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Speck Alto Adige IGP: storie di qualità

Speck Alto Adige IGP: storie di qualità

Lo si riconosce subito per la sua forma, il suo odore e ovviamente sapore, lo Speck Alto Adige IGP. Insomma, se si pensa all’Alto Adige, è impossibile non pensare immediatamente a un prodotto così iconico e rappresentativo. Dalla baffa a forma di cuore al mix di odori di spezie e affumicatura, lo Speck IGP si distingue da sempre come il prodotto gioiello dell’Alto Adige. Nato in un luogo leggendario, dove la natura si presenta in modo spettacolare grazie alla bellezza unica delle imponenti cime dolomitichepatrimonio mondiale dell’UNESCO – lo speck nasce in un territorio dove l’esperienza contadina e il clima favorevole garantiscono la qualità dei prodotti tipici dell’Alto Adige tra cui mele, vino, latticini e speck. Si tratta quindi di un luogo unico al mondo anche grazie alla commistione di culture diverse che si presentano nelle sue tre lingue: italiano, ladino e tedesco.

Cosa rende lo Speck Alto Adige IGP così unico e particolare?

Per realizzare questo prodotto bisogna saper conoscere la materia prima, maneggiarla e lavorarla. Da sempre infatti il Consorzio Tutela Speck Alto Adige IGP lavora sulla protezione del prodotto grazie a controlli della qualità degli ingredienti e un disciplinare che ne definisce tempistiche di lavorazione. Oltre a questo, serve un tocco magico, quello della tradizione, per cui ogni famiglia ha la propria ricetta segreta, ogni baffa di speck ha il proprio sapore. Custodita come tesoro, tramandata di generazione in generazione, ogni produttore ha la propria miscela di spezie segreta che lo renderà unico: dalle spiccate note di pepe al retrogusto di cumino, ogni produttore avrà il proprio marchio. Eppure tutti i produttori consorziati sono accomunati da due elementi che li rendono simili e complementari: il metodo tradizionale di produzione e il totale rispetto del disciplinare di produzione. Sono 28 oggi i produttori che fanno parte del consorzio dello Speck IGP e che seguono un processo preciso, nel rispetto dei diversi criteri di qualità. Solo quello che ha superato tutti i controlli viene infatti marchiato a fuoco in più punti sulla cotenna.

Come viene prodotto lo Speck IGP

Tutto ha inizio con la materia prima: per lo Speck Alto Adige IGP vengono utilizzate soltanto cosce suine con il giusto bilanciamento tra parte magra e parte grassa, per questo i maiali devono avere un’alimentazione adeguata per ottenere la perfetta composizione di grasso e magro. Le migliori baffe scelte verranno poi cosparse di sale (la cui quantità non deve mai superare il 5%) e da una miscela di spezie. Tre è il numero di settimane necessario affinché la speziatura possa definirsi conclusa: un’attesa necessaria durante la quale lo speck viene girato più volte per favorire la penetrazione uniforme della salamoia. Questa parte risulta essere una delle più delicate da parte dei produttori per la resa qualitativa e di sicurezza alimentare. La baffa deve poi essere ben secca prima di passare in affumicatura, dove trascorre una settimana in cui si alternano ore di fumo e di asciugatura. Qui viene affumicato in celle con legno poco resinoso, tipo faggio. L’affumicatura a freddo non può superare i 20 gradi, cosa che aiuta il processo di conservazione. È così che la baffa acquisisce un aroma fine e leggermente affumicato.
Inizia il momento di attesa: una stagionatura di minimo 22 settimane. Cinque mesi durante i quali lo speck riposa in luoghi areati per perdere un terzo del suo peso iniziale e assumere la sua classica consistenza solida. Qui cresceranno muffe nobili, che vengono lavate periodicamente e sono importantissime per donare l’aroma tipico. Insomma un lungo processo fatto di cura, attenzioni e attese, necessario per certificare un prodotto di qualità a marchio IGP.

Mentre a Nord delle Alpi il prosciutto crudo si conserva attraverso l’affumicatura, e a Sud lo si lascia asciugare all’aria aperta, gli altoatesini hanno unito i due metodi, dando vita al tipico Speck Alto Adige: leggermente affumicato e stagionato all’aria fresca di montagna, come vuole la tradizione. Per concludere, infine, tutto il confezionamento deve avvenire in provincia di Bolzano, per essere marchiato IGP.

Tradizione e innovazione: le nuove generazioni

Sono tante e diverse le storie di giovani produttori che prendono in mano le redini del duro lavoro costruito negli anni da genitori e nonni. Servono consapevolezza del passato e sguardo nuovo al futuro per mantenere un lavoro così ricco di tradizioni da guardare in ottica sempre innovativa. Dalle innovazioni tecnologiche per far fronte ai continui cambiamenti a quelle in termini di sostenibilità nel rispetto dell’ambiente e degli animali che ci circondano. Seconde, terze o quarte generazioni: sono parecchi i giovani imprenditori impegnati nella lavorazione e commercializzazione dello speck che allargano i mercati esportando in nuovi paesi in tutto il mondo.

