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Michele Massaro arma gli chef di coltelli infallibili

Michele Massaro arma gli chef di coltelli infallibili

Il coltellinaio di Maniago lavora ancora come un artigiano dei secoli passati. E produce solo coltelli in edizione limitata. Soprattutto per grandi chef

June Carter scrisse per il marito Johnny Cash una bellissima canzone, Ring of Fire. Be’, Michele Massaro è uno di quei tipi con un anello di fuoco piantato nel cuore. Nella sua fucina si muove come Vulcano, mentre cucina a quattro mani con lo chef Simone Cantafio intorno al fuoco dove forgia i suoi coltelli per i più grandi chef del mondo. E non smette mai di parlare e parlare, perché alla sua giovane età già ha mille storie da raccontare. E gli si legge negli occhi che ancora nei prossimi anni accumulerà tante altre esperienze e quindi tante altre storie. Massaro è tutto il contrario del mite fabbro. Certo per realizzare un coltello ad arte impiega anche due tre anni, ma intanto la sua testa lavora velocemente, forgia sempre nuove idee e nuovi progetti.

«Michè, fammi nur curtello»

Simone Cantafio chef bistellato al Michel Bras Toya di Hokkaido, porterà con sé il coltello, che tanto ha atteso da Michele Massaro, nel nuovo ristorante a Karuizava nella prefettura di Nagano. Il coltello è stato realizzato con un manico con il legno di una vecchia vite di Ribolla delle vigne di Gravner. La consegna dell’arma bianca da cucina è quindi l’occasione per un pranzo luculliano preparato insieme da Michele e Simone, proprio nell’Antica Forgia Lenarduzzi, l’officina di Massaro a Maniago. Un menu che unisce la Calabria direttamente al Friuli. Simone dalla Calabria dove ha trascorso tutto il periodo di lockdown ha portato con sé gustosi prodotti locali, ‘nduia, olive, tartufo nero estivo, pecorino, carciofini selvatici e molto altro. Un mix di prelibatezze, che assaggiamo con un calice di champagne Alain Couvreur Blanc de Blancs. Mentre segue tra l’altro una magnifica Magnum dell’iconica Ribolla di Gravner (annata 2011) offerta dalla famiglia di “protestanti del vino”.

Michele Massaro, Mateja Gravner e Simone Cantafio.
Michele Massaro, Mateja Gravner e Simone Cantafio.

Poi l’antica forgia si trasforma in una cucina contadina, con il fuoco che arde nel camino dove viene di solito temperato l’acciaio e due piccoli fornelli a gas. Lungo tutta la preparazione non capiamo chi tra Simone Cantafio e Michele Massaro sia lo chef e chi il sous chef. Fatto sta che si scambiano ordini a vicenda e cucinano con un’intesa rara. Così impiattano uno dietro l’altro un Risotto al tartufo uncinato silano, Spiedini di Salmerino yakitori alla brace con purea di mele antiche friulane (da leccarsi i baffi) e un peccaminoso Lombo leggermente affumicato su purea di ceci con fondo bruno francese e ristretto di Ribolla Gravner 2011, accompagnato da crema di formaggio salato con mostarda di zenzero e cren.

Mentre la compagna di Michele stappa altre bottiglie, Valentina Perotti è sommelier appassionata di vini naturali, e artigiana a sua volta (i piatti delle foto qui sopra sono suoi), si lamenta giustamente che manca solo della buona musica. Ring of Fire, cavolo!

Ecco si faccia avanti chi pensa ancora che Michele Massaro sia solo un fabbro coltellinaio. Massaro è diventato artigiano solo 5 anni fa e in breve tempo ha realizzato coltelli unici per Pier Giorgio Parini, Enrico Crippa, Antonia Klugmann, Emanuele Scarello, Yoji Tokuyoshi, Pino Cuttaia, Fulvietto Pierangelini, i fratelli Costardi, Matteo Baronetto, concepiti insieme con gli chef. Qualcuno di loro ha fatto anche richieste quasi impossibili, come Crippa che ha richiesto un’incisione in oro puro. Qualcuno come la Klugmann ne ha un tale rispetto, che ha persino paura a usare il suo coltello per timore di romperlo, pur sapendo che non può accadere.

Quindi ci tornano alla mente i versi di un’altra canzone, non sappiamo se a Michele piaccia: con lui, Valentina e Simone, smozzicando pecorino, abbiamo conversato di batteristi jazz. La canzone è Forever Young di Bob Dylan, i versi tradotti: «È difficile diventare vecchi senza un motivo / non voglio morire come un cavallo che fugge / la giovinezza è come i diamanti nel sole / e i diamanti sono per sempre».

