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Nicola Di Lena: Cavaliere per l’impegno con la pasticceria etica

Nicola Di Lena: Cavaliere per l'impegno con la pasticceria etica

Nicola di Lena non si aspettava tutta questa attenzione mediatica. Eppure la sua scelta di lasciare un lavoro certo (e prestigioso) per un’attività incerta, sicuramente più impegnativa, almeno a livello umano, l’ha fatto balzare su tutte le prime pagine di cronaca dei quotidiani nazionali. Originario di Ginosa, nel tarantino, ma nato in Svizzera, Nicola Di Lena, classe 1981, fino a un anno fa era la colonna della sweet area del ristorante Seta**, all’interno dell’hotel cinque stelle lusso Mandarin Oriental Milano, accanto allo chef Antonio Guida. Poi la scelta, dopo 8 anni, di tornare nella sua Puglia, per aprire un’attività in proprio con la moglie Alessia Semeraro, sempre al suo fianco. E adesso, il 20 marzo, sarà al Quirinale – con altre 29 eccellenze italiane-, per ricevere il riconoscimento di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Il motivo? Il suo impegno sociale ed etico a favore degli esclusi, che ha segnato il suo percorso professionale nell’ultimo anno a San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi, grazie a “Virgola”, una pasticceria terapeutica che, dal dicembre 2022, accoglie in laboratorio persone con disabilità e donne che hanno subito violenza.

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La genesi del progetto della pasticceria etica

«Di certo non mi aspettavo tutto questo in un solo anno di attività», ci racconta emozionato al telefono. «Mia moglie e io avevamo deciso di tornare in Puglia, il progetto della pasticceria “etica” è arrivato dopo, ovvero dopo aver conosciuto Vito Valente, presidente della cooperativa sociale “Includi”, che si occupa di integrazione lavorativa di persone con disabilità». Sul territorio era già presente il ristorante XFood, della Onlus Qualcosa di Diverso, che dal 2014 all’interno del laboratorio urbano ExFadda, permette a ragazzi con disabilità di lavorare tra sala e cucina, guidata dallo chef Giovanni Ingletti. «Da qui la proposta di Valente di pensare al format di una pasticceria. «Il nome Virgola, ha il sottotitolo “una storia che continua”, perché non solo dà seguito al format del ristorante, ma potrebbe prevedere anche altre storie come questa, in Puglia e chissà dove altro ancora», spiega Di Lena con entusiasmo. All’inizio la proposta prevedeva solo un laboratorio per ragazzi con problematiche, «io ho pensato che, invece, un cake shop con la vendita al dettaglio avrebbe dato maggiore visibilità all’iniziativa». E così è stato.

I collaboratori “speciali”

Di Lena ha accettato subito il progetto, non solo per condividere momenti di leggerezza e gioia, ma per insegnare un mestiere e introdurre questi soggetti fragili al mondo del lavoro grazie a un serio percorso di formazione. «Attualmente con noi lavorano cinque ragazzi, Mimmo e Francesca sono i veterani, ma a breve arriveranno torneranno altre due figure dalla scuola alberghiera di Brindisi, entrambe minorenni, che saranno accompagnate da un tutor». Un aiuto prezioso quello dei ragazzi, che si sono subito appassionati al progetto. «Escono pazzi per fare i biscottini, i frollini, i baci di dama, le tartellette con le creme mousse, neanche il tempo di finire il lavoro che già sono con fiato sul collo chiedendo cos’altro possono fare». Quando i ragazzi sono in laboratorio, volutamente visibile al pubblico, grazie alle ampie vetrate, «sono felicissimi e noi altrettanto, anzi, dirò di più, quando non ci sono, ci mancano perché hanno tanto da insegnare. Sono, speciali punto, senza la virgola!».

Halal: guida semplice e veloce

La Cucina Italiana

Halal, un concetto che trasuda di significato, va ben oltre la sua traduzione letterale di “lecito” in italiano (il cui contrario è Haram, ovvero “illecito”). Per svelare le sfumature più intricate di questo principio fondamentale della pratica religiosa musulmana, ho avuto il piacere di intervistare Walid Bouchnaf, il responsabile qualità di BeHalal Srl. Attraverso questa conversazione, Bouchnaf mi ha guidato in un viaggio di comprensione che trascende il mero “divieto” di assunzione di carne di maiale e le dinamiche della macellazione rituale, rivelando un panorama più ampio che caratterizza l’approccio Halal alla vita quotidiana.

