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La migliore cucina regionale è in Emilia-Romagna: davvero? | La Cucina Italiana

La migliore cucina regionale è in Emilia-Romagna: davvero?
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E se vi dicessero che la miglior cucina regionale italiana è in Emilia-Romagna, cosa ne pensereste? Certamente tra tortellini e zuppa inglese, ragù e tagliatelle, si fa presto ad essere d’accordo, ma è talmente vasto e ricco il nostro patrimonio gastronomico che è praticamente impossibile stilare una mera classifica!

A definire la classifica della cucina italiana secondo le regioni è il portale TasteAtlas, una sorta di enciclopedia dei sapori, un atlante mondiale dei piatti tradizionali e degli ingredienti locali, che si sviluppa a livello mondiale.

Con un sistema di votazione per utente, hanno definito il panorama culinario del Bel Paese attraverso una classifica di cucina regionale. Ecco come si sono regolati: “Oltre 100.000 utenti hanno valutato i piatti che hanno provato nel nostro database di 15.000+ cibi del mondo. La valutazione di ogni paese e regione è calcolata in base alla valutazione media dei migliori piatti di ogni regione”. Come se non bastasse, non si sono trovati sufficienti voti per le seguenti regioni: Umbria, Molise, Valle d’Aosta, Abruzzo, Marche e Basilicata. Inutile sottolineare la nostra sorpresa: dove sono finiti il caciocavallo o la torta al testo, ad esempio?

Come miglior cucina regionale secondo TasteAtlas, sul podio insieme all’Emilia-Romagna salgono la Campania e il Lazio. Non ci stupisce davvero che le regioni culla di specialità come la carbonara o l’amatriciana passando per la pizza napoletana siano tra le più amate! Del resto essendo una votazione globale è facile che i piatti italiani più conosciuti all’estero abbiano fatto da traino – ragù bolognese, anyone?

La migliore cucina regionale secondo TasteAtlas 2023

  1. Emilia-Romagna

  2. Campania

  3. Lazio

  4. Lombardia

  5. Sicilia

  6. Piemonte

  7. Puglia

  8. Liguria

  9. Toscana

  10. Sardegna

  11. Friuli-Venezia Giulia

  12. Calabria

  13. Trentino-Alto Adige

  14. Veneto

Non ci resta che approfittarne per un ripasso di ricette tradizionali di cucina regionale… Buon appetito!

Ricerche frequenti:

Il futuro della pasticceria è regionale

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Croissant, tartelettes ai lamponi, monoporzioni e torte specchiate di glassa: guardando le vetrine delle pasticcerie contemporanee milanesi (ma non solo) il repertorio di dolci è pressoché identico, ma di tradizionale italiano ha ben poco. Molte delle nuove pasticcerie che puntano sulla qualità e che quindi si stanno impegnando nella selezione delle materie prime e nell’innovazione delle tecniche, sembrano decisamente applicare poco la lezione al nostro patrimonio gastronomico. Per differenziarsi dalle pasticcerie vecchia scuola e non omologarsi, si rischia oggi un nuovo appiattimento culturale, in salsa para-francese.

Oltre all’alta pasticceria francese c’è di più

L’alta pasticceria come la scienza della gastronomia è stata codificata Oltralpe nelle corti di tre secoli fa, è arrivata dalla Francia e da Vienna, sedimentando torte come la Sacher e la Saint Honoré, il cornetto della colazione e i cannoncini, i pasticcini, le crostate alla frutta e delizie senza tempo che ancora oggi ammaliano in bella vista dalle vetrine delle pasticcerie. Quelle più storiche.
Rispetto ai nostri dolci poveri e fatti di un po’ di miele e frutta secca, questi dolci di importazione nei decenni sono diventati a loro volta tradizione, ma nelle pasticcerie di tendenza sono pressoché spariti, soppiantate dalle cosiddette torte contemporanee, dalle monoporzioni e dalla viennoiserie di croissant, brioche e pain au chocolat. Ma il bunet piemontense, la sbrisolona lombarda, la zuppa inglese e il castagnaccio? Sono dolci meno sofisticati, forse meno scenografici e considerati casalinghi, ma purtroppo esclusi dal lavoro dei giovani pasticcieri e dal passaggio generazionale. 
Girando per Cagliari alla ricerca di pardulas e papassinas, nulla da fare nelle pasticcerie più quotate. Per non parlare di Milano dove è quasi impossibile trovare un pan de mej in mezzo a cascate di pistacchi. Come sono arrivati maritozzi, l’auspicio è che il prossimo trend sia nazional popolare.