Gottfried Siebenförcher

Nel cuore pulsante di Merano sorge un antico negozio, ora moderno e luccicante. Nato nel 1930, dai nonni di Barbara, Thomas e Florian Siebenförcher, oggi sono gli eredi che dirigono l’azienda. Produzione a conduzione familiare con ogni fratello a gestire ruoli diversi, il negozio è diventato un simbolo della città con prodotti tipici, ma non solo. Oggi con due negozi a Merano e Bressanone, l’azienda conta 160 dipendenti e produce Speck IGP d’altissima qualità. Da provare lo speck con sale marino, senza nitrati. Consiglio della famiglia: il perfetto bilanciamento dello speck deve essere 1/3 grasso e 2/3 carne magra. Gottfried Siebenförcher è quindi sinonimo non solo di massima qualità, ma anche di cura attenta e sapiente nella produzione di carni e salumi, sono infatti solo 500 infatti i maiali lavorati in totale da loro per lo speck.

Viktor & Andreas Kofler

La produzione di speck era una grande passione già ai tempi del nonno Augustin Kofler; anche se, all’epoca, avveniva solo per il consumo personale. Il figlio Viktor e il nipote Andreas hanno fatto di questa antica tradizione di famiglia una vocazione. Andreas ti accoglie con fare spigliato e sicuro, raccontando con orgoglio le sue tradizioni familiari insieme alla passione e alla cura dei dettagli che mette in ogni singolo passaggio. Piccolo di famiglia, Andreas Kofler a 34 anni è il futuro dell’azienda Kofler, con sede a Lana. Oggi l’azienda, con il negozio annesso, è frutto di una grande ristrutturazione in termini di innovazione sostenibile dei processi: gli impianti refrigeranti sono stati convertiti a gas propano (CO2 neutro) ed è stato adottato un nuovo impianto fotovoltaico. Dai mercati nazionali a quelli internazionali, l’azienda di Andrea cresce nella perfetta fusione tra le ricette tradizionali e le tecniche di lavorazione moderna.

Willele, l’allevamento di maialini per il “Bauernspeck”

Sono tra i 1000 e 2000 i maialini 100% altoatesini atti alla produzione di un prodotto “chicca” che prende il nome di Bauernspeck”, ovvero quella parte dello speck allevato e prodotto in Alto Adige. Il Bauernspeck si ottiene da carne di suini selezionati allevati in piccole quantità nei masi dell’Alto Adige. Il Bauernspeck è particolarmente apprezzato per la sua elevata percentuale di grasso e lo si riconosce per la marezzatura della carne, la consistenza morbida e il sapore tradizionale. Uno speck dal sapore deciso e che si scioglie in bocca. Uno di questi produttori è Paul Gamper che oltre alla sua produzione di lamponi e ciliegie, ha 80-100 maiali per la produzione di questo pregiato salume, il cui progetto inizia nel 2005. Tutti i mangimi usati sono naturali, solo un mix di grani per crescere gli animali nel modo più sano possibile fino a circa 8 mesi. Il risultato? Un prodotto da provare assolutamente.

Norbert Niederkofler porta la cucina etica in Valtellina

Norbert Niederkofler porta la cucina etica in Valtellina

Norbert Niederkofler è a Livigno da qualche ora e già scalpita per l’inaugurazione del nuovo Kosmo, già locale après-ski, che oggi cambia pelle e si rinnova profondamente, facendo propria la filosofia etica “Cook the Mountain” di Norbert Niederkofler. Lo chef, tre Stelle Michelin e Stella verde per la sostenibilità (St. Hubertus, San Cassiano), si trova a Livigno per l’inaugurazione ufficiale di quello che è destinato a diventare il place to be di tutta la valle. 

Kosmo Taste the Mountain Livigno e Alpinn, questo il nome per esteso di tutta la struttura, si sviluppa in diverse offerte di bar e cucina, sempre nel rispetto del gusto autentico di montagna e di un consumo più consapevole e sostenibile. «Abbiamo sempre parlato di cultura di montagna, la stessa che seguivano i nostri nonni e bisnonni che, diversamente da oggi, rispettavano in ogni sua regola, in modo naturale. Ecco, noi aggiungiamo a questo creatività e tecnologia provenienti da tutti i Paesi del mondo, dall’Asia come Giappone e Cina, ma con la nostra materia prima». Qualche esempio? «La  salsa di soia fatta con lenticchie di montagna o i crauti marinati e altri cibi fermentati». 

Il risotto al prezzemolo, fondo bruno e animelle di chef Luca Armellino

La natura detta le regole

Anche il colore è importante, così come il sapore. «La cucina calorica te la propone la natura durante il periodo invernale: carne marinata, salmistrata, tuberi… D’estate, poi, hai voglia di qualcosa di più fresco, cambiano la luce, le esigenze del nostro corpo e anche i prodotti che offre la montagna; è un sistema naturale che dobbiamo rispettare e seguire». Regole che lo chef ha trasmesso ai suoi ragazzi, da Luca Armellino, alla guida del ristorante, ai più giovani Michele Talarico e il sous chef Matteo Grasso. «Il menù lo fanno loro, hanno carta bianca» ma senza sconfinare dalla filosofia etica Cook the Mountain. E seppure dalle Dolomiti alle Alpi Retiche il passo non è così breve, i prodotti di montagna restano uguali. «Funghi, fiori, erbe, radici, selezionati con gli specialisti, soprattutto micologi, visto che con i funghi non si scherza», sottolinea lo chef. Ciò che è importante è il lavoro di squadra e quella di chef Niederkofler è ben addestrata e collaudata. I ragazzi sono cresciuti professionalmente con lui: «Io ho impostato la cucina, ma sono loro a dover camminare con le proprie gambe».

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