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Arrosto ai funghi – Ricetta di Misya

Arrosto ai funghi

Innanzitutto, se non l’avete comprato già legato, provvedete a legare la carne con spago da cucina (qui la guida per farlo al meglio).
Fate insaporire l’olio in una casseruola con aglio e rosmarino, poi unite l’arrosto da tutti i lati, in modo da sigillare il grosso dei succhi, quindi sfumate con il vino e condite con sale e pepe.

Coprite la carne con acqua (o brodo) fino a metà e continuate la cottura per circa 2 ore, girandola ogni 30 minuti circa.

Nel frattempo ammollate i funghi secchi con acqua calda per almeno 30 minuti.
A parte, pulite i funghi freschi e tagliateli a tocchetti e, una volta scolati i funghi secchi, uniteli a quelli freschi.

Circa 30 minuti prima della fine della cottura, prima di girarlo per l’ultima volta, unite i funghi intorno alla carne, poi completate la cottura.

Avvolgete l’arrosto con carta di alluminio e lasciatelo riposare l’arrosto per almeno 5-10 minuti.
Nel frattempo lasciate asciugare il fondo di cottura.

Eliminare l’alluminio e lo spago e tagliate la carne a fettine.

L’arrosto ai funghi è pronto, non vi resta che servirlo con tutti i suoi funghetti di contorno.

Paccheri allo scarpariello: la ricetta verace di Ciro Di Maio

La Cucina Italiana

Era già successo con la pizza Mano de Dios, dedicata al leggendario gol di Maradona. Ora Ciro Di Maio ha fatto diventare virali i paccheri allo scarpariello. Tutto, ancora una volta, con un video su TikTok in cui il pizzaiolo e cuoco napoletano, ora titolare di una ristorante-pizzeria a Brescia (San Ciro), ha ricordato come si prepara questo piatto di pasta simbolo della cucina popolare napoletana, e perché è emblematico di questa cultura gastronomica così genuina e solare.

I paccheri allo scarpariello di Ciro Di Maio

Una videoricetta brevissima, ancora una volta dedicata alla città in cui è nato, cresciuto, e ripartito per una nuova vita, in cui Di Maio mostra i pochi, pochissimi, passaggi necessari per preparare questo piatto di pasta profumato e saporito. Perché basta poco: i paccheri allo scarpariello si fanno con pomodori, formaggio e paccheri.

La storia dei paccheri allo scarpariello

No, non è un semplice piatto di pasta al pomodoro. Non solo per il sapore, ma per la storia. I paccheri allo scarpariello, infatti, sono nati all’inizio del 900 nei popolari Quartieri Spagnoli, tra le botteghe dei calzolai (gli “scarpari”). Erano il piatto del lunedì, che gli artigiani preparavano con quello che avanzava del ragù (o del sugo) della domenica, e con il formaggio con cui venivano pagati dai contadini che non avevano altro per ricambiarli del lavoro fatto per loro. Insomma, un piatto di recupero, che poi negli anni si è (leggermente) evoluto, perché ora i paccheri allo scarpariello si fanno con i pomodori freschi (i corbarino o quelli del piennolo sono tra i migliori) che si usano per un sughetto veloce e molto versatile. Anche per questo, in effetti, c’è chi fa lo scarpariello anche con altri formati di pasta.

Il video virale dei paccheri allo scarpariello

Ciro Di Maio, nel suo video che ha raggiunto i 2 milioni di views e condivisioni, segue la ricetta verace, con qualche piccola variante: fa imbiondire l’aglio, ci versa i pomodori, e mentre cuoce il sughetto e la pasta fa anche una cialda con il Grana. Poi, dopo aver scolato la pasta, averla mantecata con il sughetto e un mix di Pecorino Romano Doc e Grana (rigorosamente a fuoco spento per far diventare il tutto una crema), versa la pasta nella cialda (che peraltro ricorda l’antica pignatta dei calzolai), e la mostra con un fare soddisfatto e sorridente.

«Facilissima», commenta Di Maio nel video a fine preparazione. E poi: «Come si dice a Napoli questa è proprio la cucina di mammà». Come per dire che questo piatto nella sua genuinità e semplicità è esemplare di una cucina che rincuora, come sempre succede con quella della mamme. Ma anche che racconta di una cucina che fa sorridere con poco, quella meridionale e campana. Siamo dei sentimentali? Può darsi (da campani). Ma è assolutamente vero che certi sapori aiutano, specie in momenti di stress. Ciro Di Maio, a chiusura del video, in effetti osserva: «Siamo tutti in un momento difficile, tra rincari e bollette, ma vi voglio ricordare un proverbio napoletano che recita “’Chiù nir ra mezzanott nun’ pò vinì”». E cioè “Il cielo non può esere più nero di quello della mezzanotte”. Chissà se è stato anche per questo pizzico di saggezza popolare che a Ciro Di Maio non manca mai, che il video ha riscosso così tanto successo.

