Tag: ricette con le zucchine

La norma #LCIFoodDelivery – La Cucina Italiana

La norma #LCIFoodDelivery - La Cucina Italiana

Il meglio della tradizione italiana preparato sapientemente dagli chef di #ScuolaLCI, solo per te: è ora di assaggiare la pasta alla norma firmata La Cucina Italiana #LCIFoodDelivery

La Scuola de La Cucina Italiana arriva sulla vostra tavola con il nuovo food delivery in collaborazione con Deliveroo. La Cucina Italiana – Pronta in tavola è il primo servizio a domicilio firmato La Cucina Italiana, nato con il desiderio di valorizzare le eccellenze del territorio italiano nel pieno rispetto della tradizione e della stagionalità degli ingredienti.

#LCIFoodDelivery: Pasta alla norma

La pasta alla norma disponibile nel nostro menu è un’interpretazione di Giovanni Rota, Executive Chef di La Scuola de La Cucina Italiana, ed è pensata per preservare al meglio le caratteristiche del piatto. Gli ingredienti sono quelli tradizionali: pomodoro, melanzane, ricotta salata e maccheroni, ma la preparazione fa la differenza.

«La salsa di pomodoro è una combinazione: uniamo una salsa già pronta (la classica preparata con i pomodori pelati) e i pomodori pachino, in modo da dare due consistenze e due acidità diverse alla preparazione. Le melanzane, leggermente infarinate, vengono fritte fino a renderle dorate e croccanti e aggiunte al piatto solo all’ultimo momento.»

Il servizio di delivery di La Cucina Italiana è attivo su Milano dal lunedì al sabato, dalle 12 alle 22. Se volete provare la nostra pasta alla norma e tanti altri piatti imperdibili, basta accedere all’applicazione di delivery Deliveroo e ordinare. Le pietanze sono pensate in modo da preservarne le qualità durante il viaggio e verranno consegnate calde all’interno di un packaging sostenibile, interamente compostabile e riciclabile.

Santuario di Oropa: dormire in un santuario

Santuario di Oropa: dormire in un santuario

Un rifugio per il corpo e per lo spirito, ateo o religioso che sia, a 1159 metri di altezza (tutti di straordinaria bellezza). Il Santuario di Oropa, alle pendici delle Prealpi biellesi, in Piemonte, nonostante sia patrimonio Unesco dal 2003, è uno dei tanti, troppi tesori nascosti del nostro Paese. Ve lo raccontiamo qui

Incastonato tra le cime rocciose delle Prealpi biellesi, innevate d’inverno e spesso velate da una misteriosa coltre di nubi nelle altre stagioni, il santuario di Oropa si protende verso l’altopiano del Sacro Monte con il suo lungo colonnato di portici, che sembrano messi lì, pronti ad accogliere come in un abbraccio pellegrini, visitatori ed escursionisti in arrivo.

Oropa si raggiunge comodamente in auto o in autobus partendo da Biella (ecco gli orari), ma per chi non teme le salite la strada si può fare anche a piedi, partendo da quella dei Cappuccini, interamente ricoperta di ciottoli, e proseguendo sulla via vecchia di Oropa, ripida e stretta, ma assai panoramica, che passa anche attraverso i paesini. La tradizione vuole che i biellesi la percorrano una volta l’anno: agli altri basterebbe farlo almeno una volta nella vita.

Se siete amanti dei cammini potrete invece partire da Santhià, in provincia di Vercelli, e arrivare a Oropa in quattro giorni seguendo la Via Francigena, lungo un percorso classificato con la lettera E (difficoltà media).

La tradizione vuole che i biellesi percorrano la salita al Monte Oropa una volta l’anno: agli altri basterebbe una volta nella vita

Che del posto siate habitué o neofiti, all’arrivo rimarrete comunque stupiti, e avrete la netta sensazione di ritrovarvi davanti a qualcosa di unico e speciale. La domanda che sicuramente vi farete sarà: «Come ho fatto a non venirci prima?».

Mettiamolo in chiaro: questo è un luogo turistico, di pellegrinaggio sì, ma molto attrezzato (con bar, negozi e ristoranti al suo interno). Eppure – ed è questa la sua particolarità – riesce a conservare un’anima sacra, a non scadere in una «fiera liturgica».
Oropa è una destinazione suggestiva: per chi viene qui a rifugiarsi nella preghiera, certo, ma anche per chi ha semplicemente il desiderio di rigenerarsi un po’. In un’atmosfera intima e accogliente.

Il consiglio per viverla appieno è di soggiornare almeno una notte nella foresteria adiacente al santuario: a disposizione degli ospiti ci sono circa 500 posti letto, suddivisi in quattro tipologie di camere (suite, junior suite, comfort e turistica), tutte spartane, ma molto confortevoli, con soffitti altissimi e arredate con mobili e oggetti d’epoca. All’aperto, inaugurata da poco, c’è anche un’area camper con 31 piazzole e una vista invidiabile sulla Basilica Superiore.

Il complesso del Santuario si staglia su due grandi cortili e comprende l’Antica basilica, edificata durante la peste del 1599 (vi raccomandiamo di partecipare alla prima funzione della mattina: anche se l’ultima Messa a cui avete preso parte era la vostra Comunione, ne vale la pena), e la maestosa Chiesa nuova con la cupola diventata il simbolo di Oropa. La sua costruzione è stata – anzi: è tuttora – molto travagliata: i lavori cominciati nel 1885 non sono ancora finiti, nonostante la consacrazione e l’apertura nel 1960.

