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Bollicine del mondo, la prima app che mappa i migliori spumanti

La Cucina Italiana

Da un’idea di Paolo Marchi, curatore del congresso Identità Golose, e di Cinzia Benzi, scrittrice e Donna del Vino, nasce la prima edizione della guida digitale Bollicine del Mondo, dedicata al meglio della produzione dei vini spumanti. 

La app, presentata sul palco del Teatro Manzoni di Milano, è totalmente gratuita e si configura come un viaggio attraverso i territori del vino in cui storicamente si producono grandi spumanti o hanno sviluppato da poco la propria vocazione spumantistica con risultati eccellenti. 

«A partire dall’esperienza della Guida ai Migliori Ristoranti – afferma Paolo Marchi – ci siamo chiesti come confezionare qualcosa di originale e diverso da tutto ciò che offre oggi il mercato delle guide dedicate al vino. Decidere di occuparci solo di spumanti, prodotti ai quattro angoli del pianeta, è una scelta contemporanea che valorizza l’identità di vini di grande piacevolezza, da apprezzare sempre più a tutto pasto e che si sposano magnificamente con le cucine del mondo».

Le migliori bollicine al mondo: come sono state selezionate?

La mappatura internazionale è stata possibile grazie al coinvolgimento di 14 esperti tra autorevoli giornalisti e affermati addetti ai lavori, che hanno firmato ogni scheda dopo aver degustato i vini selezionati: Giovanna Abrami, Cinzia Benzi, Monica Coluccia, Meritxell Falgueras, Raffaele Foglia, Elio Ghisalberti, Manlio Giustiniani, Adele Granieri, Andrea Grignaffini, Stefania Oggioni, Bruno Petronilli, Alessio Pietrobattista, Luca Torretta, Luca Turner

Il risultato è un repertorio di 500 cantine e altrettante etichette provenienti da tutto il mondo. Il 55% delle bollicine segnalate sono italiane, il 30% francesi tra Champagne, Alsazia, Borgogna, Loira e Jura, mentre tutto il resto attracerva 25 paesi nel mondo: Spagna, Gran Bretagna, Germania, Austria, Albania, Romania, Grecia, Portogallo, Slovenia, Svizzera, Israele, Turchia, Georgia, Kazakistan, Bulgaria, Ungheria, Argentina, Cile, Brasile, Canada, Stati Uniti, Sud Africa, India, Australia, Nuova Zelanda. 

Il mistero gaudioso della Guida Michelin

Il mistero gaudioso della Guida Michelin

Passano gli anni e i decenni, ma la Rossa resta inafferrabile. Pronostici disattesi, scelte curiose e spesso discutibili, squilibrio apparente tra locali storici e novità. In definitiva, la sua forza è andare su una rotta diversa, incomprensibile per molti. Fissiamo qualche paletto minimo

Al netto di ogni dubbio, discussione, polemica bisogna sottolineare che ora più che mai sono tre gli elementi imprenscindibili di ogni Revelation Star (un tempo si chiamava presentazione della Guida Michelin…). Il primo: in un Paese fatto di anteprime, retroscena e pubblicazioni di conti correnti, la Rossa non solo riesce a nascondere tutto sino all’ultimo minuto, ma pure dopo (il che, lo ripetiamo, è incredibile in Italia). Il secondo: sbertuccia allegramente ogni pronostico, soprattutto degli addetti ai lavori, tanto che ci domandiamo come mai qualcuno non abbia creato un totalizzatore simil-ippodromo sulle percentuali di doppia o terza stella. Il terzo: persino i più esperti critici e giornalisti gastronomici – per quanto si vantino di capire – non hanno compreso il metodo di assegnazione soprattutto della stella singola, per non parlare della doppia. Tutti a parlare di metodo infallibile per conquistarla, qualcuno anche a suggerirlo scientificamente, ed ecco che anche lunedì in Franciacorta, un buon 50 per cento delle neo Stelle erano note solo a chi frequenta o lavora nel territorio del locale. Come la mettiamo?

La realtà è che la Michelin segue una propria rotta imperscrutabile. Ci sono oggettivamente una serie di cuochi giovani e meno giovani che stanno facendo un lavoro realmente ottimo e riconosciuto dalle altre guide, ma pure dai gourmet itineranti. Il caso Lido 84 di Riccardo Camanini è il perfetto esempio: passi per i Cinque Cappelli dell’Espresso e le Tre Forchette del Gambero Rosso (il top delle rispettive pubblicazioni), ma lasciare fermo a una Stella un locale che per la The Best World’s Restaurant è 15° – il migliore in Italia – appare ai più assurdo, grottesco, delirante. Invece, credeteci, è solo Michelin. Con meno enfasi, peraltro, è una situazione che riguarda cuochi come Carlo Cracco, Andrea Berton e Matteo Baronetto che stanno facendo benissimo. Qualcuno tira persino in ballo che insieme a Camanini sono marchesiani, dimenticando che Davide Oldani (due Stelle) lo è e quest’anno uno degli ultimi allievi, Fabrizio Molteni, ha conquistato il Macaron in un buon locale di Sirmione, La Speranzina. Mentre il cuoco che l’ha sostituito all’Albereta nel 2011, Daniel Canzian – bravo ed esperto – non è stato ancora premiato, nonostante lavori benissimo nel suo ristorante a Milano.

