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» Frittata alla feta – Ricetta Frittata alla feta di Misya

Misya.info

Tagliate la feta a cubettini e le olive a pezzetti.

Lavate i pomodorini e tagliate anche questi a dadini.

Sbattete le uova con pochissimo sale, quindi unite feta, parmigiano, pomodorini, olive e capperi e amalgamate.

Versate il composto nello stampo rivestito di carta forno e cuocete per 25 minuti circa ( o fino a doratura) a 170°C in forno ventilato già caldo.
In alternativa, cuocetela in padella antiaderente con poco olio e girandola quando l’uovo si sarà rappreso per far dorare anche il secondo lato.

La frittata alla feta è pronta, servitela calda, tiepida o anche fredda.

La zuppa di pesce (italiana) come la fanno a NYC

La zuppa di pesce (italiana) come la fanno a NYC

L’idea da copiare… da un ristorante di Brooklyn. L’Antica Pesa di Francesco Panella prepara piatti tipicamente italiani, presentati in chiave gourmet. Ma facilissima da replicare

Negli anni novanta l’avrebbero chiamata “zuppa di pesce scomposta” perché gli ingredienti vengono cucinati separati, per essere assemblati nel piatto. Ma non per un vezzo estetico, bensì per lasciare al pesce io proprio sapore e la giusta consistenza e fare in modo che il pane non si sfaldi. La tradizione italiana è tutta nel piatto, ma avere una trattoria non significa per forza essere pressapochisti! In Italia pensiamo un po’ di sì, che casalingo sia sinonimo di tradizione e che tutto ciò sia servito con una mestolata sia necessariamente più buono. I fratelli Panella però, sia a Roma che a New York hanno dimostrato il contrario.

Il loro ristorante si chiama Antica Pesa ed è uno dei ristoranti storici della Capitale. Dal 1922 nel cuore di Trastevere, è gestito dalla famiglia Panella, che l’ha trasformata da osteria di quartiere a ristorante affermato in tutta la città. I Panella sono ora alla quarta generazioni, quella di Simone, in cucina, e di Francesco, i fratelli che hanno portato l’Antica Pesa sino a New York. Nel 2012 infatti hanno aperto a Brooklyn e nel 2019 Feroce, concept restaurant aperto dal mattino alla sera all’interno dell’hotel Moxy NYC Chelsea.

A Roma e New York il menu segue la grande tradizione romana: trippa alla romana, spaghetti cacio e pepe, saltimbocca e tutto il repertorio, con qualche piatto classico e qualcuno rivisitato in una chiave contemporanea nelle presentazioni e in qualche abbinamento. Si mangia orgogliosamente italiano e una cucina italiana di oggi. Come questa zuppa di gamberi, calamari, seppie e polpo servita con pane tostato e finita al tavolo con brodo di pomodorini e basilico.
Questo tradizionalmente verrebbe preparato cuocendo i pesci tutti insieme, ma per evidenziare il profilo aromatico individuale di ogni varietà di pesce, vengono cucinati singolarmente anziché insieme tutti nella stessa pentola. Ciò consente a ogni pesce di mantenere la consistenza e sapore.

Ecco la ricetta, direttamente dalla Grande Mela

Ingredienti per 4 persone

10 gamberi
1 branzino
1 polpo
5 calamari
5 seppie
10 ml di colatura di alici
1 kg di pomodoro San Marzano
1 cipolla
Basilico qb
vino bianco
fette di pane tostato

Procedimento

Prepara il brodo facendo cuocere pomodori, cipolla, basilico e vino bianco, lasciandoli sobbollire per almeno mezzora. Alla fine, aggiungi la colatura di alici.
Cuoci ogni pesce singolarmente nel brodo, in modo da rispettare i tempi di cottura di ogni pesce. Mano a mano, aggiungi i pezzi di pesce in una pentola separata e mantieni il brodo separato. Al momento di servire, posiziona un pezzo di pane tostato molto croccante, disponici sopra i pezzi di pesce cotti e versaci sopra il brodo.

Franco Pepe in campo contro il coronavirus

Franco Pepe in campo contro il coronavirus

Il pizzaiolo di Caiazzo ha dato vita a due iniziative di solidarietà, da un lato una raccolta fondi per l’Ospedale di Caserta, dall’altro tiene il forno della pizzeria Pepe in Grani acceso per preparare pizza, pane e dolci da donare a chi ne ha bisogno

“Abbiamo cominciato regalando prodotti preparati con tutto ciò che avevamo di deperibile in cucina e poi abbiamo continuato a tenere un forno acceso per donare a chi ne ha bisogno”. Che Franco Pepe avesse un cuore d’oro chi lo conosce, anche da prima dell’emergenza Coronavirus, lo sapeva già. Come dice lui, ce l’ha nel Dna: il nonno, panificatore al tempo della Seconda guerra mondiale, imbrogliava a fin di bene sui quantitativi di pane da distribuire con la tessera annonaria. “Nonno rischiava, perché gli controllavano perfino i quantitativi di farina utilizzati, ma lui, una volta dati i 150 g di pane a chi la tessera ce l’aveva, riusciva sempre a tenere da parte un po’ di pane per chi aveva bisogno”.

