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Come fare il purè di patate

Il puré di patate è un grande classico della cucina casalinga: piace a tutti, soprattutto ai bambini, ed è un perfetto comfort food, forse proprio perché a tutti ricorda l’infanzia.

Quali patate scegliere per fare un buon purè

Per preparare un buon purè è fondamentale la scelta delle patate: devono essere “vecchie” (non usate quelle novelle che darebbero un purè colloso) e di pasta farinosa. Una volta cotte, queste patate risultano tenere e di grana grossolana, a differenza di quelle da insalata, che sono più “cerose”.

Ingredienti

Patate a pasta bianca g 500
Burro g 40
Latte caldo
Parmigiano grattugiato
sale fino, sale grosso, noce moscata

La ricetta del purè e i nostri consigli

Con le dosi suggerite nel tutorial in alto si prepara un purè da servire come contorno per circa 6 persone.
Lessate le patate, partendo da acqua fredda, per 40’ circa dal levarsi del bollore: saranno cotte quando, infilando un coltello, lo estrarrete facilmente.
Pelatele ancora calde e schiacciatele subito. Mettetele in una pentola, aggiungete il latte caldo, il burro, un pizzico di sale e, a piacere, noce moscata e poco grana grattugiato. Per variare la consistenza del purè aumentate o diminuite la dose di latte. Se vi piace ricco, sostituite una parte di latte con panna fresca. Mescolate sul fuoco fino a ottenere una crema soffice e sgranata, non collosa.

Strumenti

Esistono due tipi di schiacciapatate, uno a “L” e uno, più pratico e veloce, a leva, con disco forato. Non usate il passaverdure perché le patate si raffredderebbero e otterreste un purè colloso. La frusta è importante per rendere soffice il purè, incorporando aria.

Come lessare le patate

Secondo il metodo classico le patate si cuociono in acqua per circa 40’: mettetele in pentola con acqua fredda e fatele bollire con la buccia per evitare che assorbano troppa acqua; non serve salarla perché, con la buccia, non lo assorbirebbero. Si possono lessare anche a vapore: dato che non sono immerse in acqua, conviene pelarle e tagliarle a pezzi regolari, per una cottura più veloce e uniforme (circa 20’). In pentola a pressione: pelate le patate e tagliatele a pezzetti; mettetele nella pentola con 2 dita di acqua senza sale e cuocetele per 12’ dal fischio. E infine si può usare il forno a microonde, usando gli appositi contenitori.

Conservare e riciclare il purè

Potete conservare il purè che avanza in frigo per 3 giorni al massimo. Nel riutilizzarlo, trasformatelo perché sarà più buono: con tuorli e grana grattugiato otterrete delle crocchette da friggere; aggiunto a carne macinata di manzo ammorbidisce hamburger e polpette (100 g di purè su 300 g di carne); arricchito con prosciutto e formaggio è un ottimo ripieno per ravioli e cannelloni; infornato in uno stampo con uova, prosciutto e formaggio diventa un tortino, da consumare intero o a quadrucci, per aperitivo.

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Liguria: la farinata come si fa a Savona

Liguria: la farinata come si fa a Savona

Non c’è una sola farinata, in Liguria. Ecco al storia (o leggenda) di come è nata quella di ceci e quella di grano. E dove mangiarla buona a Savona

Non c’è forse nulla di più mediterraneo di tutte quelle preparazioni a base di farina di ceci, che troviamo dal Marocco alla Spagna, fino a Sicilia e Costa Azzurra con nomi diversi, ma forme e varianti simili. In Liguria, dove è comunemente nota come farinata, non esiste solo nella sua versione gialla di ceci, ma anche bianca di grano, seppur molto meno conosciuta. A preparare sia la gialla che la bianca è una delle più antiche sciamadde di Savona: Vino e farinata.

Vino e farinata, dal 1856

Antica sciamadda letteralmente significa “fiammata”, ma in Liguria, si sa, indica quei luoghi che sanno di legno e di fritto, dove si prepara e vende la farinata, caratterizzati dalla presenza di un grande forno. I produttori di farinata vengono chiamati fainòtti in lingua ligure o farinotti in italiano, proprio come la famiglia Parodi che lo aprì alla fine dell’Ottocento e che lo portò avanti per varie generazioni. Dal 1978 la gestione passò a Giorgio Del Grande fino al 2016, quando invece passò nelle mani degli attuali proprietari: Luca Tortarolo, Andrea Zampino e sua mamma, la signora Tiziana Calandrone.

