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La top 10 dei prodotti vegani per barbecue

La top 10 dei prodotti vegani per barbecue
Beetroot burger di Gosh
Fiorentina Muscolo di Grano
Bistecche vegetali Topas
Il cheddar vegano di Sainsbury’s
Marshmallows Freedom
Sasiccia vegana arrotolata Topas
Burger pomodoro e olive Sojasun
Seitan bio Granarolo
Le salsicce vegane Topas

L’estate, gli amici, la griglia che va e le bottiglie di birra che si stappano. Ci sono tutti gli ingredienti per una serata indimenticabile, ma forse ai commensali vegani toccherà accontentarsi di peperoni, zucchine e melanzane alla griglia.
Ma chi ha detto che il barbecue è un’esclusiva dei carnivori?

Parola d’ordine: esagerare

Per sfatare ogni mito è bene cambiare da subito approccio. Le ricette vegane non sono fatte per rinunciare al gusto, ma per rispettare una scelta alimentare. Dunque un hamburger vegano può essere ricco tanto quanto uno classico o persino contenere qualche ingrediente in più. Via libera allora all’uso di salse, spezie, verdure fritte e creme gustose a base di frutta secca. Anche le ricette che non prevedono la creazione di un panino potranno essere arricchite da dressing, composte e salse di accompagnamento.

Marinare? Sì, grazie

Se la marinatura può non essere una priorità nella griglia tradizionale, lo è certamente quando ci apprestiamo a mettere sul fuoco prodotti vegani come seitan e tofu. Dotati di un sapore molto delicato, non hanno i grassi necessari a rendere la cottura “emozionante” sulle braci: dunque si aspettano da noi un aiuto extra. Prepariamo con anticipo una marinata con un’emulsione agre come quella con olio extravergine d’oliva, lime e pepe nero, aromatica come quella con olio extravergine d’oliva, aglio e rosmarino o piccante. In quest’ultimo caso dosate bene olio extravergine d’oliva, peperoncino e aglio fresco.

Via libera alle verdure, ma con stile

La classica abitudine di ungere le verdure e bruciacchiarle sul fuoco è per chi le considera una parte poco importante della grigliata. Ma se siete vegani, e ne conoscete il grande gusto, valorizzatele. Mondate le zucchine e le melanzane tagliandole in fette regolari, mentre lascerete interi i peperoni e le pannocchie. Mettete a cuocere per primi i peperoni che toglierete solo quando risulteranno cotti con la pelle bruciacchiata che si stacca dalla polpa. Li pelerete, eliminerete semi e picciolo e li condirete con olio extravergine, sale e aglio. Le zucchine e le melanzane, invece, dopo che saranno state grigliate al naturale con solo una piccola aggiunta di sale grosso, dovranno essere condite con due emulsioni differenti. Olio extravergine d’oliva, pepe nero e timo per le melanzane, olio extravergine, aglio e mentuccia per le zucchine. Per le pannocchie, una volta ben abbrustolite, basterà solo un pizzico di sale.

Nella gallery qui sotto, 10 prodotti top per un barbecue vegano (con una piccola sorpresa dolce)

Beetroot burger di Gosh
Fiorentina Muscolo di Grano
Bistecche vegetali Topas
Il cheddar vegano di Sainsbury’s
Marshmallows Freedom
Sasiccia vegana arrotolata Topas
Burger pomodoro e olive Sojasun
Seitan bio Granarolo
Le salsicce vegane Topas

Il cono gelato da 70 euro si mangia a Ruvo di Puglia

Il cono gelato da 70 euro si mangia a Ruvo di Puglia

Per chi viaggia alla ricerca dei luxury food (dall’inizio di giugno si potrà tornare a farlo), la gelateria Mokambo è una tappa irrinunciabile. Qui si può gustare lo Scettro del Re, un cono da 70 euro fatto solo con gelato di zafferano iraniano

Sentirsi reali a tavola è possibile. Ce lo ha insegnato Gualtiero Marchesi con il suo Riso, oro e zafferano. Ma una foglia d’oro da sola, senza materie prime eccezionali, è niente. Lo sanno bene Franco, Giuliana e Vincenzo Paparella che nella loro gelateria Mokambo, a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, hanno creato lo Scettro del Re, un cono da 70 euro fatto con gelato allo zafferano, panna e oro alimentare. E non è quest’ultimo, l’ingrediente più costoso.

