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Tutti i segreti dello Spritz (alla veneta) | La Cucina Italiana

La Cucina Italiana

Ingredienti

3 parti di Prosecco
2 parti di bitter (Aperol, Select o similari)
1 di soda o acqua molto gassata
1 fetta di arancia
1 oliva verde sott’aceto
ghiaccio

Partite sempre dal ghiaccio, e usatene in abbondanza: questo raffredderà il bicchiere e, se messo prima di tutti gli altri ingredienti e non alla fine, non farà evaporare le bollicine del Prosecco. Quindi versate il prosecco, unite la soda. Per rendere più aromatico lo Spritz, potete inserire, oltre alla classica fettina di arancia (meglio bio, per via della buccia) anche un po’ del suo succo e una spolverizzata di buccia grattugiata. Mescolate brevemente, con un bastoncino o cucchiaio da cocktail, infine inserite uno stecchino con un’oliva verde sott’aceto e servite.

3 parti di Prosecco
1 parte di sciroppo di Sambuco
1 parte di soda
1 lime biologico
menta fresca
ghiaccio

Per questa variante di Spritz, il segreto è lo sciroppo di sambuco, meglio se realizzato in casa, con i fiori raccolti in stagione. In alternativa, optate per un buon prodotto artigianale: sarà fondamentale per la buona riuscita di questa variante.

Il rito del tramezzino

Uno degli abbinamenti classici con lo Spritz? Il tramezzino imbottito, senza dubbio. Anche qui tantissime le varianti: triangolare ed esageratamente imbottito (sono detti “panciuti”) al centro come si usa nei migliori bacari (gli storici bar) di Venezia . Oppure rettangolare alla maniera padovana, ben imbottito e piastrato, come un toast, come vi proponiamo qui.

Ecco qualche segreto per preparare uno street food che, se fatto bene, sarà davvero sfizioso.

Prima di tutto prediligete pancarrè senza crosta, da tramezzini appunto, e farcitelo in modo uniforme, distribuendo internamente un velo di maionese o maionese mista a senape. Il ripieno, che siano affettati, formaggi o verdure, deve essere composto da tanti sottili strati: questo renderà il morso piacevole e fragrante. Una volta farcito il tramezzino, schiacciatelo, delicatamente e leggermente, con un batticarne, magari ponendovi sopra un po’ di pellicola per alimenti per rendere più facile l’operazione.

Infine piastrate il vostro tramezzino oppure scaldatelo in una padella leggermente unta con olio extravergine e burro: questo creerà una piacevole crosticina esterna e fonderà, nel caso del formaggio, la farcitura, rendendo irresistibile il risultato finale.

Qualche abbinamento classico per la farcitura? Porchetta e Asiago, oppure cavolo cappuccio e Soppressa, un classico salume veneto a pasta morbida. E ancora, prosciutto cotto e verza stufata.

La leggenda dello Spritz e la ricetta di Roberto Pellegrini | La Cucina Italiana

La leggenda dello Spritz e la ricetta di Roberto Pellegrini
| La Cucina Italiana

Ogni bella storia ha una leggenda. La leggenda dello Spritz, che fa risalire la nascita del cocktail alla dominazione austriaca nel lombardo-veneto tra fine Settecento e inizio Ottocento, è tra queste. Ma è, appunto, solo una leggenda dello Spritz, sottolinea Roberto Pellegrini, fra i massimi esperti italiani del cocktail Iba. «Ci può anche stare che gli austriaci allungassero con l’acqua i vini per renderli più leggeri, ma la storia dello Spritz è molto più veneta e molto più recente. Comincia con l’ombra di vino che i nonni veneti bevevano nelle osterie accompagnandola con i cicheti», dice.

Una vita da bartender passata a Venezia tra il Caffè Florian, l’Hotel Danieli e il Gritti Palace dove ha servito da bere a personaggi come Carolina di Monaco, Marta Marzotto e Bono Vox, Roberto Pellegrini (che, per inciso, è anche il papà della Divina Federica) ha raccontato la genesi dello Spritz al Flores Cocteles del Portenho Prohibido, cocktail bar milanese che ha deciso di dedicare quasi tutta la sua cocktail list ai “classici”.

Dall’ombra di vino all’alba dello Spritz

«Fare il giro delle osterie era il modo di stare insieme per i nonni veneti che, una volta in pensione, si ritrovavano per chiacchierare. In ognuna delle osterie bevevano un’ombra di vino e chi rimaneva ultimo pagava da bere a tutti», racconta Pellegrini. L’ombra di vino equivale a 100 cl e, considerato che il giro osterie non si fermava prima di aver ingurgitato 6 o 7 ombre, al ritorno a casa l’alito alcolico tradiva subito gli sfortunati che dovevano fare i conti con l’ira delle mogli.

«Il primo passo dal vino allo Spritz è l’aggiunta di un pezzetto di limone che serviva a mascherare l’odore dell’alcol. Il secondo, considerando che il vino delle osterie non era certo di prima qualità, fu aggiungere al vino qualcosa che ne cambiasse il gusto. La scelta quasi obbligata in un paese di liquoristi come l’Italia cadde sul Cynar e il Rabarbaro Zucca. Le proporzioni, poi, cominciarono via via a cambiare per alleggerire il carico alcolico del bicchiere», continua il bartender, oggi formatore professionale.

La rivoluzione del ghiaccio e dell’Aperol

I “colpevoli” della trasformazione dell’ombra di vino macchiata in Spritz sono due: il ghiaccio e l’Aperol. «Negli anni Sessanta l’azienda che produceva l’Aperol (che nel 1920 era un tonico per tirarsi su usato anche per combattere l’influenza) stava per fallire e fu acquisita da “mamma” Campari che portò l’Aperol a un altro livello», ricorda l’esperto.

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