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Ricetta Baccalà montebianco e polenta al forno

Ricetta Baccalà montebianco e polenta al forno

Step 1

Per la ricetta del baccalà montebianco e polenta al forno, portate a bollore 1,2 litri di acqua, salatela, unite la farina di mais e cuocete mescolando per circa 40 minuti.

Step 2

Spegnete e stendete la polenta in una placca a uno spessore di 2 cm. Copritela con la pellicola e lasciatela raffreddare in frigorifero per almeno 4 ore. Meglio ancora se la preparate il giorno prima, lasciandola in frigo.

Step 3

Tagliatela quindi a bastoncini, disponeteli in una teglia foderata con carta da forno unta con un filo di olio extravergine e cosparsa con un pizzico di sale. Ungeteli e salateli anche in superficie e infornateli a 200 °C per 45 minuti.

Step 4

Tagliate a pezzetti il baccalà e unitelo in una casseruola con la panna e lo spicchio di aglio sbucciato. Cuocete per circa 10 minuti; salate, se serve, pepate e lasciate raffreddare.

Step 5

Frullate tutto (volendo eliminate l’aglio) con l’aggiunta dell’olio di semi a filo e di 55 g di olio extravergine, ottenendo una crema consistente. Servite il baccalà con i bastoncini di polenta.

Step 6

Abbinamento vino: un baccalà così cremoso va gustato con un bianco acidulo e floreale. Un abbinamento classico in Veneto è quello con il Breganze Vespaiolo; vi consigliamo il 2021 di Maculan, leggero ed equilibrato. Anche al super. 9,50 euro, maculan.net

Ricetta: ispirata alla ricetta artusiana n. 118, Cuoca: Monia Mercuriali, Foto: Riccardo Lettieri, Styling: Beatrice Prada

i segreti della nonna Riccarda | La Cucina Italiana

i segreti della nonna Riccarda
| La Cucina Italiana

Non penserete che preparare una polenta buona sia una cosa semplice? Secondo Riccarda Boroni, ex magliaia, single per scelta, nonna adottiva dei figli dei suoi cugini, ci sono alcuni segreti per farla perfetta: farina di qualità, paiolo in rame, mestolo di abete e, naturalmente, stufa a legna dove viene meglio perché cuoce direttamente sul fuoco. Facile per Riccarda, che abita a Bocenago, un paesino prima di Pinzolo in Val Rendena, dove la pregiata farina di Storo, ottenuta da pannocchie rosse, si trova in qualunque supermercato, e quasi tutti hanno in casa un paiolo e un bastone di legno per mescolare.

«Quando si addensa, bisogna girare vigorosamente per almeno quarantacinque minuti», spiega la signora. Una volta pronta, si versa su un tagliere e da lì si procede secondo ricetta. Un suo cavallo da battaglia è la polenta cunciada (da non confondere con quella concia): la divide in gnocchetti della dimensione di un cucchiaio, li mette a strati in una zuppiera con tanto formaggio grana in mezzo, e li condisce con abbondante burro fuso e salvia. Non leggerissima, ma squisita. Oppure la serve a fette con crauti, cotechino e pivarada, una crema di pane molto pepata che si fa da quelle parti. «Sa la cosa bella della polenta?», chiede. «Non se ne butta nemmeno una briciola. Quella avanzata si può abbrustolire e mangiare con il formaggio, oppure si rosola in padella con burro e zucchero, tagliata a fettine sottilissime. Una merenda deliziosa». Polenta a parte, Riccarda, depositaria di molte ricette trentine di una volta, è tra le poche che fanno ancora il patùgol, un pasticcio di patate e formaggio tipico delle Valli Giudicarie, e la torta di erbette (del suo orto) con uva sultanina e zucchero a velo, a dimostrare che nella cucina di casa e del riciclo tra dolce e salato non c’è confine.

Polenta buona, cotechino e crauti con la pivarada

«Per la polenta, porto a bollore nel paiolo messo sulla stufa (o in una casseruola con il fondo pesante, ndr) un litro e mezzo scarso di acqua con 1 cucchiaino di sale. Tuffo due farine di mais, una grossa e una fina, 150 grammi per tipo, e intanto mescolo velocemente con una frusta per non creare grumi; cuocio la polenta per 45 minuti circa senza smettere di rimestarla con il bastone o con un cucchiaio di legno. Il cotechino lo bucherello con uno stecchino e lo faccio sobbollire per un’ora e mezza, partendo da acqua fredda, poi cambio l’acqua e lo lesso ancora un’altra ora e mezza tenendo da parte un po’ di quest’ultima acqua. Cuocio i crauti in un soffritto di cipolla e pancetta per tre ore. Per la pivarada, stempero il pangrattato con poca acqua fredda, lo insaporisco con mezzo dado vegetale, un po’ di burro, un mestolino della seconda acqua del cotechino tenuta da parte e pepe macinato, poi la cuocio per 45 minuti e verso la fine aggiungo una bella manciata di grana grattugiato. La consistenza dovrà risultare cremosa, come quella del semolino».

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