 

Settembre Gastronomico: dove mangiare bene a Parma

Il fiore di zucca 'primaverile' di Felice Lo Basso

Sino al 27 settembre, la ‘petite capitale’ celebra la Food Valley con una serie di eventi, aperti al pubblico, legati alle sua tradizione e ai grandi prodotti del territorio. Un’occasione imperdibile per (ri)scoprire la cucina locale. Ecco dove

Petite Capitale è sempre stata, da quando – nella prima metà dell’800 – fu il cuore del Ducato di Maria Luigia d’Austria, seconda moglie di Napoleone Bonaparte. Sino al 27 settembre si può ben dire che Parma diventa la capitale del cibo italiano, grazie a ‘Settembre Gastronomico’,  manifestazione che racconta la Food Valley attraverso le sue eccellenze gastronomiche. E’ l’espressione di sei filiere: le DOP Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma, la pasta, il pomodoro, il latte e le alici. Un mix di tradizioni, artigianalità e passione che la rende Parma una realtà unica al mondo, come riconosciuto da UNESCO, che nel 2015 ha elevato la città ducale nell’Olimpo delle Creative Cities of Gastronomy: è stata la prima città italiana a ricevere questo riconoscimento, seguita poi da Alba. Il progetto ‘Settembre Gastronomico’ ha una natura corale, con l’alleanza  tra Istituzioni, Consorzi di Tutela, aziende alimentari e mondo della ristorazione. I promotori sono Comune di Parma e Fondazione Parma UNESCO Creative City of Gastronomy.

C’è anche una Tasty Box

Tante le iniziative, aperte al pubblico, che si possono scoprire nel sito ufficiale della manifestazione. Forse la più interessante, il 24 settembre, è  In cucina con Verdi, spettacolo messo in scena da Gianmaria Aliverta  per quella di svelare un lato del Maestro, la sua natura di raffinato amante della cucina. Il menu  a 75 euro, per l’evento al Bersò, sarà a cura del team di  Parma Quality Restaurants che comprende 30 ristoratori. Detto che ogni settimana di settembre sarà dedicata a una filiera rappresentativa della Food Valley parmense con proposte a tema in vari ristoranti, si è pensato ai foodie in arrivo con una simpatica idea. Chiunque soggiornerà in una delle strutture ricettive cittadine per una o più notti – purché il periodo comprenda il sabato riceverà una ‘Tasty Box – I Sapori della Food Valley’: un ricordo della gita ma anche un invito a sperimentare in cucina nella propria casa, nel segno dei sapori della città ducale. All’interno, infatti, gli ospiti potranno trovare le DOP Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma, pasta, conserve di pomodoro, panna e le alici di Parma.

Che prodotti!

Ma il meglio – tra una lunga passeggiata nel centro storico e le mostre d’arte – è che ci si può felicemente dedicare alle gioie del palato. La summa è composta dai salumi tipici (Culatello di Zibello, Prosciutto Crudo di Parma, Salame di Felino, Spalla di San Secondo, Coppa di Parma…) da abbinare alla torta fritta; i tortelli di erbette – qui argomento di eterne discussioni sulle sfumature per realizzarli – e gli anolini; il bollito misto e lo stracotto; la torta Maria Luigia e i tortelli dolci preceduti ovviamente da qualche scaglia di Parmigiano Reggiano, se invecchiato ancora meglio. Ecco la nostra selezione di locali, giustamente non solo tipici, dove vi troverete benissimo.

 

Antica Osteria della Ghiaia

In Piazza Ghiaia, a pochi passi dal mercato storico della città, dal 1950 offre buona cucina parmigiana: molto amati i cappelletti alla parmigiana e la Vecia (la vecchia: piatto che ha come ingrediente principale il pesto di cavallo macinato).

Parmarotta

Mutua il nome dal quartiere: in passato, le piene della Parma (torrente) rompevano qui frequentemente gli argini. Rinomato, oltre che per le paste ripiene, anche per specialità allo spiedo e alla brace, rigorosamente di legna. Su richiesta, anche masterclass in cucina, per imparare a preparare piatti tipici come come i tortelli di erbetta.

I Tri Siochètt

L’insegna significa ‘I tre sciocchi’ in dialetto. Appena fuori città, è un’istituzione della cucina parmigiana. Offre la migliore tradizione culinaria locale: spalla cotta, tortino di borragine, salumi e gnocco fritto, paste ripiene. Aperta da più di 25 anni.

Osteria Virgilio

Virgilio si definisce ‘oste resistente’ alle mode ed è contrario alla filosofia del Km 0: se è giusto guardare vicino (ampia selezione di formaggi, salumi e vini locali), lo è altrettanto allungare lo sguardo alla ricerca del buono. Rispetto agli altri locali, ha la particolarità di trovarsi in Oltretorrente, la Parma del popolo.