Gelateria Mokambo: dai Borbone alla quarta generazione dei Paparella

La storia di Gelateria Mokambo inizia nel 1910, quando Luigi Marseglia, garzone prima, poi capo di pasticceria del Caffè Gambrinus di Napoli, si trasferisce a Ruvo di Puglia, per seguire la sua sposa pugliese. «È lui è il pazzo che ci ha infettati di questa malattia», racconta Franco Paparella». Qui apre il suo Caffè Gambrinus, uno dei bar simbolo del secolo scorso in città, e prende sotto la sua ala Vincenzo Paparella senior. Proprio lui, l’8 novembre 1967, in corso Carafa 56, apre il Bar Mokambo, dove vivono le ricette dell’arte bianca di Marseglia. Nel locale lavorano Franco e Antonio, i due figli di Vincenzo. Alla sua morte, i fratelli si dividono: Antonio resta nel Bar Mokambo e Franco intraprende un’avventura nel mondo della ristorazione. Negli anni Novanta il bar chiude, ma la nostalgia condivisa per quel gelato eccezionale non si placa. Galeotto fu Facebook. Una utente pubblica un post in cui ricorda quel locale e le sue delizie. Il messaggio cade sotto gli occhi dei fratelli Giuliana e Vincenzo Paparella, figli di Antonio, che iniziarono a fantasticare sul riaprire la gelateria di famiglia. Ma la chiave di tutto era convincere zio Franco, appassionato di donne e motori, ma soprattutto abile maestro gelatiere, a rimettersi in pista. Ce la fanno e riaprono alla fine dell’estate 2016, «una scelta imprenditoriale vincente!», scherza Giuliana. Vincenzo si occupa del marketing, sua sorella “ruba” il mestiere al maestro di lungo corso e si occupa del servizio e della produzione, mentre ancora oggi zio Franco – come lo chiama chiunque entri nel mondo Mokambo – si sottrae ai fotografi e non ama la ribalta. Ma fa un gelato che marchia a fuoco le papille gustative.

Otto gelati e ingredienti “d’Altri Tempi”

Nei pozzetti ci sono otto gusti (elencati da Giuliana rigorosamente in ordine cromatico): Crema del Re 1840 (la ricetta del 1840 tramandata da Luigi Marseglia e premiata dal Re Ferdinando II di Borbone), Torrone croccante di mandorle (con frutti locali, «Ruvo è da sempre un territorio vocato per la coltivazione delle mandorle», spiega Giuliana), Pistacchio di Bronte DOP, Nocciola delle Langhe IGP, Gianduia IGP, Cioccolato Puro (ottenuto da venti fave di cacao differenti, selezionate in giro per il mondo; viene proposto il gusto monorigine o creato con un blend di fave), Tartufo (cioè la variante speziata del cioccolato). Alcuni gusti ruotano durante l’anno: c’è il Caffè superior, la Granita di Limoni di Sorrento IGP (disponibile da maggio a settembre), il Gelato di Gelsi rossi, quello alla Mela cotogna, e il Nonna Lena, fatto con fichi secchi, scaglie di mandorle e pepite di cioccolato puro 100 per cento). Ogni cono viene guarnito con panna («rigorosamente fresca, di origine animale»), granella di mandorle, granella di Pistacchio di Bronte DOP, di Meringhe home made e di Fave di cacao in abbinamento a quelle usate per il gusto al cioccolato disponibile nel pozzetto in quel momento.

Dalle Ricette di Marsiglia al Libro di Ciocca passando allo Zafferano Iraniano

Nei primi anni del secolo lo stesso Luigi Marsiglia collaborò con l’invio di alcune delle sue ricette alla stesura del volume Il Pasticciere e Confettiere Moderno, scritto da Giovanni Ciocca, probabilmente uno dei più famosi pasticceri del XX secolo. Alcune di queste ricette, prevedevano l’utilizzo di ingredienti esclusivi come lo zafferano, appunto, in quel periodo comune solo nelle cucine delle più importanti famiglie. La diffusione di questo ingrediente “al grande pubblico” risale a partire dal 1860 grazie all’introduzione a opera del cavalier Giuseppe Alberti del liquore Strega. È infatti questa spezia che conferisce il caratteristico colore gallino al liquore di Benevento.

Scettro del Re.
Scettro del Re.

Perché questo è il miglior zafferano

Lo zafferano viene valutato in base a 3 parametri: il potere colorante, dato dalla crocina, quello odoroso, dato dal safranale, e quello amaricante, dato dalla picrocrocina. I valori in termini comparativi dello zafferano coltivato in Italia e quello utilizzato presso la gelateria Mokambo parlano chiaro. Lo zafferano iraniano scelto dal team Paparella contiene 233 nm di crocina, quindi ha un colore più intenso, rispetto a quello noto come 1 cat. in ISO3632, che ne ha 190 nm. La quantità di safranel nello zafferano di 1 cat. in ISO3632 è di 70 nm; quello iraniano utilizzato da Mokambo arriva a 100 nm. Quindi ha un profumo più intenso. La picrocrocina dello zafferano di 1 cat. in ISO3632 si attesta tra i 20 e i 50 nm, mentre quello iraniano arriva a 35 nm. «La principale differenza tra lo zafferano made in Italy e quello che usiamo noi è la nota amara, molto marcata, quel sapore metallico della spezia», spiega Giuliana Paparella. «Il primo assaggio del nostro gelato allo zafferano è sì leggermente metallico, ma poi inizia subito a liberare note agrumate e floreali. Se lo zafferano italiano costa un terzo rispetto a quello iraniano un motivo c’è». Il prezzo della spezia italiana si attesta attorno ai 20 euro al grammo, contro i 60-70 euro di quello proveniente dall’Iran.

