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Cannavacciuolo e Bartolini, i veri protagonisti Stelle Michelin 2023

La Cucina Italiana

Così uguali, così diversi: Antonino Cannavacciuolo, nuovo Tre Stelle per la Guida Michelin Italia, ed Enrico Bartolini, che si può veramente definire l’«uomo delle Stelle» visto che con l’edizione 2023 è arrivato a 12 complessive e nel mondo è sopravanzato solo da Alain Ducasse (con 14), mentre ha raggiunto Pierre Gagnaire e Martín Berasategui. Ne hanno fatto di strada, in una decina di anni: ce li ricordiamo, insieme proprio come ieri, nelle cucine del San Raffaele a Milano per la cena di presentazione della Guida Italia Bmw: nel novembre 2009, Villa Crespi era il «ristorante dell’anno», già in possesso della doppia Stella e Bartolini il «cuoco emergente» aveva una Stella a Le Robinie, nell’Oltrepò Pavese. Vederli protagonisti del nuovo decennio era scontato. In realtà, per quanto opposti per origini (napoletano Antonino, toscano di terra Enrico), carattere personale (estroverso il primo, introverso il secondo: almeno in pubblico), visione culinaria e persino aspetto fisico, si ritrovano insieme in copertina e segnano un momento di passaggio importante nella cucina italiana, ben più della rituale soddisfazione per il numero di giovani talenti neo-stellati.

Senza un vero maestro

In comune hanno una storia di provincia, inizi sotto casa, favoriti nel caso di Cannavacciuolo, classe 1975, da un padre cuoco e professore all’Alberghiero di Vico Equense nonchè di un culto familiare estremo per il cibo; per Bartolini, nato nel 1979, da una zia, sempre citata, e dei lavoretti in trattoria. Poi stage all’estero e il ritorno in patria, spostandosi al Nord. Nel 1999, per Antonino iniziava l’avventura di Villa Crespi, supportato dalla moglie Cinzia (cresciuta nell’hotellerie, niente è casuale) mentre Enrico faceva un passaggio decisivo a Le Calandre, alla corte degli Alajmo. Da lì la prima avventura da executive chef a Le Robinie, poi il Devero a Cavenago con la seconda Stella (clamorosa, pensando al luogo, nel 2012) e infine lo sbarco a Milano, nel Mudec, dove è partita l’impressionante scalata verso al cielo.

Un primo aspetto salta all’occhio: sono post-marchesiani sia per storia personale sia per non sentirsi eredi di qualcosa e di qualcuno. Forse quel tempo glorioso è finito? Delle 12 Tre Stelle attuali, solo Piazza Duomo è guidato da un allievo di Gualtiero Marchesi, ossia Enrico Crippa. E sono più numerosi gli autodidatti o ‘stagisti’ (Romito è il caso più eclatante, ma anche Alajmo è sbocciato in casa) che i seguaci dei maestri. Sarà un caso ma gli allievi più illustri – Cracco, Berton, Camanini – sono bloccati da tempo a una Stella e il solo Oldani è salito a due, contornato dalla Stella Verde.

Italiani e non complicati

Il secondo aspetto: la cucina. E anche su questo, indiscutibilmente, arriva un messaggio forte dalla Rossa: apparentemente distinto fra i due, ma non lo è. Cannavacciuolo ha avuto la grande intuzione nel momento della massima popolarità di non cedere all’esercizio di stile, alla creatività imposta ai clienti, alla voglia di far vedere quanto sia bravo. Quindi l’opposto del fenomeno per pochi gourmet, semmai è l’ideatore piatti di leggibilissimi, adatti ai ragazzini come ai nonni. Con materie prime al top, soprattutto golosi, vivaci, colorati. Sempre più spostati verso Sud, perchè alla fine il suo gusto arriva da lì e piace a tutti.

Anche Bartolini ha puntato (e continua a puntare) su una cucina italianissima, attenta alle regionalità ma senza esserne (giustamente) bloccata, esteticamente valida ma non stilosa come quella di tanti colleghi. E ha un’arma in più che se per molti rappresenta un limite, in realtà risponde perfettamente a uno dei canoni richiesti dalla Michelin: la costanza nel menù, antitesi di quanti amano (o magari devono) presentare ogni anno un mare di nuove idee per tenere la posizione o scalarla. Questione di carattere, ma anche di grande lucidità nell’arrivare al risultato e di mantenerlo: le 12 Stelle sono lì a mostrarlo.

Famiglia e gruppo

Terzo aspetto: la capacità imprenditoriale e di mentore, cosa diversa dal lavorare per il solo guadagno e fare i maestri. In un periodo in cui la Michelin sembra avere definitivamente abbandonato i pregiudizi verso chi gestisce più locali e «va in televisione» (Bartolini molto meno di Cannavacciuolo ma ha appena iniziato), la coppia d’oro ha creato un piccolo impero: Antonino, senza quasi farsi notare, può unire alle Tre Stelle, quattro Stelle singole grazie ai due bistrot (Torino e Novara) e a due ristoranti interni su quattro della sua collezione Laqua (Vineyard a Terricciola e Countryside a Ticciano). Siamo a 7 con una caratteristica: i perni delle brigate sono praticamente ‘figli suoi’, quasi tutti passati a Villa Crespi.

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