La piantiamo qui, perché l’elenco sarebbe noioso (e non riguarda solo i marchesiani ovviamente). È per sottolineare il mistero gaudioso che nessuno è in grado (realmente) di svelare e nel 2021 resta il plus della Michelin: perché nessuno discute il famoso 30 per cento in più delle prenotazioni in un locale neo stellato unitamente alla commozione dello chef e all’entusiasmo. Ma è come arrivarci il tema. L’unica boa del percorso ancorata bene – perché viene sottolineato dalla Michelin – è la costanza delle prestazioni: non basta fare il botto, ma arrivati al livello ritenuto giusto non avere cedimenti. Ed ecco spiegato perché ci sono locali eterni con una stella che sono vintage (d’autore, sia chiaro) rispetto a quelli nati nell’ultimo decennio. Giusto? Sbagliato? È la Michelin. In compenso, ecco la ricerca di under 35 e under 30 – rispettivamente sedici e cinque tra i neo stellati – che da un lato è meritoria, ma al tempo stesso penalizzante per tanti bravi professionisti tra i 40-50 anni che (questo non abbiamo paura di dirlo) propongono cucine e lavorano in locali superiori.

In questo caso, c’è meno mistero: si chiama sottilissimo equilibrio tra l’apparire conservatrice (quasi reazionaria) e il mostrarsi rivoluzionaria, anche con l’idea delle Stelle Verdi, meritevoli, ma legate a un calderone di aspetti che in realtà ormai caratterizzano un mare di locali in Italia. Citiamo testualmente: «Nell’assegnare il riconoscimento, gli ispettori prendono in considerazione molteplici fattori: la produzione delle materie prime, il rispetto del lavoro e il supporto dei produttori locali, la riduzione degli sprechi, la gestione dei rifiuti, le azioni mirate a minimizzare l’utilizzo delle risorse energetiche e l’impatto della struttura sull’ambiente, la formazione sostenibile dei giovani sono solo alcuni dei temi». Di tutto, di più. Detto questo, saranno i mesi (anzi, gli anni) successivi a dare peso alle scelte di questa edizione che prometteva fuochi epocali – ma eravamo noi a pensarlo, come sempre – ma ha sparato solo buoni mortaretti. O meglio, li ha esibiti con il solito stile: ci sono campioni che inseguono da cinque o dieci anni la seconda Stella ed ecco che un professionista serissimo, ma obiettivamente non del salotto buono quale Giovanni Solofra, se la conquista partendo da zero con il Tre Olivi di Paestum. È il fascino della Michelin, il mistero che da un lato affascina e dall’altro fa arrabbiare. Ma intanto, ne siamo qui a parlare. Ancora una volta, quindi chapeau.

Guida Michelin 2022: le nuove stelle del Sud

La Guida Michelin 2022 ha annunciato le nuove stelle e il Sud Italia ne esce vincente. Tante novità, tra cui anche l’unica donna – e pure giovanissima

La Guida Michelin 2022 ha annunciato le sue nuove stelle. Tra le novità della “Rossa” 2022, il sud Italia oggi brilla più che mai. Dalla Campania alla Calabria, ecco chi sono gli chef meridionali che hanno conquistato uno spazio nell’Olimpo dell’alta ristorazione. 

Che bell’aria fresca

Dopo appena 6 mesi dall’apertura, Aria Restaurant a Napoli ha ottenuto la sua prima Stella Michelin con lo chef Paolo Barrale: «Un riconoscimento simile è fonte di gioia immensa ma rappresenta al contempo un guanto di sfida: dobbiamo dare sempre il massimo per fare la differenza. Un po’ come succede con i figli: c’è la precisa responsabilità di seguirli in tutto e farli crescere in maniera sana e diligente», ha commentato il giovane chef siciliano. Il progetto Aria, firmato dal Gruppo JCo, è un traguardo che Barrale condivide con tutta la sua squadra, dalla brigata ai collaboratori in sala (e in famiglia): «Da Mario Stellato, il mio sous chef, a Giacomo che mi ha fatto conoscere la splendida famiglia che è il J co Group, a Ilaria e Maurizio, a Letizia, Danilo, Angelo, Mario R., Luigi e Gianluigi. Un grazie a Serena De Vita, la nostra restaurant manager, a Mattia, Marcello, Chiara, Andrea, Mirko e Camilla. Infine, un grazie ai miei amici e clienti di sempre ma soprattutto voglio dire grazie a Marina, la mia unica e insostituibile compagna di vita». 

