Uovodiseppia: Pino Cuttaia arriva a Milano con la cucina della mamma

Uovodiseppia: Pino Cuttaia arriva a Milano con la cucina della mamma

La Sicilia del popolo, le nuove ricette, il piacere di stupire senza esercizi di stile: il grande chef de La Madia ‘firma’ il bistrot del raffinato Ariosto Social Club. Per raccontare ai milanesi e ai viaggiatori la sua grande cucina della memoria

«Una volta si veniva a Milano per cercare lavoro. Oggi un siciliano come me, viene a comunicare la propria cultura, a raccontare le radici di un popolo ricco di valori, tradizioni e contraddizioni. Come un ambasciatore. Partendo dalla stagionalità, da un gesto domestico». Pino Cuttaia è sbarcato a Milano ed è un arricchimento per la capitale italiana del cibo: non lascerà La Madia, il bistellato Michelin nella sua Licata, da dove – con coraggio e fatica – ha costruito una seconda vita (di successo) dopo la prima che lo ha visto operaio alla catena di montaggio a Torino. Il locale si chiama Uovodiseppia, esattamente come il suo piatto più iconico e come la dispensa-laboratorio non lontano dal ristorante in Sicilia. Ma sotto la Madonnina, si va ben oltre:  dalla prima colazione alla cena, ogni momento della giornata sarà buono per gustare le proposte studiate da Cuttaia. «Costruirò un’alchimia fra la mia Sicilia e il Nord Italia, alcune ricette avranno ispirazioni, tecniche o ingredienti del Settentrione, come il risotto allo zafferano con ragù di triglia e finocchietto che, alla fine, non è altro che un’arancina scomposta» racconta lo chef Cuttaia.

Praticamente in centro

Ha scelto un luogo decisamente particolare quale l’Ariosto Social Club, al 22 di una bella via milanese, a quattro fermate di metropolitana Rossa dal Duomo. « E’ un grande orgoglio per me, da siciliano, poter contare su uno chef del calibro di Pino Cuttaia. Il suo arrivo rappresenta un tassello importante a completamento del nuovo progetto». A parlare è Emanuele Vitrano Catania, dinamico imprenditore di origini palermitane da anni operativo nel mondo dell’hotellerie meneghina con il Gruppo Brera Hotels. Insieme alla caffetteria-bistrot, la struttura ospita venti appartamenti di lusso per affitti brevi, arredati con pezzi di design italiano che possono essere acquistati dagli ospiti; una lounge con cucina e terrazza per eventi privati; una palestra d’avanguardia con personal trainer altamente specializzati e percorsi su misura, una boutique con abiti, oggetti e accessori originali di artigiani italiani (in prevalenza donne) selezionati personalmente dalla scrittrice e proprietaria dello store Valeria Benatti. Per chi soggiorna all’Ariosto Social Club una coccola in più: la possibilità di aver serviti i piatti dalla brigata di cucina direttamente nell’intimità del proprio appartamento. Non male, davvero.

Due ricette per Milano

Torniamo a Cuttaia. Nel bistrot che è aperto per tutta la settimana (dalle ore 12 alle ore 14 e dalle ore 19 alle ore 23.30) servirà un menu con i suoi classici. Citiamo l’Arancina di riso con ragu di triglia e finocchietto selvatico (nella foto di apertura), il Macco di fave con gnocchetti di seppia, il Merluzzo all’affumicatura di pigna, la Cornucopia di cialda di cannolo con ricotta di Cammarata…Ma ha anche pensato a due piatti inediti, in omaggio alla città che lo attende curiosa. Il primo è lo Spaghetto “alla milanese” con mollicata alle cipolle: pochi sanno che fa parte della tradizione siciliana, ossia uno spaghetto a base di finocchietto selvatico che si rifà alla pasta con le sarde. «Quando non c’era il pesce si era soliti chiedere “come la fai la pasta oggi? ” e la risposta era “alla milanese” per evocare il fatto che a Milano non c’è il mare. In questo piatto ho aggiunto le acciughe e un po’ di masculino, un’acciuga più piccola, richiamando alla variante catanese. C’è anche il pane atturrato, che è tostato e rappresenta il formaggio dei poveri» spiega lo chef di Licata.

Poesia e semplicità

Il secondo è l’Uovo a cotoletta, un cibo quotidiano che si veste da festa. «La cotoletta è il piatto più tipico e conosciuto della tradizione meneghina e non potevo trascuralo. Nella cucina della mamma, l’uovo, un ingrediente quotidiano, si vestiva da festa quando veniva impanato come una cotoletta con mollicata di pane, aglio e prezzemolo. Dalla cottura si sprigionavano così gli stessi profumi della carne, anche se non lo è, facendo sentire l’atmosfera della domenica» racconta Cuttaia. Due ricette in cui c’è l’essenza del cuoco bistellato, fatta di poesia e ingredienti semplici, spesso basici ma che sa interpretare come pochi in Italia. «C’è un solo ingrediente di cui non posso fare a meno ed è la memoria» ci dice per l’ennesima volta. E se lo guardi perplesso, pensando che in fondo è quasi impossibile non trovare chef senza un minimo di memoria, centra maggiormente il pensiero con un sorriso dei suoi «È una zavorra se non ti confronti, ma nel momento in cui lo fai con il contemporaneo ne trai energia: viaggi e torni per avere occhi nuovi con cui guardare il paesaggio e i tuoi ingredienti in modo diverso. Usando magari gli stessi ma con gesti diversi, l’innovazione è nel recupero del gesto». Ecco perchè, gustando i piatti (ri)assaggiati a Milano, bisogna una volta di più ringraziare – oltre all’autore degli stessi – la mamma e la nonna di Pino Cuttaia.

 

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