Tag: oggi

Innocenti Evasioni: la Milano di ieri, di oggi e di domani

Innocenti Evasioni: la Milano di ieri, di oggi e di domani

Se tutti i tasselli saranno al posto giusto, l’8 aprile Innocenti Evasioni aprirà la seconda parte della sua storia. Con l’onore (e l’onere) di essere all’altezza della prima, iniziato l’8 aprile 1998: tanto per inquadrare il tempo, due settimane prima Titanic – il colossal interpretato da Leonardo DiCaprio – si portò a casa 11 Oscar su 14 candidature. Ma è anche l’anno della Francia mondiale di calcio e di Pantani che riesce nella doppietta Giro d’Italia e Tour de France. Venticinque anni non sono pochi per un ristorante nella Milano che ama cambiare spesso e ancora di più per un locale oggi non più periferico, ma al tempo praticamente sperduto. «Via della Bindellina, a fine anni Novanta, era praticamente sconosciuta salvo agli abitanti del quartiere Cagnola. Ma io cercavo un posto con il giardino e lì c’era un’osteria con il campo da bocce. Ideale, bastava rimetterla a posto», racconta Tommaso Arrigoni, chef-patron pronto al trasloco in una zona ancora segreta. «Diciamo tra i Bastioni e la “circonvalla”, come diciamo noi milanesi», spiega.

Uno chef eclettico

Arrigoni non ha mai cercato le copertine, un po’ come il suo principale maestro italiano Claudio Sadler, ma le ha trovate con naturalezza da qualche anno. E non è solo un bravo professionista dei fornelli. Due anni fa ha scritto un libro intelligente, Uno chef senza Sprechi. Cucinare senza buttare via (quasi) nulla; ha fondato insieme alla moglie una tenuta in Monferrato per la produzione e commercializzazione di vino biologico, ha aperto Innocenti Evasioni Gourmet Factory che è uno spazio dedicato alla divulgazione della cultura del cibo attraverso corsi di cucina, team building e laboratori di sperimentazione e consulenza. Ed è uno dei cuochi più amati in città, per la cucina non forzata e non banale, aiutata da un contesto raffinato e intimo quale appunto Innocenti Evasioni che ha un piccolo giardino zen. Ambiente da film che fa innamorare (letteralmente) e non si dimentica. Qui sono passate generazioni di milanesi e non milanesi, di ogni età e di ogni censo.

Nel 2008 la Stella Michelin

«Quando ho aperto, si stava vivendo la fine degli anni Novanta: mi ricordo che i conti erano molto alti, si aprivano vini pazzeschi come si intuisse che sarebbe cambiato tutto. Dal 2003 al 2009, infatti c’è stata una discreta flessione che al tempo stesso mi ha portato due soddisfazioni importanti: nel 2007 l’ammisione ai Jeunes Restaurateurs Europe e l’anno dopo la conquista della Stella Michelin che ho mantenuto sino a oggi. Nel 2008 ho anche comprato la palazzina che ospita il locale», narra Arrigoni. Proseguiamo. «Nel 2015, non è un luogo comune, Milano è cambiata: mai visti così tanti stranieri al ristorante: l’Expo ha trasformato la città e gli effetti si vedono ancora adesso. Il biennio pandemico è stato complicato, ma vedo una ripresa notevole: nel 2022 sono tornato a livelli ancora superiori al 2019 per ospiti e fatturato». Come è cambiato Arrigoni in 25 anni? «In un aspetto per nulla: ho sempre ragionato sul cliente e su una cucina italiana classica, non per le guide specializzate o il mio ego come talvolta capita ai cuochi. Invece, sicuramente ho imparato a delegare di più senza per questo essere assente», risponde.

Effetto wow

E i clienti sono cambiati? «Per un lato sì, per un lato no. Mediamente li trovo più aperti e più curiosi rispetto a quelli dei primi anni del nuovo millennio, apprezzano una cucina più consapevole del mondo e meno studiata. Poi noto che si sta esaurendo la fissa delle recensioni online e la cosa mi fa piacere. Non è mutato invece l’effetto che fanno alcuni piatti, perché si possono migliorare le tecniche e provare nuovi impiattamenti, ma comanda il gusto. I miei tagliolini al nero di seppia, seppie e barba dei frati sono nati nel 1998 e quando li ripropongo vedo l’effetto ancora dirompente: bellissimo», risponde lo chef. Da qui l’eccellente idea di un menù, sino al 31 marzo e al costo di 75 euro a persona, che racchiude sette-piatti-sette che hanno fatto la storia di Innocenti Evasioni: viene proposto dal lunedì al giovedì incluso, mentre il venerdì e il sabato (come negli altri giorni) restano a disposizione la carta attuale e i due menù degustazione. Si chiama The Last Chance: un nome azzeccato, che fa subito venire in mente i nuovi piatti per l’imminente, grande, chance.

Ricerche frequenti:

Il tiramisù, una storia italiana, oggi anche a fumetti

La Cucina Italiana

La storia del tiramisù è ricca di aneddoti, personaggi, ricette ed evoluzioni, nonché di “lotte” per la rivendicazione della paternità. Un punto fermo, però, c’è, e risale al 1981, quando Giuseppe Maffioli, per la prima volta, con un atto notarile, codificò la ricetta di Loly Linguanotto, allora al ristorante le Beccherie di Treviso, e la pubblicò sulla rivista “Vin Veneto”.  
Ma chi era Maffioli? L’abbiamo chiesto a Elisa Carrer che, insieme con Mirko Sernagiotto, è responsabile dell’Archivio Maffioli: una imponente raccolta di documenti che raccontano la ricca e poliedrica attività del gastronomo (ma non solo) veneto. 