Ristorante Cocchi

Parma in tavola, si potrebbe dire: un locale imperdibile per chi ricerca i sapori della tradizione. Locale fondato nel 1925 da Paride Cocchi e ora gestito da Corrado Cocchi e dal figlio Daniele. Tra le specialità: anolini in brodo; paste, tutte rigorosamente tirate a mano. Imperdibile il carello dei bolliti misti

Cortex Bistrot

Propone una ‘nuova cucina italiana’, mutuando ingredienti da altre culture. Lo chef Simone Devoti, affiancato da Diego Sales, ha lavorato diversi anni a Londra alla Locanda Locatelli. Ambiente informale, piatti godibili e contemporanei.

Antichi Sapori

Classica trattoria di campagna, che coniuga semplicità, calore familiare e una buona cucina, incentrata sulle specialità del territorio. Offre anche una verticale di Parmigiano Reggiano DOP con stagionature 30, 40 e 72 mesi. In cucina c’è Davide Censi.

L’Inkiostro

L’eccezione che conferma la regola: in una delle terre più legate alla tradizione, lavora uno dei maggior chef creativi in Italia ossia Terry Giacomello. La sua è cucina senza frontiere, super tecnica, ma non risparmia belle provocazioni al territorio.

Maison du Gourmet

Lo chef è Vincenzo Dinatale, che ha lavorato in grandi ristoranti: propone un menu degustazione di quattro portate (Omaggio alle Petit Paris) che esalta le tradizioni culinarie e i prodotti d’eccellenza del territorio, in modo innovativo. L’ambiente è raffinato e suggestivo, in località Coloreto.

Parizzi

Stellato da oltre 40 anni, è il ristorante per eccellenza di Parma, grazie alla bravura dello chef-patron Marco Parizzi. La tradizione non viene dimenticata ma è più interessante assaggiare piatti eclettici e di classe quale la Faraona in crosta di frutta secca con patate, cipollotti e champignon.

Ai Due Platani

Nella frazione di Coloreto c’è una delle trattorie emiliane ai vertici, regno dell’esperto Giancarlo Tavani. La ‘trimurti’ formata dai grandi salumi del territorio, le paste ripiene e il monumentale gelato alla crema è nota a tutti i gourmet italiani. Solida la cantina, che spazia dai vini locali a quelli d’Oltralpe.

Anna in Casa: ricette e non solo: Taralli intrecciati con glassa

Anna in Casa: ricette e non solo: Taralli intrecciati con glassa

 

Tutto prima o poi si sistema e anche se le cose non tornano come prima, basta prendere dalle nuove situazioni il meglio che si può. Se poi aggiungi un po’ di dolcezza sei sicura di essere sulla strada giusta per affrontare le cose.

Ingredienti

125 g di farina 00

30 g di strutto o in alternativa burro

45 g di zucchero semolato

1 cucchiaino di scorza di limone

5 g di succo di limone

5 g di ammoniaca per dolci o in alternativa

      4 g di lievito per dolci e la punta di un cucchiaino di bicarbonato

20-25 ml di latte a temperatura ambiente

1 uovo medio

per la glassa

60 g di zucchero a velo

1 cucchiaino di succo di limone

2 cucchiaini circa di latte a temperatura ambiente 

Procedimento 

Scaldare il forno a 180° C e foderate con carta forno una teglia.

In una ciotola Versare la farina, aggiungere lo strutto e con le mani iniziare a sbriciolare i due ingredienti.

Unire lo zucchero, il latte ( iniziare con 20 ml e se poi necessari unire gli altri 5), il succo di limone, la scorza, l’ammoniaca per dolci ( o il lievito), l’uovo e l’estratto di vaniglia.

Mescolare il tutto ed iniziare ad impastare fino ad ottenere un composto omogeneo. 

Trasferire il composto sulla spianatoia leggermente infarinata e formare un panetto di frolla ( deve risultare leggermente più morbida di quella classica).

A questo punto prendere un pezzo di frolla e formare un grissino spesso circa un centimetro, ripiegarlo su se stesso, intrecciarlo e unire le estremità a formare una ciambellina.

Adagiare mano a mano le ciambelline sulla leccarda da forno prima preparata, distanziandole leggermente. 

Infornare e cuocere per circa 15 minuti.

Una volta dorati, sfornare i taralli e lasciarli raffreddare.

Preparare la glassa mescolando gli ingredienti previsti, fino a formare una cremina .

Intingere la parte superiore dei taralli nella glassa e attendere che si solidifichi prima di servire i biscotti.

Conservare i taralli in una scatola di latte.

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