Cos’è l’Halal (in maniera semplice)

Walid Bouchnaf ha iniziato la nostra conversazione evidenziando che l’Halal non è semplicemente un insieme di regole alimentari, bensì una filosofia che permea ogni aspetto della vita dei musulmani. La pratica dell’Halal non è circoscritta al solo atto di mangiare, ma si estende a lavoro, istruzione, relazioni sociali e persino alle azioni quotidiane come andare in bagno. Il musulmano, quindi, ricerca ciò che è lecito e si sforza di allontanarsi da ciò che è considerato illecito o Haram.

All’interno della sfera alimentare, sono stata guidata attraverso una comprensione più profonda dell’Halal. Non si tratta quindi solamente di scegliere alimenti leciti, ma anche di valutare le modalità di ottenimento. La macellazione rituale, spesso erroneamente identificata come l’essenza dell’Halal, è solo una parte di un quadro più ampio. Questo processo, che implica l’uccisione dell’animale per dissanguamento, non è solo un atto religioso, ma anche un approccio tecnico che mira a garantire l’igiene, considerando il sangue come un potenziale veicolo di batteri e virus e quindi illecito.

Bouchnaf ha sottolineato che l’attenzione all’etica non si ferma alla macellazione, ma abbraccia il benessere complessivo dell’animale. L’animale deve essere in ottime condizioni fisiche e psicologiche, provenire da allevamenti etici e rispettare specifici standard. Inoltre, l’azienda che commercializza il prodotto deve aderire a valori religiosi ed etici, pagare le tasse e non essere coinvolta in attività illegali o legate alla mafia.

Si enfatizza, quindi, che l’Halal non è semplicemente una questione di carne, ma un approccio olistico alla vita, coinvolgendo questioni ambientali, etiche e di responsabilità sociale. Non è solo ciò che si mangia, ma anche come si produce e si commercializza.

Halal: esistono certificazioni?

Per quanto riguarda il mondo delle certificazioni, sì, esistono quelle specifiche Halal e Bouchnaf ha illustrato il ruolo fondamentale di organizzazioni come BeHalal (per cui lui lavora) nel settore alimentare e no. Queste entità si pongono come ponte tra la dimensione religiosa e quella industriale, garantendo che gli standard di qualità, etica, sicurezza e rispetto ambientale siano rispettati.

Cibo: cosa è preferibile mangiare e quando

Dopo aver esplorato i precetti coranici la conversazione si è conclusa esplorando il rapporto tra Islam e cibo, per quello che suggerisce la Sunna, ovvero il comportamento del Profeta in termini di pratiche ed educazione. Walid ha condiviso che la tradizione islamica incoraggia la moderazione nell’alimentazione, poi la condivisione dei pasti, l’apprezzamento di ciò che si ha e l’esortazione a non sprecare cibo.
Gli Hadith (aneddoti sulla vita del Profeta, parte costitutiva della Sunna) forniscono indicazioni specifiche sugli alimenti, sottolineando i benefici di frutta e verdura.

Cosa e come consumare

Tutte le piante coltivate, erbe e funghi sono considerati leciti per l’uomo, escludendo quelli dannosi per la salute o che offuscano la ragione, come alcolici e droghe. Gli Hadith riportano la predilezione del Profeta per alcuni alimenti, tra cui anguria, melone, cetrioli, uva, mela cotogna e il frutto Kebas dell’albero del Miswak.

Cos’è il Cyber Egg di Davide Scabin e altre uova celebri

La Cucina Italiana

Il temibile «giudice ombra», Davide Scabin, ieri sera è tornato a MasterChef per affiancare i giudici nella sfida della Red Mystery Box, sotto cui si celava il suo cyber egg, l’uovo cibernetico che ha decretato la fama dello chef piemontese. I concorrenti avevano a disposizione 45 minuti per inventare un piatto con l’uovo come protagonista assoluto, lasciandosi ispirare dalla mitica creazione che Scabin realizzò per la prima volta nel 1997, quasi per caso. E che oggi non viene più proposto.