E c’è chi raddoppia

Si resta sempre in Campania, questa volta con il ristorante Krèsios di Telese Terme, nel beneventano, che conquista la sua seconda stella Michelin. Dopo la prima ottenuta nel 2013, sempre riconfermata, lo chef e patron Giuseppe Iannotti raddoppia e consolida il Krèsios tra le realtà gastronomiche più interessanti del momento. «Sono felice anche per i miei ragazzi, che ho lasciato giù e che non sapevano nulla. Forse questa è stata la cosa più dura per me: guardarli negli occhi e non poter condividere tutto questo», ha commentato lo chef. E ha aggiunto: «Non ci siamo mai fermati, nemmeno nei momenti più difficili, non ci siamo mai spaventati. Piuttosto abbiamo proseguito a testa bassa, con coscienza di avere delle responsabilità e abbiamo continuato a fare quello che sappiamo, a creare nuove strade e a inventare soluzioni. È questa la forza del Krèsios: intraprendere percorsi inesplorati e creare nuove vie, quando quelle conosciute e confortanti si sono chiuse. È la forza di un gruppo che per me è la mia famiglia. Abbiamo sdoganato un metodo: finalmente in Italia si può fare un solo percorso di degustazione, il nostro è al buio». 

Il colpo di scena

A sorpresa la doppia stella arriva senza passare dal via (ovvero senza nessuna menzione) anche per Giovanni Solofra del ristorante Tre Olivi di Paestum (SA) che con le lacrime agli occhi la prima persona che ha ringraziato è Roberta, sua moglie. Premiato per l’interpretazione gastronomica sensoriale e territoriale, per le sue proposte iene di sorprese, dalla tecnica fine e dalla minuzia e precisione degli accostamenti, spesso intriganti.

Calabria mia

Scendendo più a sud, il riconoscimento della prestigiosa guida va anche ad Antonio Biafora per il suo Hyle, a San Giovanni in Fiore (CS) che conquista la sua prima stella. E pensare che il giovane chef, ha cominciato la sua avventura prima nella cucina del ristorante di famiglia, «dove effettuai il primo servizio durante una festa di laurea, e il secondo in quel di Caserta, presso le cucine del Grand Hotel Vanvitelli. Appena arrivai lì chiesi di iniziare subito, davanti avevo: prezzemolo, patate e pomodori». Quando la qualità si riconosce dagli ingredienti base e dalla maestria con cui saperli unire armonicamente, il resto è solo questione di tempo. 

Fresco di stella anche Luigi Lepore del ristorante omonimo di Lamezia Terme (CZ) che, dopo le importanti esperienze al Trussardi alla Scala di Milano, al Caino in Toscana, a Il Comandante a Napoli, tra le altre, nel 2019 ha cominciato a scrivere di suo pugno un nuovo e, per farlo, ha scelto casa, la sua Calabria. Ma con un format innovativo, dagli ampi orizzonti e, al tempo stesso, con le radici ben salde nelle culture materiali che caratterizzano l’identità del territorio. Nonostante la “pausa” del 2020, è oggi a festeggiare la sua “incoronazione”.

Tutte le nuove stelle Michelin 2022 nel Sud Italia

Luigi Lepore – Luigi Lepore Ristorante

Hyle – Antonio Antonio Biafora

Aria – Paolo Barrale

Giuseppe Molaro – Contaminazioni Restaurant

Savio Perna – Li Galli

Francesco Franzese – Rear Restaurant

Nicola Somma – Cannavacciuolo Countryside

Fabio Verrelli D’Amico – Marter1aPr1ma

Alessandro Bellingeri – Osteria Acquarol

Stephan Zippl – 1908

Graziano Cacciappoli – San Giorgio

Jorg Giubbani – Orto by Jorg Giubbani

Sergeev Nikita – L’Arcade

Richard Abouzaki e Pierpaolo Ferracuti – Retroscena

Emanuele Petrosino – Bianca sul Lago

Fabrizio Molteni – La Speranzina Restaurant&Relais

Alex e Vittorio Manzoni – Osteria degli Assonica

Salvatore Camedda – Somu

Claudio Sadler – Gusto by Sadler

* Premio Giovane dell’anno a Solaika Marrocco del Primo, di Lecce

Congratulazioni!

Foto in apertura Krèsios (ph Marco Varoli)

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