Del complesso fanno parte anche alcune cappelle, il Museo del Tesoro, l’Archivio Storico e della Biblioteca, un osservatorio meteosismico e una stazione radio.

Ma questa è anche, e soprattutto, una meta interessante per gli amanti dello sci e del trekking, visto che tutto il territorio intorno è diventato Riserva Naturale Speciale Sacro Monte di Oropa e alle spalle vi sono impianti sciistici di risalita e un Giardino Botanico.

Da non perdere è l’escursione sulla cima del monte Camino, a 2400 metri di altezza. Per farla, la cosa migliore è prendere la funivia che parte vicino al parcheggio della Chiesa nuova, scendere a Oropa Sport (a 1870 metri di altezza) e poi salire a piedi l’ultimo tratto (491 metri di dislivello, sentiero D21) tra sassaie, tratti sterrati ed erbosi (vi ci vorranno circa un paio d’ore, forse tre). I più allenati potranno affrontare da soli l’intera salita, costeggiando inizialmente il torrente Oropa (dislivello totale 1211 metri); i più pigri proseguire in cestovia anche dopo la funivia (occhio solo alle vertigini). Qualsiasi sia la strada che vi porterà in vetta, però, la vista dal monte Camino non la potrete dimenticare: nonostante sia spesso avvolta dalle nubi, la vista a 360 gradi sulle Alpi – dalle Marittime al Gran Paradiso, dal Monte Bianco al Cervino – è spettacolare e vi sembrerà di volare. In alto, oltre al panorama, potrete gustare anche la polenta concia del rifugio Capanna Renata.

Anche a valle le calorie non mancano: intorno al santuario si possono scegliere ristoranti per tutti i menu e tutte le tasche. Tappa d’obbligo della zona è la Locanda Canal Secco Trucco, immersa nel bosco e raggiungibile con la macchina in 5 minuti. Ad accogliervi all’ingresso ci sarà la signora Orietta (seconda icona del luogo dopo la Madonna Nera) e selvaggina e polenta la faranno bene da padrone. Oppure, proprio all’interno del Santuario, si mangiano gustosi tagliolini al ragù di capriolo Ai Tre Arc. Ambiente decisamente più informale, ma ugualmente consigliato al ristorante Valfré: con 15 euro senza pretese si mangiano ottimi affettati di selvaggina e un buon risotto.

Ricetta Mafalde, polpo, cozze e vongole

Ricetta Mafalde, polpo, cozze e vongole
  • 700 g polpo
  • 500 g cozze
  • 500 g vongole spurgate
  • 350 g pasta tipo mafalde
  • 220 g ceci lessati
  • un gambo di sedano
  • ua carota
  • alloro
  • limone
  • aglio
  • vino bianco secco
  • pancarré
  • prezzemolo
  • capperi sott’aceto
  • acciughe sotto sale
  • olio extravergine di oliva
  • pepe
  • sale

Per la ricetta delle mafalde, polpo, cozze e vongole, immergete il polpo in acqua bollente con un gambo di sedano, una carota, qualche grano di pepe nero, 2 foglie di alloro; unite un bicchiere di vino bianco e cuocetelo per 40-45 minuti dalla ripresa del bollore; aggiungete poi mezzo limone e proseguite la cottura per altri 5 minuti. Infine scolatelo, fatelo raffreddare e tagliatelo a tocchetti. Fate aprire le vongole in una casseruola, coperta, con 2 cucchiai di olio, uno spicchio di aglio con la buccia e una spruzzata di vino bianco. Filtrate il liquido di cottura.
Mondate le cozze e fatele aprire in una casseruola, coperta, con 2 cucchiai di olio, uno spicchio di aglio con la buccia e una spruzzata di vino bianco. Sgusciate cozze e vongole, tenendone da parte qualcuna con il guscio come guarnizione.
Per la crema di ceci: frullate i ceci con 180 g di acqua e un cucchiaio di olio, finché non otterrete una crema.
Per la salsa verde: tritate un bel ciuffo di prezzemolo; frullatene 3 cucchiaiate con 90 g di olio, 3 acciughe dissalate, un cucchiaio di capperi sott’aceto e mezza fetta di pancarré senza crosta.
Per le mafalde: cuocete le mafalde in abbondante acqua salata, scolandole 2 minuti prima rispetto ai tempi riportati sulla confezione. Mantecatele in una padella con l’acqua delle vongole e un filo di olio per un paio di minuti. Spegnete ed eliminate l’eventuale liquido in eccesso. Distribuite nei piatti un paio di cucchiai di crema di ceci, adagiatevi le mafalde, completate con il polpo e i molluschi, quelli sgusciati e quelli nelle conchiglie, e condite con paio di minuti. Spegnete ed eliminate l’eventuale liquido in eccesso. Distribuite nei piatti un paio di cucchiai di crema di ceci, adagiatevi le mafalde, completate con il polpo e i molluschi, quelli sgusciati e quelli nelle conchiglie, e condite con 1-2 cucchiai di salsa verde. Sono buone anche tiepide.

Proudly powered by WordPress