Socca, calentita, cecina, panelle e belécauda

Quella sottile torta salata che si prepara con farina di ceci, acqua, sale e olio sembra ripercorrere i confini, seppur labili, del Mediterraneo: in Costa Azzurra, in particolare a Nizza c’è la socca, a Gibilterra la calentita, come in Marocco; in Sicilia pane e panelle (le panisse liguri)in Toscana è la cecina, in Piemonte la belécauda e così via fino alla farinata, o meglio fainâ in Liguria (così come in Sardegna), dove si trova anche bianca. Sulla sua origine concordano quasi tutti su Genova: secondo una leggenda, pare infatti che su un’imbarcazione genovese durante una tempesta si rovesciarono alcuni sacchi di ceci e farina; questi si asciugarono poi al sole, dando vita a una specie di farinata che per la fame i marinai a bordo mangiarono, trovandola buonissima. Da quel giorno non avrebbero mai smesso di cucinarla, sia a Genova che a bordo, diffondendola così per tutto il Mediterraneo.

Farinata bianca di grano

La farinata bianca, invece, è molto meno famosa e diffusa, infatti si trova solo a Savona. Sulla sua nascita ci sono varie ipotesi, ma la più accreditata sostiene che fu inventata intorno al 1528 nel savonese, quando sotto il dominio dei genovesi vennero emessi dei dazi sulla farina di ceci. Così, a Savona, iniziarono a prepararla solo con il grano: la farinata bianca avrebbe quindi un’origine più recente di quella gialla di ceci (mentre secondo altre versioni sarebbe il contrario). Certo è che anche quando i dazi furono tolti, continuarono a prepararla allo stesso modo: con farina 00 di buona qualità, senza glutine aggiunto, poi impastata con acqua e sale e versata su una teglia ricoperta di olio. L’importante è versare la giusta dose d’impasto, ma questo lo sanno solo le mani dei fornai esperti come Luca e Andrea di Vino e farinata: «Solo in questo modo potrà venire come deve venire, cioè morbida sotto, croccante sopra, non cruda all’interno e ben cotta, insomma della giusta consistenza». Inoltre, Luca ci svela che il segreto è utilizzare un certo tipo di legna e cuocerla a 400°; per questo quando si fa la farinata bisogna fare solo la farinata e nello stesso forno non si può cuocere anche la pizza. L’abbinamento consigliato da Vino e farinata è con formaggettaprosciutto crudo e un calice di rosé.

Tortelasso, o turtellassu

Ma in realtà non si è costretti a scegliere tra la bianca e la gialla (il classico dilemma che si vive appena varcata l’entrata di Vino e farinata), poiché esiste una terza opzione. Infatti, la storia narra che quando hanno tolsero i dazi sui ceci, si iniziò a preparare la farinata con un mix delle due farine, dando origine a quello che oggi si chiama appunto tortelasso. Il risultato è una via di mezzo tra la farinata di ceci e di grano, molto simile a entrambe, che potete richiedere su ordinazione. Quasi sicuramente vi verrà servita in accompagnamento al baccalà, l’accoppiata che Luca e Andrea prediligono maggiormente.

Le varianti del mercoledì e del giovedì

Tutti i mercoledì Luca e Andrea propongono la farinata di grano e di ceci in alcune varianti, quali rosmarino, gorgonzola, salsiccia o cipolla. Il giovedì, invece, è la serata dedicata alla riscoperta di antiche ricette liguri, come ad esempio le tomaxelle, che sarebbero degli involtini di carne con ripieno di erbe ligure e polenta bianca; la buridda di stoccafisso o di seppie con patate piselli; o, ancora, le sarde ripiene, che invece non mancano mai nel menu insieme ad altri classici liguri di pesce e carne. Ma Vino e farinata resta un luogo di casa, quindi per ogni richiesta vi basterà fare un colpo di telefono e chiedere: su ordinazione vi prepareranno con piacere qualsiasi cosa, a maggior ragione se della tradizione ligure.

» Biscotti alle nocciole – Ricetta Biscotti alle nocciole di Misya

Misya.info

Innanzitutto tritate finemente le nocciole (solo i 120 gr: ricordate di conservare intere le nocciole per la decorazione) e mettetele da parte.
Unite in una ciotola uovo, olio, vaniglia e zucchero e amalgamate.
Aggiungete le nocciole tritate e mescolate, infine incorporate anche farina e lievito.

Lavorate velocemente fino ad ottenere un impasto compatto e lavorabile.

Dividete l’impasto in palline delle stesse dimensioni (io ne ho fatte 16, ma se preferite dei biscotti più piccini o più grandi basta variare il numero delle palline).
Poggiate le palline, ben distanziate tra loro, sulla teglia rivestita di carta forno e schiacciatele uniformemente per formare dei dischetti non troppo sottili, quindi decorate con le nocciole tenute da parte.
Cuocete per circa 10-15 minuti (o fino a doratura) a 180°C, in forno ventilato già caldo.

I biscotti alle nocciole sono pronti, non vi resta che farli almeno intiepidire prima di servirli.

Ricerche frequenti:

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