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piccola guida per bere gluten free

piccola guida per bere gluten free

Grappa, whisky, gin e vodka sono gluten free? E i liquori? Quali cocktail sono sicuri e quali no? Come può un celiaco orientarsi nell’acquisto di spirits e distillati? Lo scopriamo con la guida degli esperti

Un bicchierino di grappa dopo cena, un amaro, un limoncello fresco d’estate, oppure un cocktail a base di gin. Gli alcolici (sempre responsabilmente e con misura) sono un piacere, anche per chi soffre di celiachia: ma come in molti settori del gusto, chi non può consumare glutine deve sempre tenere gli occhi bene aperti. «Tra gli alcolici dobbiamo fare un distinguo» spiega Laura Diodovich, Professionista Progetto AFC – AiC (Associazione Italiana Celiachia) Marche, che precisa: «occorre infatti distinguere tra i distillati che vanno sempre bene, e che non devono necessariamente riportare la scritta “senza glutine”, purché privi di aromi o altre sostanze, e i liquori. Questi ultimi sono considerati a rischio: ciò significa che sono idonei solo se hanno la scritta “senza glutine”». Da AiC dunque, si ha un semaforo verde per quanto riguarda grappa, gin, whiskey, tequila, vodka eccetera, anche quando provengono da materie prime contenenti glutine. Come è possibile? Lo abbiamo chiesto a chi di distillati si occupa per lavoro.

Alcolici senza glutine: distillati, sicuri al 100 per 100

Luca Sala Trade Marketing Manager di Meregalli Spirits, azienda leader in Italia nella distribuzione di vini e spirits nazionali e internazionali, spiega come il glutine contenuto nella materia prima di gin, whiskey, vodka, ottenuti a partire da cereali, non passa nel distillato perché: «la distillazione serve proprio a separare le parti pesanti da quelle leggere, lasciando tutti i residui come scarto di produzione. Inoltre ciò che viene chiamato “testa e coda” ovvero la parte iniziale e finale del distillato (dove potrebbe risultare traccia) viene buttata. Attenzione particolare va prestata al Gin perché alcune aromatizzazioni vengono fatte per macerazione, quindi potrebbero avere glutine». Del resto, la lista degli aromi che possono contenere glutine «è infinita, ma non sono solo gli aromi ad essere a rischio. Per avere la certezza di un prodotto gluten free bisognerebbe lavorare in un laboratorio asettico, ambiente che quasi nessuno ha in distilleria o in liquorificio».

Maggiori spiegazioni sul Gin arrivano dalla distilleria Mazzetti d’Altavilla: «Il Gin, se è ottenuto attraverso processo di distillazione, è da ritenersi senza glutine. In particolare il Gin Mazzetti, trattandosi di “London Dry”, è ottenuto proprio dalla distillazione di un macerato con alambicchi tradizionali, il che lo rende gluten free». Assolutamente sicura è la grappa, come dimostrano gli esperti di Mazzetti d’Altavilla: «In primis, trattandosi di un distillato che utilizza come materia prima la sola vinaccia dunque le buccette e i semini (detti vinaccioli) degli acini d’uva, il glutine non è contenuto nella materia prima. In secondo luogo, lo stesso processo di distillazione previsto in alambicchi a vapore diretto fa sì che il distillato finale, derivante dalla condensazione del vapore proveniente dagli alambicchi, non possa – seppur vi fosse presenza -acquisire alcuna traccia di glutine attraverso questo metodo di lavorazione».

Liquori senza contaminazioni

Più complicato è il discorso per quanto riguarda i liquori: la contaminazione, spiega Luca Sala di Meregalli, «avviene per presenza in materia prima o per contaminazione da agenti esterni. Vale lo stesso discorso di laboratorio asettico». Per essere certi dell’assenza di contaminazioni, occorre avere a disposizioni delle certificazioni. È quello che fanno in Mazzetti d’Altavilla: «i nostri liquori sono tutti consumabili anche da chi ha intolleranze al glutine. Non essendo distillati in purezza, in questo caso occorre la certificazione che la materia prima non contenga glutine e non preveda la possibilità di contaminazione con materie contenenti invece glutine. Per i miscelati buona cosa sarebbe indicare il simbolo di assenza di glutine sulla bottiglia o sul packaging proprio per assicurare la sua consumabilità da parte di chi presenta intolleranze. Ci stiamo attrezzando in tal senso!» Un marchio o una dicitura leggibile in etichetta renderebbe sicuramente più facile la vita a chi soffre di celiachia, almeno per quanto riguarda la scelta di cosa bere.

Torta di ricotta e limone gluten free

Torta di ricotta e limone gluten free

Quando da piccola giocavo con le mie amiche, loro sognavano il principe azzurro, una casa, dei bambini, il cane, il gatto e via dicendo, io volevo diventare “l’infermiera che prende gli appuntamenti alla ASL”.
Non ridete è vero.
Seduta alla scrivania della mia camera usavo i libri sullo scaffale come se fossero agende dei vari dottori e consigliavo i pazienti sulla scelta del medico specialista.
Crescendo poi l’idea è leggermente cambiata, volevo fare l’infermiera di reparto. Per vari motivi ho dovuto rinunciare anche se in qualche modo ho seguito la mia aspirazione e sono diventata igienista e assistente alla poltrona in uno studio odontoiatrico.
Ora vi chiederete cosa centra tutto ciò con la ricetta di oggi e io vi rispondo che non centra assolutamente niente, ma mi è venuta in mente questa cosa mentre lo preparavo.

La torta di ricotta e limone è una ricetta di Daniele danicucina , vi consiglio di visitare la sua pagina, troverete tante idee golose.

