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Ricetta Strudel di verdure con fonduta, la ricetta

Ricetta Strudel di verdure con fonduta, la ricetta

Questo strudel di verdure è una ricetta del ristorante Gli Scacchi di Caserta, un posto ideale per chi vuole sentirsi accudito a tavola: Gino Della Valle con la moglie Marilena e la figlia Valentina guidano con gentilezza la cucina e la sala, dando risalto ai prodotti del territorio con particolare attenzione alla parte verde

C’è sensibilità alla tradizione: pane e bucce di melanzane, polpette di lenticchie, pizza di scarola, le paste con ragù vegetali. Ma al tempo stesso idee nuove come lo strudel che è un gustoso concentrato di sapori, locali e «universali».

Scoprite la ricetta con un ripieno di scarola, uvetta, mozzarella di bufala e capperi e l’accompagnamento con una fonduta di mozzarella di bufala.

Scroccafusi – Ricetta di Misya

Scroccafusi

Innanzitutto preparate l’impasto: unite in una ciotola farina, lievito, uova, olio, sale, zucchero, cannella e liquore e lavorate velocemente fino ad ottenere un panetto omogeneo, quindi coprite con un canovaccio pulito e lasciate riposare per 1 ora.

Tagliate il panetto a listarelle spesse 2-3 cm e ricavatene dei tocchetti lunghi 4-5 cm.

Portate a ebollizione dell’acqua in una pentola ampia, calate i pezzetti di impasto e scolateli appena tornano a galla (circa 5-7 minuti), lasciandoli asciugare su di un telo pulito per 30 minuti.

Con la lama di un coltello effettuate un taglio al centro degli scroccafusi, quindi friggeteli in olio già caldo, girandoli per farli dorare uniformemente.

Scolateli su carta da cucina, poi impiattateli e lasciateci colare su un po’ di alchermes.

Gli scroccafusi sono pronti, non vi resta che decorarli con zucchero a velo prima di gustarveli.

Carnevale di Venezia: 7 ricette allegre e squisite

Carnevale di Venezia: 7 ricette allegre e squisite

Creme fritte – I Rombi del Doge

Il rombo, o losanga, è una figura araldica molto usata e ha finito per dare il nome alla crema fritta cucinata dai veneziani e ritagliata in questa forma geometrica, così squisita da diventare una leccornia degna di un principe, o appunto di un doge, la figura di maggior spicco della Serenissima. Tutti i bàcari veneziani, le tipiche osterie, servivano questi squisiti e profumati «rombi del doge», croccanti fuori e morbidi dentro, dal giorno di Sant’Antonio fino a martedì grasso, secondo la tradizione, possibilmente accompagnati da un bel bicchiere di passito.

La fritola – Un affare di Stato

Nate nel Trecento e proclamate nel Settecento «dolce nazionale della Serenissima», le fritole venivano preparate in esclusiva dai membri della rinomata corporazione dei fritoleri che si tramandavano la ricetta di padre in figlio, e vendute anche agli angoli delle strade, infilate ancora bollenti in uno spiedino di legno per non ungersi le dita e zuccherate abbondantemente con un apposito contenitore bucherellato. L’arte dei friggitori locali era tanto apprezzata che Goldoni, nella sua celebre commedia Il campiello, mette tra i protagonisti la fritolera Orsola, figura che pittori come Pietro Longhi hanno immortalato sulle loro tele, irrinunciabili protagoniste del Carnevale.

Maschere – In Bianco e Nero

Indossando la Bauta, il più celebre travestimento veneziano, il volto restava celato sotto una maschera bianca, la Larva, che copriva tre quarti del volto e alterava anche la voce, rendendo irriconoscibile chi la indossava, tanto che l’Inquisizione ebbe da ridire sull’uso indiscriminato che molti aristocratici ne facevano anche al di fuori del periodo carnevalesco per combinarne di cotte e di crude. La Moretta, detta anche «serva muta», era invece scura e di forma ovale; riservata alle donne, per portarla bisognava «mordere» un bottone posto al suo interno all’altezza della bocca, così che chi la indossava non poteva parlare. La preferivano popolane e borghesi.

Pasticcio alla napoletana – Un Piatto da Seduttore

Giacomo Casanova fu un protagonista del Carnevale veneziano. Raffinato buongustaio, nelle sue memorie cita tra i piatti preferiti il pasticcio di maccheroni «preparato da un bravo cuoco napoletano», perfetto per i giorni di festa e di allegria. A quei tempi il pomodoro non era ancora entrato come ingrediente comune nelle cucine e la pasta («maccherone» era nome comune di diversi formati, corti e lunghi) veniva condita anche con zucchero e miele. La nostra ricetta è ripresa da un repertorio napoletano della seconda metà del Settecento, Il cuoco galante di Vincenzo Corrado.

Il testo storico è stato scritto dall’esperta Marina Migliavacca.

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