Panettone, maritozzo, cannoli…

Il fenomeno panettone ha globalizzato una ricetta milanese, il pandoro da veronese è diventato dolce nazionale, così è successo negli ultimi anni a pastiere, maritozzi e cannoli; di cui hanno aperto persino dei negozi specializzati. Alcuni sono freschi di inaugurazione come Matì (maritozzi dolci e salati), altri come Ammù e Sarge resistono solo con cannoli e cannoncini da anni. Per macaron ed éclair la vita delle insegne monoprodotto francesi ha avuto invece vita breve, segno che il mercato quindi esiste. Ma non necessariamente richiede di doversi specializzare in modo così settoriale: nelle grandi pasticcerie italiane sarebbe bello – semplicemente – mangiare anche i grandi dolci italiani. Follia? Quando si viaggia, si vuole mangiare qualcosa di tipico, conoscere un sapore nuovo, provare qualcosa che non si è mai provato prima. E invece ci si ritrova ad addentare il solito croissant, pur buono che sia, che si sarebbe potuto mangiare ovunque.

Un plumcake salato che è quasi un casatiello della pasticceria Malià di Milano

Le nuove pasticcerie senza patria e le proposte regionali

Negli ultimi anni si è assistito a un’esplosione del mercato delle pasticcerie di nuova generazioni che vantano ingredienti di prima qualità, professionalità e grande conoscenza tecnica, vetrine scintillanti e code all’ingresso. Questo fenomeno sarebbe ancor più bello se producesse ricerca e innovazione anche nel campo della tradizione. A Sud la situazione è più florida, con casi eccellenti come Corrado Assenza che da Noto ha guidato un movimento di rinnovamento della zuccherossima pasticceria siciliana; o in Campania, terra di pasticcerie in cui babà, taralli e zeppole fortunatamente proliferano. A Nord e dove la tradizione pasticciera non è stata altrettanto radicata, la new wave dolciaria guarda però ancora alla Francia a eccezione di qualche ricorrenza. Per differenziarsi da quello che era stato, ci si omologa in un nuovo schema.
Segni di un nuovo corso si vedono però in pieno centro a Milano: la Pasticceria Clivati ha intrapreso un nuovo corso, riportando in auge i classici italiani e milanesi, dall’Amorpolenta alla Pastiera. In zona Primaticcio, periferia, due ragazzi napoletani hanno aperto Malià, pasticceria, rosticceria e bistrot in cui i classici napoletani si fondono con creazioni più contemporanee, dove i babà fatti a regola d’arte esistono dolci e salati, come le sfogliatelle, a fianco di pastiere magistrali e casatielli che profumano di ottimi ingredienti.

A Prato, la culla della tradizione

A Prato, un fuori classe della pasticceria come Paolo Sacchetti alla Pasticceria Nuovo Mondo ha dedicato una vita allo studio delle ricette tradizionali del proprio territorio. Qui le Pesche di Prato sono l’icona della pasticceria, ma la mattina al banco delle brioche si trovano i grandi classici: il Creminio (invenzione di Sacchetti datata 1979), il Budino di Riso, il Saccottino e poi a seconda dell’anno, Ricciarelli, Schiacciate all’uva, Frittelle di Riso. Il figlio Andrea segue le sue orme, vincendo persino il contest di Mulino Caputo “Mille&UnBabà”, con la sua versione creativa Alì Babà con bagna all’ananas.

