ecco perché riscoprire il gusto delle erbe amare costituisce un vantaggio per il benessere e il palato.

Alla scoperta delle erbe amare

Verso la fine dell’inverno, quando la neve si scioglie e nei prati nascono i primi nuovi germogli, fanno la loro comparsa le erbe amare. Da consumare cotte o crude, sono preziose per la depurazione dell’organismo. Conosci la ricetta della scarola alla napoletana? Grazie all’aggiunta di olive, uvetta, noci e acciughe stuzzicano l’appetito con un profumo inconfondibile e possono essere sfruttate anche per la preparazione della celebre pizza ripiena. Le erbette, insieme ai vegetali di stagione o il formaggio, costituiscono l’ingrediente utilizzato da sempre per rustici, torte salate e ripieno per tortelloni o ravioli. In tutta Italia, infatti, la pasta all’uovo ripiena rappresenta una tradizione antichissima: sembra che i ravioli alle erbette, da preparare con la ricotta, fossero già noti nel Medioevo, diventando in seguito il piatto magro preparato per il Venerdì Santo.

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Benefici delle erbette

Stimolano il lavoro del fegato e il processo di disintossicazione, migliorano le funzionalità dell’intestino e aiutano a bruciare i grassi. Mangiare con regolarità erbe come cicoria e cicorietta, cavolo nero, scarola, radicchi e catalogna previene i malanni di stagione e rafforza il sistema immunitario. Ottime nella zuppa, fatte scottare o ripassate in padella con un filo d’olio a crudo, diventano un contorno semplice e ricco di nutrienti. Evita di conservare le erbette troppo a lungo perché le foglie tendono a deperire in fretta: in alternativa, puoi farle bollire in acqua salata e congelarne alcune porzioni pronte all’uso per quando vai di fretta.

Ricette con le erbe amare

Un piatto celebre della cucina romana è l’insalata di puntarelle, che si prepara con la catalogna spigata, aglio, olio, aceto e acciughe. Anche il tarassaco può essere consumato crudo: ti basterà scegliere le foglie più tenere e condire con un filo d’olio, limone e una spolverata di pepe, a piacere. Porta in tavola energia e un tocco di vivacità: piante come ortica e cicoria sono deliziose come condimento per pasta e vellutate, ma anche nella frittata. Dalle ricerche emerge che siamo assuefatti al gusto dolce, preponderante nella nostra dieta abituale, mentre tende a sparire l’amaro, un’abitudine alimentare in calo, da cui possono derivare squilibri, oltre a difficoltà a livello di fegato e cistifellea. Un’ottima occasione godere della primavera, ritrovando il piacere di un’alimentazione naturale, ricca di nutrienti e fresca semplicità.

Le erbe amare

La primavera delle erbe amare

Ricerche frequenti:

Ricetta Finocchi al forno con pane alle erbe e mandorle

Ricetta Finocchi al forno con pane alle erbe e mandorle
  • 30 g mandorle pelate
  • 3 fette di pancarré
  • 2 finocchi
  • sale
  • prezzemolo
  • aneto
  • olio extravergine di oliva

Per la ricetta dei finocchi al forno con pane alle erbe e mandorle, pulite i finocchi, conservando le barbe e le estremità, e tagliateli a rondelle di 4-5 mm.
Frullate le fette di pancarré con le mandorle, un bel ciuffo di prezzemolo, uno di aneto con il suo gambo e parte delle barbe dei finocchi, regolando di sale.
Disponete i finocchi in una teglia rivestita con carta da forno e leggermente unta. Infornateli a 190 °C con un pentolino di acqua per 15 minuti. Cospargeteli poi con il pane alle mandorle ed erbe e cuocete ancora per 5 minuti.
Da recuperare: gli scarti del finocchio, i gambi, le guaine più esterne e le barbine si possono utilizzare per preparare un’insalata: tagliate molto finemente gambi e guaine; tritate le barbine grossolanamente al coltello. Pelate 3 arance (potete trattare la scorza come nel risotto di pag 81), tagliatele prima a fette poi a triangoli; unitele ai finocchi, condite con un filo di olio e un pizzico di sale e completate con 30 g di olive taggiasche tagliate a metà.

Ricetta: Sauro Ricci, Foto: Riccardo Lettieri, Styling: Beatrice Prada

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