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Il primo Vanity Fair Stage in versione digitale in collaborazione con Magnum

Il primo Vanity Fair Stage in versione digitale in collaborazione con Magnum

Quando è stata l’ultima volta che hai provato qualcosa per la prima volta?. È il tema del primo Vanity Fair stage in versione digitale organizzato in collaborazione con magnum

Giovedì 11 giugno alle ore 18 ci sarà il primo evento digitale di Vanity Fair, appuntamento che apre il palinsesto di eventi digitali previsti dalla testata per i prossimi mesi. Un Vanity Fair Stage organizzato in collaborazione con Magnum, in occasione del lancio del nuovo Magnum Ruby.

Per assistere al live streaming è sufficiente collegarsi su vanitystage.vanityfair.it, la piattaforma digitale totalmente personalizzabile creata per ospitare anche i prossimi appuntamenti di Vanity Fair Stage.

Vanity Fair, sotto la guida di Simone Marchetti, non è solo un giornale ma un network. Un insieme di luoghi in cui proiettare le esperienze e coinvolgere in prima persona gli artisti che popolano le pagine del giornale. Da questa idea è nato Vanity Fair Stage, il format che ogni volta coinvolge nuovi protagonisti del mondo della musica, del cinema, dello sport e dello spettacolo.

L’appuntamento in collaborazione con Magnum vedrà la partecipazione di un ospite prestigioso, intervistato dal Direttore del giornale Simone Marchetti e dal vicedirettore Malcom Pagani. Si parlerà di esperienze personali, professionali e prime volte, nonché associazioni visive e mentali collegate al piacere di provare qualcosa per la prima volta.

L’estate 2020 sarà la stagione in cui sperimentare un’autentica prima volta e provare un piacere mai provato prima: quello in cui assaggiare il gusto di Magnum Ruby, il gelato il cui cioccolato color rubino sarà raccontato “live” dallo chef Alberto Simionato, Direttore della Barry Callebaut Academy di Milano.
Una storia di passione e di cioccolata, a cui seguirà un altro momento di gusto inedito. Lo chef Alberto Simionato svelerà alcuni segreti e consigli per assaporare al meglio Magnum Ruby. Quando la degustazione si fa experience, facendo tintinnare le papille gustative di tutti gli utenti collegati.

Salvia & Limone Take Away, i nuovi cocktail on the go

Salvia & Limone Take Away, i nuovi cocktail on the go

Quest’estate i drink si sorseggiano a passeggio, con la nuova proposta della Compagnia dei Caraibi, i cocktail Salvia & Limone Take Away

Compagnia dei Caraibi, azienda Piemontese che importa e distribuisce distillati premium e ultra premium da tutto il mondo, ha reso da poco disponibili nei migliori bar italiani un kit per un perfetto consumo di cocktail on the go: Salvia & Limone Take Away, una nuova modalità di consumo e una serie di cocktail realizzati proprio con il suo liquore premium di proprietà.

Salvia & Limone Take Away

Un progetto su cui l’azienda lavorava da tempo, ideata per valorizzare e rendere fruibile in modo pratico uno dei suoi liquori più contemporanei e che potrebbe essere definita alta mixologia da passeggio, la possibilità di godersi il piacere di un ottimo cocktail in una nuova occasione di consumo, dinamica, libera e sicura.

Salvia & Limone di Compagnia dei Caraibi è un liquore contemporaneo, rinfrescante e versatile: dal tratto fresco è ideale per la mixologia, consumato sia liscio che miscelato, perfetto in estate, ma ottimo anche nei mesi più freddi come bevanda calda e digestiva.
Proprio per la sua versatilità, Salvia & Limone si sposa perfettamente con un’ampia gamma di distillati premium, dalle agavi ai gin, dai rum al vermouth. Salvia & Limone Take Away avrà inoltre una sua drink list dedicata, ideata da Emanuele Russo del NAt di Torino.

In concomitanza con la riapertura di bar e ristoranti, Compagnia dei Caraibi offrirà a tutti i migliori cocktail bar della Penisola la possibilità di offrire affascinanti e originali miscelazioni di Salvia & Limone Take Away, da poter gustare comodamente in movimento con un bicchiere chiuso e pratico, durante le calde giornate estive.
Il Kit è composto da bicchieri e tappi biodegradabili e da una lavagna da banco, ideale per essere esposta o portata ai tavoli all’aperto e facilmente sanificabile. Una proposta che consente di offrire il piacere di un cocktail di alta qualità in massima sicurezza, in modo innovativo ed ecosostenibile.

