Tag: primi di pesce

» Torta salata con tonno

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Innanzitutto sgocciolate bene il tonno e sbriciolatelo in una ciotola, quindi aggiungete uova sbattute, sale, pepe, parmigiano e ricotta e mescolate.

Stendete la pasta sfoglia nello stampo rivestito di carta forno e bucherellate la base.
Versate quindi il composto di tonno e ricotta, livellate la superficie, poi disponeteci su la mozzarella a pezzetti, ripiegate i bordi sul ripieno e infornate, cuocendo per 20-25 minuti in forno ventilato preriscaldato a 180°C.

La torta salata al tonno è pronta: lasciatela almeno intiepidire prima di servirla.

Dove mangiare le cozze a Milano in 5 indirizzi

Dove mangiare le cozze a Milano in 5 indirizzi

Le cozze a Milano in 5 ristoranti perfetti per innamorarsene ancora una volta. Assaggiatele crude, gratinate, in pentola e… fritte!

Questa sera cozze?
Una bella pentolata in famiglia, con gli amici, ma anche a due, per godere del sapore più popolare del mare e scoprire le ricette di chi di cozze se ne intende, eccome. Anche a Milano, dove il mare è lontano, ma il suo eco risuona forte. Tra i ricordi vacanzieri, la costante voglia di respirare la brezza delle onde e la diffusa presenza di ristoratori capaci di importare nel capoluogo lombardo le migliori ricette a base di cozze. Ma non solo. Nei posti che trovate qui sotto, l’amore per le cozze si traduce anche in una accuratissima selezione e nella costante voglia di proporre un prodotto apparentemente molto comune che può regalare emozioni uniche. Se è vero infatti che un’impepata di cozze si può ordinare praticamente in tutti i ristoranti che propongono pesce, in questi posti ha una marcia in più. Provare per credere.
Una volta entrati poi, sarà un grande piacere andare oltre la classica zuppa. E innamorarsi delle cozze pelose crude, delle ricette che profumano di Belgio, della vivacità tarantina…

La Cozzeria
Via Lodovico Muratori 7

Foto @Tripadvisor

Se avete davvero tanta voglia di cozze, dovete partire da qui. Un locale piccolo, romantico, che strizza l’occhio alla Francia con leggerezza e in cui raccogliersi davanti a una grande e profumata pentola di cozze senza troppe pretese. Apparecchiatura semplice, spazi modesti, ma un’incredibile scelta di cozze servite con peperoni, in salsa di rucola e zafferano, in salsa di basilico, con arancia e zenzero (le mie preferite), con fagioli, con ceci, alla siciliana, al rosmarino, alla poulette, alla crema di porri, alla crema di Pastis, alla senape di Digione, in salsa di Gorgonzola e gratinate. Non mancano ovviamente la classica impepata e la ricetta alla marinara e sono tutte rigorosamente accompagnate da un piattino di patatine fritte fatte in casa. Gradevolissimo anche il bianco della casa che completa la proposta semplice e non scontata di un locale che merita una visita.
LaCozzeria tel. 0254107164

Le Vent du Nord
Via Sannio 18

Foto @Instagram

Eccoci in Belgio, tra i tavolini dei vicoli in cui moules et frites profumano le strade e incantano gli avventori più affamati. Tornando alla realtà in Via Sannio non ci sono i vicoli e nemmeno il vento del Nord, ma con un po’ di immaginazione, siamo proprio lì. Le Vent du Nord è infatti un locale che di atmosfera ne ha da vendere e che può anche contare su un menu essenziale, ma azzeccatissimo in cui troneggiano cozze e patatine fritte due volte, come da tradizione belga. Belga anche le ricette delle cozze, proposte alla marinieres con sedano, cipolla, burro, prezzemolo, pepe e vino bianco, à la crème con burro, aglio, panna e pepe, à la provençale con sedano, scalogno, olio, prezzemolo, pepe e pomodoro e infine allo zenzero con zenzero, scorza di lime, peperoncino, burro e sfumate con vino bianco. Se volete stare sul semplice, rifugiatevi nelle cozze classiche saltate semplicemente con olio, aglio e pepe.

