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Ricetta Omelette proteica di albumi

Ricetta Omelette proteica di albumi

L’omelette di albumi, fatta solo con la parte bianca dell’uovo, eliminando i tuorli, è perfetta per un pasto proteico per chi pratica sport, ma non solo: gli albumi, infatti sono composti al 90% da acqua e per il resto da proteine, sali minerali come magnesio, sodio e potassio, vitamine del gruppo B e glucosio. A differenza del tuorlo, gli albumi non contengono grassi e colesterolo.

Questa omelette è perfetta anche per non sprecare e gettare gli albumi quando in altre preparazioni (per esempio lo zabaione) ci viene chiesto di utilizzare solo i tuorli. 

Per prepararla vi lasciamo una ricetta dello chef Davide Oldani che ha montato gli albumi con qualche spezia e ha servito l’omelette con una macedonia di frutta. 

Provate anche: Omelette di albumi con asparagi alla cantonese, Frittata di albumi e pecorino, Frittata di albumi con salsa al parmigiano, Frittatina soffiata di albumi alle erbe, Omelette di patate.

Cacio e pepe alla brace: la ricetta di chef Errico Recanati

La Cucina Italiana

Mai provata la cacio e pepe alla brace? La cacio e pepe è un classico della cucina italiana, e la sua difficoltà è tutta nel mantecare alla perfezione il formaggio con la pasta a fine cottura. Non nella cucina di Andreina, il ristorante 1 stella Michelin di Errico Recanati, a Loreto. Nelle Marche, all’ombra della cupola del celebre santuario infatti, la cacio e pepe viene (letteralmente) cotta sulla brace viva. E il risultato è da manuale di alta cucina.

Gli ingredienti sono i soliti, pasta, cacio, pepe, più quello preferito dallo chef: il fumo. La Cacio e 7 pepi del ristorante Andreina – come viene chiamata nel menù – infatti è la perfetta sintesi fra grande tradizione italiana, tecniche arcaiche, ricerca gastronomica e ingredienti esotici. Se il formaggio è quello di fossa o il parmigiano reggiano, la pasta una localissima Benedetto Cavalieri di grano Senatore Cappelli, i pepi solo frutto di una selezione meticolosa fra Cina, Malesia, Indonesia, Nepal e Vietnam. Sarebbe una grande cacio e pepe, con la brace diventa unica.

Se il gusto affumicato e la tendenza al “ritorno al fuoco” attraversa la cucina internazionale in lungo e in largo, qui è nel Dna da più di 60 anni, da quando Andreina arrostiva maialino nello stesso camino che ora usa il nipote. L’affumicatura non arriva dalla salsa, dall’uso di pancetta o guanciale, da un’affumicatura scenografica sotto una cloche al momento del servizio o da qualche escamotage creativo. Qui sulla brace ci cuociono tutto.  Pure la pasta.

Cacio e pepe alla brace: cottura in 4 fasi

La cottura avviene in quattro fasi: classica, in acqua salata, alla brace e in padella. «La pasta è uno spaghettone Benedetto Cavalieri che cuoce 18 minuti, l’unica pasta che tiene questa cottura», mi dice. «Bolle 4 minuti in acqua, poi viene immersa per 6 minuti in acqua a 60°: se usassimo acqua fredda perderebbe tutto l’amido. Dopo la freddiamo ancora per bloccare definitivamente la cottura. Quindi la asciughiamo sui canovacci. Servono 200 o 210 grammi a porzione per servirne 150 o 120 a fine procedimento». Con la triplice cottura molti spaghetti si spezzano o risultano troppo grigliati e quindi vengono messi da parte.