Soul Food: la cucina povera nata dalla comunità afro-americana

Soul Food: la cucina povera nata dalla comunità afro-americana

Il Soul Food è la cucina della comunità afro-americana nata nel sud degli Stati Uniti, caratterizzata da ingredienti poveri e genuini e legata a doppio filo alla storia della loro cultura e della loro emancipazione

Per Soul Food, ovvero “il cibo dell’anima” si intende la cucina tradizionale della comunità africana nel sud degli Stati Uniti. Sebbene il termine sia stato coniato negli anni Sessanta, periodo in cui hanno visto la luce anche i primi ricettari, il Soul Food affonda le radici nel periodo della schiavitù e nei successivi 100 anni. La comunità afro-americana, infatti, abituata fin dal passato a utilizzare ingredienti economici e locali, ha portato avanti questa tradizione culinaria, dando vita a una cucina povera e semplice, ma ricca di sapore. Il cibo dell’anima, con il tempo, ha finito con l’influenzare la cucina di tutto il paese a con il diffondersi anche nel resto del mondo, dove è oggi molto apprezzata e riscoperta.

Storia ed evoluzione della cucina afro-americana “dell’anima”

La storia della cucina soul è andata di pari passo con quella dell’emancipazione di questa comunità e rappresenta una componente importante della questa cultura. I suoi sapori caratteristici, le lunghe preparazioni e molte delle ricette ideate e tramandate per generazioni, sono diventate famose negli anni Sessanta, proprio grazie all’ascesa dei movimenti nazionalisti neri. In particolare il termine Soul Food venne coniato nel 1962 da Amiri Baraka, attivista, poeta e figura di spicco nella lotta alla rivendicazione dei diritti dei cittadini americani di colore. Rispondendo al diffuso pregiudizio secondo il quale la sua comunità «non avesse una lingua o una cucina caratteristica», raccolse in un saggio il meglio della cucina afro-americana, specificando che si trattava appunto di una «cucina popolare dell’anima» che proveniva direttamente dai migranti del sud e che era per loro motivo di orgoglio. I primi libri di cucina soul iniziarono ad apparire nei negozi di libri progressisti negli anni 60 per poi diffondersi negli anni 70, mentre il primo ristorante fu aperto nel 1962 ad Harlem da Sylvia Woods, nota come la “regina del Soul Food”.
I ristoranti dell’anima iniziarono poi a fare la loro apparizione nelle grandi metropoli del paese, con una clientela sempre più diversificata, e questa cucina venne ben presto riconosciuta e amata a livello nazionale.

Ingredienti, caratteristiche e ricette popolari

La cucina soul è piuttosto piccante, ricca di aromi e condimenti, e contempla l’utilizzo di frattaglie e parti “di scarto” del maiale così come ingredienti poveri, accessibili, sostanziosi e versatili come la farina di mais.
Ma vediamo nello specifico quali sono gli ingredienti più utilizzati. Il re delle carni è appunto il maiale, di cui viene utilizzata ogni parte, incluso il grasso per friggere o il lardo impiegato per molte ricette dolci e salate. La farina di mais viene utilizzata in moltissimi modi e tante preparazioni, tra cui il pane di mais, una sorta di pancake fritto chiamato johnnycake e delle frittelle tonde chiamate hush puppies. Sul fronte di legumi e ortaggi, il Soul Food è caratterizzato da un’ampia varietà di fagioli e piselli, mentre le verdure si dividono tra quelle di origine africana, come l’okra e le patate dolci, o quelle americane, come cavoli e rape. Tra le ricette soul più famose spiccano il pollo fritto, la pancetta di maiale affumicata, secondi a base di pesce gatto, le costolette di manzo, l’Hoppin’ John (una zuppa fatta con bacon e fagioli dall’occhio nero) e l’insalata di patate. I piatti sono spesso conditi con una salsa piccante a base di aceto e peperoncini, con una miscela piccante di spezie chiamata Cajun o con la maionese.

I cuochi contemporanei che si cimentano nel cucinare il Soul Food, spesso lo rendono più “salutare”, limitando o evitando l’utilizzo di grassi animali quali il lardo, sostituendo l’olio di colza con altri oli vegetali e inserendo tagli di carni più magre.

Foto: frittelle di mais hush puppies_soul food_Flickr Christine Wisnieski.jpg
Foto: zuppa soul food hoppin’ john_Flickr Jeffreyw.jpg
Foto: pollo fritto soul food_Flickr stu_spivack.jpg

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