Borghese. Il miglior ristorante di cucina regionale di Milano

Borghese. Il miglior ristorante di cucina regionale di Milano

Da quello veneziano a quello napoletano, da quello sardo a quello altoatesino, ecco i locali in sfida sulla cucina regionale nella puntata milanese di 4 Ristoranti

Chi vive a Milano può raggiungere in poco tempo qualsiasi regione d’Italia, almeno dal punto di vista culinario. Calabresi, pugliesi, liguri, laziali e molti altri: tutti hanno portato in città gli ingredienti e i sapori della propria terra d’origine. Alessandro Borghese, visitando il capoluogo lombardo, farà un viaggio su e giù per lo Stivale e, nella puntata andata in onda su Sky Uno e disponibile in chiaro su TV8 lunedì 22 marzo, lo chef ci condurrà alla scoperta del miglior ristorante con cucina regionale di Milano.

Tra rispetto della tradizione e nuove formule adattate al contesto meneghino, i 4 ristoranti dell’episodio si sfideranno su location, menu, servizio e conto. I ristoratori si voteranno a vicenda formando una classifica, ma i voti di Alessandro Borghese potranno confermare o ribaltare il risultato. In attesa di vedere la puntata, scopriamo i locali in gara a Milano.

I 4 ristoranti di cucina regionale in sfida a Milano

Tàscaro (Porta Venezia)

Sandra (38 anni) è la titolare del suo bacaro, la tipica osteria di Venezia in cui ci si può fermare a bere uno spritz e gustare cicchetti. Fierissima delle proprie origini, propone le ricette della famiglia, tutte rigorosamente venete: sarde in saor, baccalà mantecato, fegato alla veneziana, risotto al radicchio. Fedele alla tradizione, Sandra non è scesa a compromessi con Milano. Anche il menu è scritto tutto in veneto. Il Tàscaro è un bacaro moderno, tutto in ferro e vetro, rivestito da carta da parati veneziana. I rimandi a Venezia sono pochi, ma mirati: la bandiera con il Leone di San Marco, il remo di una gondola e le numerose bottiglie per preparare lo spritz.

Napoli 1820 (Navigli)

Rosario (54 anni) non ha mai tagliato il cordone ombelicale con la terra natia e fa la spola, tre volte a settimana, tra il suo ristorante di Napoli e quello di Milano. Rosario è instancabile, porta sulle tavole milanesi materie prime autentiche che trasporta egli stesso in macchina. Nato come cuoco, ora ha demandato la cucina al figlio Antonio, mentre lui si occupa della gestione del locale. Propone una cucina completamente partenopea, ma il suo locale non è troppo folkloristico anche se non mancano il forno a legna e le rappresentazioni del Vesuvio alle pareti.

Frades Porto Cervo (Duomo)

Roberto (29 anni) è il titolare e lo chef del suo locale dove ha creato, in pieno centro a Milano, un ponte con la Costa Smeralda. Avendo già un ristorante a Porto Cervo, frequentato da molti milanesi, ha deciso di sbarcare anche nel capoluogo lombardo. Roberto è ambizioso e propone sia piatti della tradizione (culurgiones, fregula, seadas) sia piatti che, partendo da ingredienti sardi, si mescolano a ricette di altre regioni. Per esempio, la cotoletta viene impanata col pane carasau. Il locale è curato, con l’ulivo all’ingresso, il granito della Gallura alle pareti e gli arazzi intessuti a mano.

Ristorante Rifugio (Bullona)

Markus (48 anni) è il titolare di questa tipica stübe, il salotto delle baite del Trentino-Alto Adige. Con il suo ristorante tutto in legno, Markus vuole dare ai clienti la possibilità di immergersi completamente nelle calde atmosfere della propria regione. Da vero perfezionista ha curato ogni dettaglio, dalla stufa in ceramica alle sedie intagliate e rivestite di lana. La cucina è tipica, dalla carne salada ai canederli ai rosti di patate. La passione di Markus per gli oggetti antichi trova espressione sulle pareti del locale, che sono piene di orologi antichi e campane tradizionali di ogni grandezza. Il locale ha tre sale: una “gotica”, che richiama l’omonimo stile artistico, una tipica della Val Pusteria, con capitelli intagliati, e una zona birreria più intima e raccolta.

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