Franco, dal canto suo, non appena la situazione ha cominciato a diventare più tesa, si è informato sui bisogni dell’Ospedale di Caserta. Per prima cosa si è messo in contatto con il sindaco di Castel Campagnano, Giuseppe Di Sorbo, che ha una fabbrica che produce ventilatori polmonari. “Da lui abbiamo acquistato praticamente a prezzo di costo un ventilatore polmonare e le prime 40 mascherine per l’Ospedale di Caserta. Questa prima operazione l’ho fatta come Franco Pepe e Pepe in Grani, ma anche i piccoli produttori della zona, con cui collaboro da anni, hanno voluto partecipare all’iniziativa”.

Intanto Franco, per proseguire la sua attività benefica a favore dell’ospedale, si è messo in contatto con un’associazione e ha lanciato una raccolta fondi su una nota piattaforma. Il secondo obiettivo di donare altre 500 mascherine è già stato raggiunto e Pepe è al lavoro per questo, anche se non mancano i problemi. “Stiamo capendo se sono certificate, se vanno bene per l’ospedale, certo non è facile per me, io faccio il pizzaiolo, ma tenermi impegnato mi tiene vivo. Inoltre ci tengo a specificare di essere convinto che ha ragione chi dice che la beneficenza si fa in silenzio, ma se ho comunicato le mie iniziative è per farmi promotore di un bisogno vero della sanità campana e casertana in particolare, con la consapevolezza che questo male si vince solo unendo le forze e facendo squadra”.

Ugualmente Franco Pepe ammette di tenersi impegnato tenendo il forno acceso. “Siamo io e tre miei collaboratori, due ragazzi egiziani e un ucraino, abitiamo uno accanto all’altro e praticamente siamo una piccola famiglia, pranziamo insieme, oggi ho fatto pasta e piselli”. La giornata, afferma Franco, è strutturata così: un po’ di tempo si dedica alla sperimentazione in vista di un’agognata riapertura, il resto del tempo si producono lievitati per chi ne ha bisogno con uno dei due forni che è rimasto acceso nonostante sia chiusa la pizzeria.

Il pane, la pizza, la pizza fritta, i biscotti, la brioche che faceva mio nonno: stiamo facendo i nostri lievitati da donare ad associazioni come L’Angelo degli ultimi di Caserta, che si occupa di portare un pasto caldo ai clochard della stazione di Caserta, che sono 70-80 persone in seria difficoltà”. Oppure ai centri anziani della zona, dove Franco Pepe manda le sue prelibatezze per dare una giornata di gioia a chi si sente solo in questo momento. Un impegno che gli è valso il plauso via social anche di esponenti del Governo, come la ministra Teresa Bellanova.

Anche in questa iniziativa sono tanti gli amici di Franco Pepe che si stanno facendo avanti per collaborare. “Per adesso”, “ce la facciamo con il nostro magazzino e stiamo dicendo di no alle offerte di prodotti per evitare troppi spostamenti, ma chiaramente tutto dipende da quanto sarà lunga l’emergenza”. E a proposito di magazzino, Franco ammette che il fermo forzato gli ha dato l’opportunità di scavare nella sua dispensa alla scoperta di tutti i prodotti che nel tempo gli avevano mandato da testare. “Di solito siamo troppo affannati per aver tempo di prendere in considerazione questi prodotti, ma adesso stiamo approfittando di questo tempo libero per tirare tutto fuori dagli scaffali e fare una riflessione sulle materie prime”.

Non manca la riflessione anche sugli accorgimenti del post-emergenza. “Stiamo studiando quali altri accorgimenti possiamo mettere in campo per far tornare il pubblico in sicurezza, quando sarà possibile. Tuttavia, l’attenzione all’igiene è un tema che non mi coglie impreparato. Avevamo le colonnine di Amuchina già dal 2012, sanificavamo i tavoli di marmo a ogni cambio già con molta attenzione e già utilizzavamo mascherine e guanti per manipolare gli ingredienti. Adesso voglio intervenire con ulteriori dispositivi di sicurezza, diminuiremo certamente i tavoli e lavoreremo sul problema della fila nel vicolo, che bisogna azzerare per evitare gli assembramenti”.

Franco non nasconde di essere il primo ad avere paura del Coronavirus. “Fino a pochi giorni fa, prima del lockdown, siamo stati tutti a contatto con 200-300 persone a sera e abbiamo dato vita a una chat con tutti i dipendenti per dirci se qualcosa non va bene. Personalmente, anche io ho paura, ma mi arrivano da tutto il mondo un sacco di messaggi che mi dicono di tenere duro e questo mi fa forza”.

Per partecipare alla raccolta fondi clicca su Raccolta per Az. Osp. S.Anna e S. Seb. Caserta.

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