Probabilmente non se lo aspettava. «I Paccheri allo Scarpariello sono l’emblema della cucina povera, che però ha dentro tutti i gusti migliori della Campania. Quando ho proposto la ricetta, raccontata in stretto napoletano, sul profilo Tik Tok di San Ciro non immaginavo tanto successo. Siamo a 2,1 milioni di visualizzazioni e quasi duemila commenti», ha commentato dopo il successo della sua videoricetta. «Raccontare ai giovani le nostre tradizioni è fondamentale e riuscirci su canali social presidiati dai ragazzini è davvero fonte di speranza per il mantenimento della tradizione culinaria napoletana. Anche perché la bellezza di questo piatto è che è figlio della cultura del riuso degli ingredienti poveri, che uniti insieme creano ricette che il mondo ci invidia».

I migliori oli extravergine 2024: la classifica internazionale

La Cucina Italiana

Dopo una classifica prestigiosa sugli oli evo italiani, è tempo di avere dati precisi su quali siano i migliori oli extravergine 2024 a livello internazionale – dove anche l’Italia spicca. Per avere delle certezze, ci siamo rivolti a Marco Oreggia, giornalista e critico enogastronomico ed esperto assaggiatore, coordinatore della guida Flos Olei 2024 che, anche quest’anno, ha selezionato i migliori oli extravergine d’oliva provenienti da tutto il mondo.

Giunta alla tredicesima edizione e in vista dei 25 anni di pubblicazione, la guida è unanimemente considerata la più importante pubblicazione del settore a livello globale, una sorta di atlante olivicolo, che recensisce 500 aziende d’eccellenza «selezionate con uno scarto del 20-30% (quindi 770 aziende)», provenienti da 42 stati del mondo. Ormai i cambiamenti climatici e la tecnologia hanno permesso a Paesi esteri di produrre un prodotto di altissima qualità, oltre all’Italia.

Prima di passare alla classifica dei migliori oli extravergine 2024, un piccolo suggerimento da parte dell’esperto Marco Oreggia, che fa sempre comodo: quanto si conserva l’olio di oliva extravergine? E la sua risposta apre scenari anche meno scontati.

«La guida FLOS OLEI funziona su un progetto che comprende due emisferi, quello nord e quello a sud del mondo, quindi con due tempistiche di assaggio diversificate, perché ci sono 4-6 mesi di distanza. Degustazione da marzo fino a maggio per l’emisfero nord e da aprile e maggio fino a luglio per l’emisfero sud del mondo», spiega Oreggia. «Certo, poi l’olio, per legge, ha una sua conservabilità e scadenza 18 mesi, ma tutto legato alla qualità della raccolta e gestione/lavorazione delle olive, quindi sarebbero 12 mesi come consiglio generale».

La classifica dei migliori oli extravergine 2024 in categorie

Dopo la classifica delle 500 realtà inserite in guida, le aziende partecipanti con gli oli extravergine di oliva sono stati classificati secondo diverse categorie, con un punteggio di entrata di 80/100: Hall of Fame, The Best, oltre agli Special Awards. Ecco i vincitori:

* Hall of Fame

Nella Hall of Fame, tra le 9 selezionate, ci sono 5 aziende italiane, ma il podio più alto è tutto della Spagna. Si confermano le italiane Azienda Agricola Comincioli (Lombardia), Frantoio Bonamini (Veneto), Frantoio Franci (Toscana), Azienda Agraria Viola (Umbria) e Americo Quattrociocchi (Lazio), come pure le spagnole Casas de Hualdo (Castilla-La Mancha), Castillo de Canena e Aceites Finca La Torre (Andalucía). Mate (Croazia) è l’azienda istriana che conquista un posto nella prestigiosa classifica.«Storicizziamo il percorso della singola azienda negli anni, ci interessano quelle che facciano qualità alta e che abbiano un volume produttivo diversificato nel mondo. La Spagna resta la più produttiva, 3-4 volte più di noi, e non è vero a scapito della qualità, perché i grandi produttori riescono a ottenerla con gli oli prodotti da molini più piccoli. Poi hanno più cooperativismo di noi, e sul mondo della ristorazione sono la nostra spina nel fianco anche grazie a costi di produzioni inferiori e quindi prezzi più competitivi». Il criterio generale della guida segue «la valorizzazione che ogni singola azienda affida alla biodiversità locale, ambientale, varietale».

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