Un’amicizia preziosa

L’arrivo dell’attuale zafferano iraniano tra le mani di zio Franco e Giuliana è merito di Giuseppe Ladisa e Yuki D’Innocenzo, due avventurieri glocal di Bari, che nel proprio tempo libero vanno a caccia di chicche gastronomiche e no. Durante una domenica in giro tra i colli murgiani, Yuki scova la gelateria Mokambo su TripAdvisor. «All’epoca aveva solo 15 recensioni», ricorda la ragazza di origini italo-giapponesi. «Le ho lette tutte, attentamente, e ho detto a Giuseppe “Perché non facciamo un salto a Ruvo?”». Combattendo lo scetticismo, i due si dirigono verso la cittadina del nordbarese e si innamorano del gelato, della simpatia dei Paparella bros e della sagacia di zio Franco. Tornano molte altre volte. Durante uno dei loro assaggi, raccontano di essere in procinto di partire verso l’Iran. Giuliana non si fa sfuggire l’occasione e chiede a questi due clienti ormai amici di portarle un po’ di zafferano “vero”. Durante il viaggio Yuki e Giuseppe si informano sulla zona di produzione e si tengono in contatto con la gelateria. Scovato il prodotto giusto («perché in Iran il livello di contraffazione è altissimo», spiega Yuki), lo acquistano e lo consegnano ai gelatieri, che ne ricavano un gusto davvero unico. «In Iran fanno il gelato allo zafferano con pezzi di pistacchio o con l’acqua di rose. Ma ci mettono un sacco di gomma di guar, che lo rende tipo una chewing gum», spiega Giuliana, che ha fatto molto di meglio.

Gli ingredienti

Per fare lo Scettro del Re servono latte appena munto (proveniente dalla zona di Altamura, più precisamente dall’Azienda Agricola Santa Maria dell’Assunta, nel Parco nazionale dell’Alta Murgia), uova, zucchero e, naturalmente, lo zafferano. Per assaggiarlo, bisogna prenotare il gusto con tre giorni di anticipo, necessari per organizzare la lavorazione. La sola infusione dello zafferano si aggira attorno alle quattro ore. «Usiamo la parte alta, più nobile del pistillo più alto (ogni croco ne ha tre, ndr.), il sargol», spiega Giuliana. Inoltre, lo zafferano deve essere utilizzato a una temperatura non troppo alta. Dopo una mantecazione di 15 minuti nella storica Carpigiani SED L20c del 1972, il gelato allo zafferano è pronto per essere montato sul cono. Dopo aver farcito il fondo della cialda con panna e tre Pistacchi di Bronte DOP, si aggiunge il gelato e un velo di panna fresca. Non sarebbe un vero scettro regale senza un po’ di metallo prezioso: infatti, chiude la composizione un foglio di oro alimentare e qualche scaglia di zucchero caramellato. Lo Scettro del Re costa 70 euro a cono. Lo si può acquistare solo su ordinazione e per un minimo di due coni. Un’intera vaschetta da mezzo chilo costa tra i 450 e i 500 euro. Come per tutti gli altri gusti, si può ricevere anche a domicilio. L’assaggio è elegante, vellutato. Al contatto con il palato, i sentori agrumati liberano l’immaginazione: siamo nelle Mille e una notte e l’Oriente si può quasi toccare, anche da un paesino della Puglia.

Testo Stefania Leo

» Muffin dolci alle zucchine

Misya.info

Innanzitutto lavate e mondate le zucchine e grattugiatele con una grattugia a fori larghi.

Mettete tutti gli ingredienti secchi (farina e lievito setacciati, sale, zucchero, farina di mandorle) e mescolate.
A parte, unite invece uova, vaniglia e olio e sbatteteli insieme con le fruste.

Incorporate quindi gli ingredienti liquidi in quelli secchi, infine aggiungete anche le zucchine.

Versate il composto negli stampini riempiendoli per 2/3 (io ho rivestito gli stampi con pirottini di carta per una questione estetica, voi potete usare stampini in silicone senza niente o normali stampini in alluminio imburrati e infarinati).
Cuocete quindi per circa 25 minuti in forno ventilato preriscaldato a 180°C.

I muffin dolci alle zucchine sono pronti, fateli raffreddare prima di servirli.

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