«Se vi state chiedendo come sia possibile realizzare una pasta alla brace, sappiate che Errico Recanati utilizza delle piccole grigliettine di vari spessori da porre sopra la griglia classica, su cui è possibile cuocere anche le erbe di campo: data la fitta maglia della rete della grigliettina tutto cuoce in maniera omogenea senza mai cadere, cosa che sarebbe impossibile cuocendo direttamente sulla griglia classica», scrive Allan Bay nella prefazione del libro Cuocere alla brace di Errico Recanati (Italian Gourmet edizioni).

Il cappello che convoglia i fumi

La pasta viene fatta cuocere per 9 minuti sulla brace viva, sotto a un cappello: uno speciale arnese inventato da Errico Recanati e autocostruito con delle teglie da cucina e dei manici di coperchio. Il cappello trattiene il fumo dolce della sua carbonella speciale composta di sette legni dell’Appennino, aromatici, ma non invasivi. A quel momento mantecato sul fornello con acqua di cottura, formaggio, burro e sette pepi. «Un solo pepe bloccherebbe il gusto della brace, invece questi pepi sono aromatici, allungano il gusto della brace senza coprirlo». E il risultato è esattamente quello. Una pasta ancora perfettamente callosa, al dente, croccante in alcuni punti, che profuma di fumo e che ha il sapore del fumo, non del bruciato, che perdura in bocca grazie all’azione aromatica e non piccante del pepe. «Abbiamo mangiato pasta scotta per mesi», mi racconta, e dal 2017 non è mai uscita dal menù.

Jalisse a Sanremo 2024: il ritorno… in cucina!

La Cucina Italiana

I Jalisse a Sanremo. Sì, senza punto di domanda. Stavolta non è solo il tormentone che ogni anno ci tiene occupati alla vigilia del festival. Il duo formato da Alessandra Drusian e Fabio Ricci, coppia anche nella vita, torna per davvero al Festival della canzone italiana. Torna dopo 27 anni dalla vittoria con il brano Fiumi di parole (era il 1997), ma soprattutto dopo altrettanti no alle richieste di calcare ancora il palcoscenico con nuove canzoni, da parte di direttori artistici che in oltre un quarto di secolo non li hanno mai più voluti in gara.

Una storia di resistenza, resilienza, l’esempio perfetto che non bisogna mai perdere la speranza, ma soprattutto che perservare non deve essere poi così diabolico, dato che in qualche modo loro l’obbiettivo lo hanno raggiunto. Ci sono riusciti con una bella (e soprattutto invidiabile) dose di autoirona. Se i Jalisse a Sanremo non sono più una leggenda è perché sono riusciti a mettere d’accordo tutti nell’unico modo possibile. Quale se non la cucina? Sì, nella città dei fiori, sulla riviera ligure così famosa (anche) per il suo meraviglioso pesto, si sono messi a preparare proprio un bel piatto di spaghetti al pesto, omaggiando ovviamente la tradizione ligure per prendere per la gola Amadeus, conduttore e direttore artistico del festival della canzone da ben cinque anni (in cui non ha mai voluto Jalisse tra i concorrenti).

Jalisse a Sanremo

Una trovata di Pasta Garofalo che ha messo su un’iniziativa digitale ideata da Xister Reply tra l’ironico e il provocatorio dal titolo evocativo “Ama non m’Ama” con protagonisti i Jalisse ai fornelli per preparare gli “Spaghettoni XXL Garofalo al pesto d‘Ariston”: un video postato sui profili social dei cantanti e su quelli della storico pastificio di Gragnano (@pastagarofaloit e www.facebook.com/PastaGarofaloItalia/), in cui finalmente Alessandra Drusian e Fabio Ricci hanno l’aria scanzonata (è il caso di dirlo).

«Dopo 27 anni di no, non portiamo rancore», dicono i cantanti, rivolgendosi ad Amadeus. Prima per tranquilizzarlo – «Senti qua… no, tranquillo: non è una nuova canzone….» – e poi per lanciare una provocazione: «Ama a questi non puoi dire no» (in effetti come si potrebbe dire no a un piatto di spaghetti?!).

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