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Anna in Casa: ricette e non solo: Pan bauletto Annaincasa

Anna in Casa: ricette e non solo: Pan bauletto Annaincasa

Avevo questa ricetta in bozza sul blog da dicembre di due anni fa e non lo ricordavo, ma si può?
Evidentemente sì. Tra l’altro non capisco perchè non l’ho pubblicata a dicembre 2017 quando l’ho scritta, mistero che rimarrà irrisolto.
Ma vediamo il lato positivo, avevo un post bello pronto e mi è bastato mettere la data di oggi per pubblicarlo.

Ingredienti

250 g di farina 0

250 g di farina 00

200 g di acqua a temperatura ambiente

50 ml di latte a temperatura ambiente

1/2 cubetto di lievito di birra

50 ml di olio di semi

1 cucchiaino di zucchero


Procedimento tradizionale


In una ciotola sciogliere il lievito e lo zucchero nel latte.
Nella ciotola della planetaria, o un una ciotola capiente se lo lavorate a mano, unire le due farine.
Unire l’acqua, l’olio e il latte con il lievito ed iniziare ad impastare con l’inserto a gancio (se lavorate a mano potete iniziare con una forchetta).
Per ultimo aggiungere il sale.
Continuare ad impastare fono ad ottenere un composto liscio ed omogeneo.

Trasferire l’impasto sulla spianatoia, formare un panetto, tagliare la superficie a croce e mettere a lievitare fino al raddoppio, in una ciotola coperta, nel forno con la luce accesa.
Una volta lievitato, sgonfiare l’impasto, stenderlo e arrotolarlo su se stesso, ricavare 7 pezzi dello stesso peso, formare dei panetti e posizionarli uno accanto all’altro, in uno stampo da plum-cake foderato con carta forno.
Rimettere a lievitare una seconda volta per un’ora circa, sempre nel forno con la luce accesa.
Nel frattempo accendere il forno a 180° C.

Prima di infornare spennellare il pane con un leggero strato di acqua e cospargere con semi di sesamo. 
Infornare il pan bauletto e cuocerlo per 45-50 minuti.
Coprire con un foglio di alluminio se dovesse scurirsi troppo in superficie.
Lasciare raffreddare completamente prima di chiuderlo in un sacchetto per alimenti, io utilizzo quelli dei panettoni che compro al supermercato o nei negozi specializzati. Ben conservato rimane morbito dai 5 ai 7 giorni.


Procedimento con il Bimby

Versare nel boccale l’acqua, il latte, lo zucchero e lievito e programmare 1 minuto, velocità 2 a 37°. 
Aggiungere l’olio, le due farine, il sale e azionare 3 minuti, velocità spiga. 
Trasferire l’impasto sulla spianatoia, formare un panetto, tagliare la superficie a croce e mettere a lievitare fino al raddoppio, in una ciotola coperta, nel forno con la luce accesa.
Una volta lievitato, sgonfiare l’impasto, stenderlo e arrotolarlo su se stesso, ricavare 7 pezzi dello stesso peso, formare dei panetti e posizionarli uno accanto all’altro, in uno stampo da plum-cake foderato con carta forno.
Rimettere a lievitare una seconda volta per un’ora circa, sempre nel forno con la luce accesa.
Nel frattempo accendere il forno a 180° C.

Prima di infornare spennellare il pane con un leggero strato di acqua e cospargere con semi di sesamo. 
Infornare il pan bauletto e cuocerlo per 45-50 minuti.
Coprire con un foglio di alluminio se dovesse scurirsi troppo in superficie..
Lasciare raffreddare completamente prima di chiuderlo in un sacchetto per alimenti, io utilizzo quelli dei panettoni che compro al supermercato o nei negozi specializzati. Ben conservato rimane morbito dai 5 ai 7 giorni.

» Insalata di scarole – Ricetta Insalata di scarole di Misya

Misya.info

Innanzitutto pulite la scarola (eliminando le foglie esterne più dure e il gambo alla base) e lavatela abbondantemente sotto l’acqua corrente.

Denocciolate le olive, dissalate i capperi, e lavate e tagliate i pomodorini.

Iniziate quindi ad assemblare l’insalata: mettete la scarola spezzettata in una ciotola, aggiungete olive, capperi e pomodorini, quindi condite con pecorino e colatura di alici.

L’insalata di scarole è pronta: servitela subito.

Il tempo delle sarde (di lago)

Il tempo delle sarde (di lago)

È la ‘regina’ dei laghi lombardi nella stagione invernale: intensa, raffinata, essiccata secondo regole antichissime. Anima di ricette tradizionali, soprattutto sull’Iseo, ma utilizzata anche per piatti creativi. Non teme il confronto con la sardina di mare…

È il momento delle sardine: anche in piazza (volendo) ma per i gourmet lombardi hanno sicuramente più valore quelle che si pescano nell’Iseo e nel Garda. Perché da novembre a marzo, l’agone – così si chiama in italiano – raggiunge il massimo, esattamente come succede per molte specie in acqua salata: contrariamente a quanto molti pensano, è nei mesi più freddi dell’anno che gran parte della materia prima ittica raggiunge il top e quindi merita più che mai di finire in tavola. «Siamo partiti bene, complice un lago pulito per le abbondanti piogge autunnali – racconta Andrea Soardi, quarta generazione della più famosa famiglia di pescatori iseani – il persico è buono, ma questo è il periodo dove regna la sardina. La nostra è diversa da quella gardesana, più magra e piccola, che è sicuramente meglio mangiare fresca e non essiccata».