Chi era Giuseppe Maffioli? 

Maffioli era un gastronomo appassionato e un uomo di cultura, un grande cultore dell’italianità. 
E, come molti grandi personaggi, era molto lungimirante: inventò format che sono ancora oggi attualissimi, ed ebbe intuizioni che contribuirono realmente a portare la cucina italiana nel mondo.
L’Archivio testimonia questa sua attività ed è molto dettagliato anche perché, in tempi in cui non esistevano mail, né backup, lui scriveva ogni documento in duplice copia: una la inviava, l’altra la conservava per sé. 

Possiamo chiamarlo “papà del tiramisù”, quindi?

Sì, o più specificamente il papà certificatore del tiramisù. Certo questo dolce già era presente da anni nelle case del Veneto, e non solo, ma lui ebbe il merito di capire che una formula così semplice e così famigliare, che non richiedeva neanche l’utilizzo del fuoco se non per il caffè, avrebbe potuto conquistare il mondo. Per questo ne codificò la ricetta, ma addirittura ne suggerì anche le prime varianti, essendo certo che qualcuno avrebbe inventato variazioni. Aveva previsto, per esempio, l’aggiunta del Marsala, oggi molto popolare, e l’aggiunta di gocce di cioccolato oltre al cacao di copertura. 

Che importanza ha il tiramisù nelle attività organizzate dall’Archivio?

Centrale: lei consideri che tiramisù è una delle 5 parole più conosciute all’estero, perciò è normale che questo dolce sia un po’ un apripista per far conoscere anche altre eccellenze della gastronomia veneta, e italiana in generale. È il nostro argomento di punta, il tesoro più prezioso, spesso al centro delle nostre iniziative. 

Ci fa un esempio?

Per cercare di diffondere la cultura gastronomica anche a un pubblico più giovane abbiamo pubblicato un libro a fumetti: storie, ispirate alle ricerche condotte da Maffioli sulla gastronomia veneziana, padovana e trevisana. I personaggi, un po’ romanzati, si muovono tutti alla ricerca di un tesoro perduto, che è proprio il tiramisù, protagonista finale della decima avventura a fumetti. 

Pizza: dall’antichità a oggi | La Cucina Italiana

La Cucina Italiana

La pizza ha una storia tipicamente mediterranea, anche se gli americani sono convinti di averla inventata loro (e bisogna ammettere che è americana la pubblicazione più esaustiva su questo oggetto gastronomico: Modernist Pizza di Nathan Myhrvold e Francisco Migoya, 2021). Variante sottile del pane, nasce per sostenere e trasportare il companatico. Sono le antiche «mense», quelle di cui parla Virgilio quando racconta che i compagni di Enea, giunti alla foce del Tevere, si ritrovarono così affamati da divorare perfino quelle; e per questo, secondo la profezia, in quel luogo fu fondata Roma.

PICIACCIA CON BACCALA' ALLA LIVORNESE
Piciaccia, mai assaggiato la pizza toscana? 

I puristi della pizza sostengono che l’unica vera pizza sia quella napoletana. Ma dopo quella romana e quella gourmet, arriva la pizza toscana chiamata piciaccia

Cibo antichissimo, diffuso in tanti Paesi, la pizza incontra particolare fortuna in Italia. Il nome si trova in documenti medievali: nel 997 certi contadini di Gaeta si impegnano a consegnare, come donativo per i loro signori, delle pizze a Natale e a Pasqua. Forse, all’epoca sono ancora dischi di pane da usare come supporti. Nei ricettari rinascimentali il senso della parola è cambiato: pizza è quasi sinonimo di torta, una preparazione che non «sostiene» bensì «contiene» gli ingredienti. Così è nell’Opera di Bartolomeo Scappi (1570), capolavoro della cucina italiana del Cinquecento. Molto spazio egli dedica alle torte, ai modi con cui si fanno nelle varie località. Una attrae la nostra attenzione: la torta «con diverse materie, da Napoletani detta pizza». Nel momento in cui rappresenta le tradizioni gastronomiche dell’intero Paese, Scappi assimila la pizza napoletana alle torte; ma con una caratteristica distintiva, quella di non essere chiusa bensì aperta: «Senza essere coperta facciasi cuocere al forno».

Pizza di pane raffermo: la ricetta veloce antispreco

Questa pizza napoletana non è quella che conosciamo: il suo sapore è dolce, gli ingredienti sono mandorle, pinoli, datteri, fichi secchi, zibibbo, il tutto pestato e arricchito con rossi d’uovo, zucchero, cannella, mostaccioli, acqua di rosa. È un genere di preparazione che troviamo ancora a fine Ottocento: la «pizza alla napoletana» di Pellegrino Artusi è una crema di ricotta, mandorle, zucchero, uova, scorza di limone, con cui si riempie una pasta frolla «disposta a guisa di torta». Nel frattempo però era nata l’altra pizza. Che non è più una «torta aperta», ma recupera il senso antico della «mensa». Il luogo di attenzione è lo stesso: Napoli, dove, fra Sette e Ottocento, è già documentato lo specifico «mestiere» di pizzaiolo. Questa variante popolare della pizza, che troverà i suoi compagni privilegiati nella salsa di pomodoro, nella mozzarella, nelle acciughe e in poco altro, ancora agli inizi del Novecento sarà guardata con distacco e con dispregio dalla gente del Nord. Ma il modello non tarderà a imporsi, in Italia e nel mondo. In questo come in altri casi, saranno i sapori «poveri» ad avere la meglio.

Proudly powered by WordPress