Vent du Nord tel.  0255189027

Pescaria
Via Bonnet 5/Via Solari 12

Foto @Instagram

Da Polignano a Mare a Milano il viaggio è stato breve, l’intesa immediata. Pescaria ha conquistato i milanesi con i suoi panini giganti al pesce (quello con il polpo fritto è un must), ma noi siamo qui per parlare di cozze. Ed ecco allora l’inevitabile carrellata sul menu di questa catena di ristorantini di pesce che offre un assaggio da veri cozza lovers. Da assaggiare assolutamente le cozze pelose crude(servite in piatti da 10), le classice cozze nere, ma anche le squisite cozze fritte (200 g di cozze sgusciate e fritte). Per non parlare della cacio, pepe e cozze, semplicemente irresistibile.

Pescaria.it tel. 02 659 9322/02 3668 5383

La Taverna dei Terroni
Via Pietro Crespi 18

Foto @Tripadvisor

Se siete alla ricerca di un posto dall’atmosfera popolare, questa trattoria potrebbe fare per voi. Qui le cozze rappresentano solamente una parte del menu che è composto dai classici piatti di pesce (pasta, fritti, pesce da scegliere al banco…). L’origine tarantina del gestore Paolo però, impone un assaggio della zuppa di cozze, un punto di partenza irrinunciabile per una buona scorpacciata di pesce. Le cozze poi troneggiano anche nei classici scialatielli allo scoglio, da assaggiare assolutamente per completare l’esperienza.

Tel. 335 404 821

Mieru Mieru
Via Magolfa 14

Foto @Mierumieru

Spaghetti alla tarantina. Cozze gratinate o in impepata. Cozze pelose. In questo ristorante pugliese dall’animo caldo del sud, le cozze diventano regine dei piatti della grande tradizione, proposte secondo antica ricetta e istintivamente preparate senza troppe complicazioni. Buone, da assaggiare a volontà e innaffiate da un buon bicchiere di vino, mieru in dialetto salentino.  Per la classica tiella di riso, patate e cozze meglio chiedere al telefono. È un piatto speciale che non viene preparato tutti i giorni!

MieruMieru.it tel. 0289406320

La galantina: dalla Polonia al Piceno. La ricetta

La galantina: dalla Polonia al Piceno. La ricetta

In Polonia o nelle Marche non servono occasioni speciali per mangiare la galantina, il salame cotto più invidiabile che ci sia. Provate la versione dell’Osteria Ophis di Offida!

In Umbria si mangia solo a Natale. Nelle Marche o in Abruzzo, invece, non serve un’occasione speciale per preparare o mangiare la galantina: è sempre il momento buono. Per questo, ogni volta che capiterete qui, in particolare nell’entroterra, vi potrebbe succedere di assaggiarla. Ma la sua storia inizia altrove rispetto ai luoghi in cui è ambientata: infatti, la prima volta che ho mangiato la galantina ero in Polonia, a Cracovia, nell’estate del 2006.

Che cos’è la galantina

L’origine antica della galantina si evince già dal nome, che deriva dal latino medievale “gelatina”, probabilmente riferito al fatto che nella cottura delle sue carni si produce e prepara anche la gelatina, appunto. Infatti, si tratta di un secondo piatto a base di carni bianche, soprattutto di gallina: in passato nasce proprio per recuperare, utilizzare e valorizzare la gallina vecchia, quella che fa buon brodo, unita poi con altri ingredienti che variano da ricetta a ricetta. A non mancare mai sono le olive, meglio se tenere ascolane (intese come cultivar e non ripiene fritte), a prova del fatto che si tratta di un piatto soprattutto piceno; poi c’è chi ci aggiunge mandorle e noci, chi pistacchi e tartufo (che di certo nel Piceno non manca). Ma in realtà di galantina ne esistono davvero tantissime versioni, dalla Polonia (dove si chiama galantyna) all’Abruzzo, dove la preparano in modi differenti, unendo sempre insieme più carni, quali il pollo come documentato nel De Re Coquinaria di Apicio; o il cappone come scrive Pellegrino Artusi in La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene. «Vi descriverò un cappone in galantina fatto in casa mia e servito a un pranzo di dieci persone, ma poteva bastare per venti poiché, pelato, risultò kg 1,500». Ma c’è anche chi utilizza o aggiunge tacchino, anatra, faraonamanzomaiale e prosciutto cotto, soprattutto nella versione tradizionale, che si faceva con quello che c’era. In ogni caso, la galantina si consuma fredda, tagliata a fette. Per questo, anche sulle verdure ci sono diverse scuole: c’è chi le taglia a listarelle fini in modo da avere in ogni fetta tutti gli ingredienti presenti, oltre che un bel impatto cromatico; chi invece a cubetti, come nella ricetta che vi proponiamo oggi.