Regole secolari

E’ qui inizia la grandezza del prodotto, riconosciuto da Slow Food come Presidio con base Montisola, e che segue regole antichissime: dopo essere state pescate dalle tipiche ‘sardenere’, i pesci vengono lasciati per almeno 48 ore sotto sale e successivamente messi al sole e all’aria del lago per 30-40 giorni. Per essiccarli si utilizzavano in passato rami di frassino o carpino, piegati ad arco e tenuti in posizione da fili tesi legati alle estremità: i suggestivi ‘archèc’, visibili nel periodo invernale, per evitare il caldo che avrebbe deteriorato il pesce, e anche per scongiurare l’attacco degli insetti, soprattutto delle mosche. Le strutture di essiccazione oggi si sono evolute: più grandi, poste su apposite terrazze e talvolta sostituite dalla modernità. «Cerchiamo di rispettare i canoni, ma la qualità è ancora più importante – continua Soardi, che con la famiglia cura anche la storica Locanda al Lago a Carzano – quindi se le condizioni non sono perfette, usiamo degli asciugatori impostati per ricreare quelle naturali. Se c’è troppo vento o troppa umidità, non ha senso tenere i pesci sempre all’aperto come un tempo. Si rovinerebbero».

Clusane, il tempio

Dopo l’essiccazione, le sardine sono disposte in modo concentrico in contenitori di acciaio – oppure in legno come era in passato – e pressate con un peso, o torchiate, per far uscire il grasso, che viene subito eliminato. Poi si ricoprono con abbondante olio di oliva e si conservano per alcuni mesi, ma possono durare anche fino a due anni, a patto di cambiare l’extravergine dopo 9-10 mesi. Curiosità: non vanno confuse con i missoltini, gli agoni essiccati del lago di Como perchè nella preparazione non richiedono olio e quindi assumono un gusto più forte, non lontano da quello dell’aringa. «Se essiccate bene, le nostre sarde sono formidabili: basta cuocerle, per pochi minuti, sulla brace ardente e condirle con olio, prezzemolo e aglio. Noi le serviamo con polenta ed è il piatto più tradizionale del lago, dal sapore intenso e particolare. Ma sono buonissime anche con i bigoli o in altre ricette» spiega Mauro Begni che gestisce la nota Trattoria del Muliner a Clusane, località sull’Iseo bresciano che oltre a essere la ‘capitale’ della tinca al forno, è ricca di locali che dedica attenzione alla sarda. Il suo socio è Andrea Martinelli, nipote di Giovanni, soprannominato appunto ‘El Muliner’ perchè trasportava farine, friggeva per i pescatori del paese e aprì il locale nel 1963, oggi ben ristrutturato.

Fantasia al potere

Sarde uguale tradizione (e prezzo non indifferente, quelle in latta costano in media 40 euro al kg ma fresche poco meno di 10 euro) ma anche stimolo per i grandi chef del territorio. Ha iniziato Vittorio Fusari – figlio prediletto dell’Iseo – proponendo alla ‘sua’ Dispensa Pani & Vini un’Insalata di cipolle, sardine essiccate e nero di seppia o i Bocconcini di sardina del lago, insalata di cipolle e granita al basilico. Complessi, nella semplicità apparente, e gustosi quanto uno dei ‘cult’ dello stellato Lido 84 a Gardone Riviera: Riso, stracchino e sarda di lago allo spiedo. «E l’unione di un prodotto popolare quale lo stracchino delle nostre valli con un pesce del Garda su cui ho ragionato ispirandomi al piatto di carne simbolo del Bresciano: ne è uscito un piatto sempre molto amato dai clienti. Ma ora ne abbiamo in carta un altro, altrettanto interessante: Sarda di affumicata e fritta, miele, rosmarino, agrumi» racconta lo chef Riccardo Camanini. Altri piatti creativi entrati nella memoria di chi ama il prodotto: Insalata di pollo biologico, sarde essiccate, pop corn di pollo, gelatine di salsa verde firmato da Stefano Cerveni del Due Colombe di Borgonato e Sarda di lago, humus, sedano croccante, levistico, sorbetto al pompelmo rosa, riduzione al Surlo che Saulo Della Valle prepara all’H2O di Moniga.

La Sarda BBQ di Acquaroli

Il piatto più interessante della nuova ‘visione’ sulla sarda è quello – visibile in apertura – di Marco Acquaroli, executive chef del Natura di Adro, ristorante in grande crescita. Enfant du pays – è di Palazzolo sull’Oglio – al pari del patron Daniele Merola, ha pensato di rivedere l’amato pesce in una versione BBQ dove (freschissime) vengono preparate in una teglia con il burro, salvia e rosmarino, cotte a 120° per 4 ore e affumicate, dopo aver tolto il grasso in eccesso. Ma il tocco in più è il gel di carpione. «Porto a bollore vino bianco, aceto, zucchero con l’agar agar. Lo raffreddo e una volta solidificato, lo lavoro con un frullatore a immersione fino alla consistenza di gel. Poi cucino la cipolla pulita e tagliata in due nel forno a 250° fino a completa carbonizzazione. Con il frullatore ricavo una polvere e riservo la cenere di cipolla per l’impiattamento», spiega Acquaroli. La sarda viene infine scaldata al grill, cosparsa del gel e ‘coperta’ leggermente con le erbe. «Cerfoglio, melissa, menta, timo, limone, verbena arrivano dal nostro giardino – continua lo chef bresciano – e ricreano quello scambio alla base della storia culinaria dell’Iseo quando pescatori e contadini si scambiavano i prodotti, creando buonissimi piatti, semplici e gustosi».

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