«Era una notte piovosa di novembre, mi stavo stufando durante il servizio», ha raccontato lo chef ai concorrenti. «Ho iniziato a giocherellare con un pezzo di pluriball. C’era un plateau di uova, le guardavo e mi dicevo: “Che cosa ci posso fare? La natura gli ha dato tutto, anche il packaging. E se provassi a cambiargli il guscio?”. Di fianco c’era il rotolo della pellicola».

Ed è da un’intuizione estemporanea che è nato il cyber egg. L’uovo cibernetico si presenta come un fagottino trasparente chiuso da un filo di nylon sottilissimo (0,3 millimetri). Al suo interno ci sono caviale Asietra (o Oscietra), scalogno, tuorlo d’uovo, pepe bianco e qualche goccia di vodka. Non si usano posate: la pellicola va incisa con un bisturi in alto, al centro. Poi si succhia, assaporando lentamente i preziosi ingredienti, per godere appieno dell’esplosione di gusto.

Cyber egg

A spiegare i dettagli della ricetta futuristica è stato proprio lo chef Scabin, una decina di anni fa, sui social. «Su un piano di lavoro stendere la pellicola a foglio doppio incamerando un po’ di aria tra i due fogli. Disporre al centro 15 grammi di caviale, un pizzico di scalogno tritato finemente, un tuorlo d’uovo (crudo, ndr), una macinata di pepe e due gocce di vodka». Poi è il momento di dare forma al cyber egg: «Sollevare i quattro angoli della pellicola, chiudere a fagotto e far fuoriuscire l’eventuale aria in eccesso, quindi mandare in pressione il cyber egg arrotolandolo su se stesso, creando così due camere ben distinte. Chiudere ermeticamente legando l’estremità del cyber egg con il filo di nylon. Tagliare l’eccesso di filo e pellicola formando un picciuolo». Per completare l’innovativa esperienza gastronomica, il piatto va accompagnato a vodka secca ghiacciata.

Altre uova celebri

Oltre al visionario cyber egg di Scabin, la storia della cucina italiana è stata segnata anche da altre celeberrime uova.

Uovo alla Cracco

Anche lo chef Carlo Cracco ha saputo nobilitare e valorizzare l’uovo che, da ingrediente quasi «di ripiego», è diventato il super protagonista di una pregiatissima ricetta, quella che Scabin ha citato dopo avere visto Eleonora preparane uno piuttosto simile durante la prova. Si tratta di un tuorlo d’uovo avvolto in una croccante panatura e fritto. Per prepararlo bisogna appoggiare il tuorlo, delicatamente separato dall’albume, in uno stampino di alluminio, sopra uno strato di pangrattato, e ricoprirlo con altro pangrattato. Dopo avere fatto riposare l’uovo in frigo per tre o quattro ore, prelevarlo e friggerlo, usando una schiumarola, in abbondante olio caldo di semi di girasole. Posare il tuorlo fritto su un foglio di carta assorbente e salare.

Uovo di seppia di Cuttaia

L’uovo di seppia è un grande classico dello chef siciliano Pino Cuttaia. È un uovo fatto di seppia che avvolge un tuorlo, servito su una crema al nero di seppia e ricotta o su tartufo. Dopo avere pulito accuratamente la seppia, si taglia la polpa a cubetti e si frulla poco alla volta con un minipimer, fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Da un piccolo foro sul guscio delle uova, che si può allargare con una piccola forbice, far colare l’albume in un bicchiere. Estrarre il tuorlo dell’uovo allo stesso modo e tenerlo da parte. Pulire l’interno del guscio con acqua, inserire 30 grammi di seppia frullata per ogni uovo all’interno del guscio con la punta delle dita e modellarla pressandola e creando una membrana uniforme. Lasciare spazio per inserire il tuorlo e posizionarlo all’interno. Chiudere il guscio con la rimanente seppia frullata, fino a «saldarlo». Cuocere l’uovo nel forno a 52°C in modalità vapore per 15 minuti. Assemblare il piatto creando un nido di tartufo nero e posizionando l’uovo cotto privato della buccia.

Uovo all’uovo di Marchesi

Piatto iconico della cucina italiana, è stato creato dal celeberrimo chef Gualtiero Marchesi nel 1985. È un uovo cotto a vapore, svuotato e riempito con il tuorlo cotto a bassa temperatura. Il morbidissimo uovo cremoso che si ottiene viene servito insieme a una salsa delicata.

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