Ingredienti

500 g di ricotta fresca
140 g di zucchero
30 g di farina di maizena
4 uova piccole o 3 grandi
succo e scorza di 1 limone

Con la planetaria o con le fruste elettriche

montare  le uova intere fino a quando saranno 

chiare e avranno triplicato il loro volume.

Aggiungere poco alla volta la ricotta, 

mescolando delicatamente tra una giunta e l’altra.

Una volta aggiunta tutta la ricotta,

unire la farina di maizena.

Infine unire il succo e 

la scorza grattugiata del limone.

Versare il composto nella tortiera e

infornare per circa 45 minuti.

Durante la cottura, il dolce si gonfierà, 

ma una volta tolto dal forno e raffreddato, si abbasserà e compatterà.

Un sacchetto di stoffa per la vita… plastic free!

Un sacchetto di stoffa per la vita... plastic free!

Ogni anno circa 100 milioni di tonnellate di plastica vengono disperse in Natura. Non è troppo tardi per ognuno di noi essere responsabili cominciando con l’utilizzo del sacchetto di stoffa… ma uno per la vita

Sono tanti, sono colorati, sono eco – per davvero? Scegliere di utilizzare un sacchetto di stoffa è spesso il primo gesto coscienzioso che facciamo per sentirci coinvolti nella battaglia all’inquinamento ambientale in direzione plastic free. Dall’architetto cosmopolita allo studente universitario fino alla casalinga di provincia, il sacchetto di stoffa è l’accessorio trasversale che mette d’accordo tutti nella battaglia contro la plastica. Eppure, forse c’è un dettaglio che sfugge: usarne uno per la vita.

Prima, i numeri

Quanta plastica hai usato oggi? Basta fare un veloce ripasso delle azioni di tutti i giorni per scoprire che il nostro quotidiano è segnato da oggetti che purtroppo resteranno ben a lungo dopo di noi – purtroppo. Il WWF ha diramato cifre spaventose: il 95% è la percentuale di plastica contenuta nei rifiuti del Mar Mediterraneo che soffoca habitat e specie; 1,25 milioni di frammenti per km2 è la concentrazione record di microplastiche nel Mare nostrum, quasi 4 volte superiori a quelle registrate nell’isola di plastica del Pacifico settentrionale; oltre il 90% dei danni provocati dai nostri rifiuti alla fauna selvatica è dovuto alla plastica; 134 sono le specie vittime di ingestione da plastica nel Mediterraneo (tra cui tutte le specie di tartaruga marina, che scambiano i sacchetti di plastica per prede); l’Europa è il secondo produttore di plastica al mondo; 2,1 sono i milioni di tonnellate di imballaggi di plastica consumati ogni anno dagli italiani.

Con questi numeri degni del peggior film horror, l’associazione ambientalista ha lanciato una petizione a livello mondiale per richiedere con urgenza un trattato internazionale per fermare l’inquinamento da plastica. Dopo che l’Ue ha sottoscritto l’addio ai monouso entro il 2021, la richiesta è diretta ai governi del mondo di stipulare un Global Deal giuridicamente vincolante con l’obiettivo di bloccare la dispersione di plastica in natura entro il 2030.

Forse non tutti sanno che…

Tenendo a mente i numeri snocciolati da WWF, un nostro intervento è più che auspicabile. Il famigerato sacchetto di plastica brevettato nel 1965 da un ingegnere svedese è stato vietato in Italia a partire dal 2011 a favore della versione biodegradabile. Nell’ultimo decennio, il sacchetto di stoffa è entrato nell’uso comune come soluzione pratica ecosostenibile, diventando l’accessorio smart da tenere in borsa quando si va a fare la spesa oppure da impiegare per l’ordine casalingo nell’armadio come nella dispensa fino ad essere l’omaggio preferito di attività commerciali o aziende grandi e piccole. Ma…

Fate mente locale: quante shopper di stoffa avete a casa? La probabilità di averne accumulato un numero da collezionista è molto alta. Pensate solo alla popolazione italiana, che per il 2019 è stata stimata dall’Istat intorno ai 60 milioni di abitanti. Con un veloce calcolo ipotetico, il numero di sacchetti di stoffa è decisamente alto. Il punto sta nell’impatto ambientale necessario alla sua produzione, che l’agenzia britannica per la protezione dell’ambiente (Uk Environment Agency, o Ukea) aveva calcolato essere comunque superiore a quello di un sacchetto in polietilene ad alta densità. Il lato positivo innegabile è che il sacchetto in tessuto è comunque riutilizzabile, anche se per compensare l’impatto ambientale deve essere riutilizzato per più di 130 volte. In pratica, per rendere veramente ecologica la scelta del sacchetto di stoffa è necessario utilizzarlo per un anno e mezzo almeno una volta alla settimana. Quindi, se vogliamo realmente aiutare l’ambiente, è importante utilizzare un solo sacchetto di stoffa senza accumulare.

Scelta intelligente

Altro elemento da non sottovalutare è il materiale con cui è fatto il sacchetto di stoffa. Bisogna tenere a mente nella scelta che i tessuti ecosostenibili o ecocompatibili sono di origine animale, derivati da fibre organiche o di origine animale come la lana, il cotone, la seta, la juta, ad esempio – anche il latte! Non solo la loro origine è importante verificare, ma anche il processo produttivo dev’essere a basso impatto ambientale, naturalmente. Occhio anche alla stampa e alla tintura, che non devono contenere assolutamente petrolio o  derivati chimici. Insomma, la scelta del sacchetto di stoffa dev’essere fatta con attenzione per essere realmente d’aiuto al Pianeta.

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