Dove trovarla

Per provare la galantina, quella autentica, disossata a tasca, cucita e preparata tradizionalmente come una volta, dovete riuscire a farvi invitare in una casa del Piceno o della provincia di Teramo. In alternativa, la potete trovare spesso ben fatta nelle piccole gastronomie di paese, dove se ne può acquistare anche solo una fetta. Ma se volete provare l’idea platonica della galantina, c’è solo una scelta: l’Osteria Ophis, dal nome latino del paese in cui si trova, Offida. Qui lo chef patron Daniele Citeroni Maurizi ha compiuto un miracolo: da esattamente vent’anni il suo locale è un volano che porta persone in questo meraviglioso paese dell’entroterra piceno, facendogli provare la versione più alta di alcuni piatti locali, come la pizza Chichì, il fritto misto all’ascolana o il Pollo ‘ncip ‘ngciap con i peperoni, nome onomatopeico che ricorda il suono ripetuto del coltello che taglia a pezzi il pollo. E poi, tra questi, spicca sicuramente la galantina, che lui accompagna con una deliziosa giardiniera e una serie di maionesi preparate da lui. La ricetta che segue (che è la sua personale versione) è presa dal suo libro La cucina picena, un omaggio ben fatto, tecnico e insieme spontaneo, con tutti i piatti cui lui è particolarmente legato.

La ricetta di Ophis

La galantina è un piatto tutt’altro che semplice o veloce, per questo veniva preparato solo in occasioni importanti. Così, se decidete di cimentarvi assicuratevi di avere tempo e soprattutto pazienza, oltre a considerare che il primo tentativo potrebbe essere un fallimento. Il consiglio di Daniele è quello di separare la preparazione della galantina da quella della gelatina di accompagnamento, cioè di evitare di far bollire tutto insieme per esaltare meglio il sapore di questo piatto in ogni sua parte.

Ingredienti

1 gallina disossata
carcassa di 1 gallina più qualche osso di vitello
1 uovo fresco
2 uova bollite
500 g macinato di pollo, tacchino e vitello
150 g carote a cubetti
150 g sedano a cubetti
50 g cipolla a brunoise
50 g olive tenere ascolane denocciolate
20 g mandorle pelate e tostate
20 g  noci tostate
50 g  parmigiano reggiano
qb sale e pepe

Procedimento

Immergete la carcassa di pollo, le ossa di vitello e qualche verdura per la farcitura in un bel pentolone colmo di acqua fredda e portate a bollore, facendo ridurre il tutto dell’80%. Attenzione al sale e al pepe: non mettetene in abbondanza fin dall’inizio, poiché dovete considerare che poi il brodo si dovrà ridurre. In questo modo avete ottenuto la gelatina.
Iniziate a lavorare la vecchia regina del cortile aprendola bene su un foglio di carta da forno, poi aggiungete un pizzico di sale e pepe. Nel frattempo preparate la farcitura mescolando e condendo il trito di carni bianche con verdure, frutta secca, olive, parmigiano, sale, pepe e un uovo fresco, che servirà come legante (anche se in realtà la carne bianca contiene già l’albumina, un legante naturale).
Successivamente la farcitura va posizionata “a salame” lungo le due cosce, mentre al centro inseriamo le uova spaccate a metà (una lamellata di tartufo nero non ci sta male). Avvolgete il tutto nella carta da forno e legate con uno spago.
La cottura lenta al forno renderà la carne tenera e succosa: 140°-150° per un’ora e mezzo al 90% di umidità. Se non siete dotati di un forno per la cottura al vapore, vi consiglio di porre sul fondo del forno una pentola d’acqua, in modo da garantire la giusta umidità.
Una volta cotta, lasciate riposare la galantina. Non appena sarà tiepida, rimuovetela dalla carta forno e fatela raffreddare bene in frigorifero per una notte. Il giorno successivo avrete ottenuto quello che lui chiama «il salame cotto tipico più invidiabile delle tavole moderne».

Inutile dirvi che l’accompagnamento consigliato è con un Pecorino di Offida (io prediligo Poderi San Lazzaro, San Filippo e Clara Marcelli), vitigno con cui questo paese e i suoi piatti hanno un legame profondo e inscindibile.

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