Pasta tonno e funghi – Ricetta di Misya

Aggregatore contenente tutte le ricette andate in onda di Benedetta Parodi da Cotto e Mangiato
Una manciata di chilometri separa Monza da Milano. Eppure i Monzesi, primi grandi estimatori del loro risotto alla monzese, da sempre fanno della propria identità culturale un vanto, e delle loro differenze dalla metropoli un punto di orgoglio. Anche in cucina. Così il risotto nella città di Teodolinda si fa bianco, senza zafferano e senza midollo.
Come tutti i piatti di cucina regionale, le varianti non si contano, e vanno di casa in casa: ovviamente c’è chi aggiunge lo zafferano, ma il tratto distintivo è che il risotto monzese è quello con la luganega, salsiccia tipica di Monza. Morbidissima, dal sapore delicato e inconfondibile: si prepara con carne di maiale macinata finissima, grana e vino bianco. È una salsiccia generalmente magra, dato che contiene solo il 25% di grasso, ma particolarmente magra è quella che si fa preparare lo chef Fabio Silva per realizzare il suo “Riso con la luganega magra”: «Con il mio macellaio di fiducia siamo riusciti a creare una miscela di carne di maiale più magra, con meno grasso, mantenendo però inalterato il gusto tipico della luganega di Monza» spiega.
Lo chef del Derby Grill, Ristorante dell’Hotel de la Ville di Monza a chi vuole preparare questo risotto consiglia di «tostare bene il riso prima di iniziare a bagnarlo con il brodo. In questo modo gli zuccheri si cristallizzano e, in cottura, viene rilasciato meno amido, mantenendo il chicco più integro». La sua ricetta prevede l’olio per rosolare, a parte, la luganega, che nella versione tradizionale viene aggiunta a burro e cipolla nel soffritto. Anche quest’ultima viene sostituita con lo scalogno, mentre un tocco di timo regala un nuovo profumo mediterraneo al piatto.
Ingredienti per 4 persone
280 g riso carnaroli
30 g scalogno tritato
80 g burro di malga
1 l brodo vegetale
240 g luganega
60 g Parmigiano Reggiano Vacche Rosse 24 mesi
vino bianco per sfumare
1 rametto di timo
Olio extravergine di oliva
sale e pepe
Procedimento
Togliete metà della luganega dal budello, sgranatela e rosolatela velocemente con un goccio di olio in una padella antiaderente. Utilizzate lo stesso procedimento per l’altra metà, lasciandola intera.
Intanto soffriggete lo scalogno con una noce burro, aggiungete il riso e fatelo tostare. Bagnate con il vino bianco e, una volta evaporato, continuate la cottura con il brodo vegetale, aggiungendolo gradualmente. A metà cottura, aggiungete la luganega sgranata e del timo. Terminate la cottura e mantecate il risotto con il burro e il parmigiano, aggiustandolo di sale e pepe. Tagliate a pezzi la luganega lasciata intera e utilizzatela per guarnire il risotto dopo averlo impiattato.
Abbiamo chiesto ad Antonia Klugmann un commento sulla notizia della candidatura della cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale.
Ecco che cosa ci ha detto.
«È stata una grande gioia apprendere che la cucina italiana è definitivamente candidata come Patrimonio immateriale dell’umanità per l’Unesco. Ne sono felicissima. Noi cuochi, da sempre, sappiamo e conosciamo la straordinarietà della nostra cucina, fonte inesauribile sia dal punto di vista culturale, sia dal punto di vista degli ingredienti. Grazie alla biodiversità del nostro Paese abbiamo un radicamento al territorio unico nel mondo, regione per regione, basta pensare alle pratiche agricole e di allevamento e alla dieta mediterranea, equilibrata e salutare. E già riconosciuta come Patrimonio dell’umanità».
Continua Antonia Klugmann: «Quello che trovo veramente straordinario della cucina italiana è proprio la varietà che esiste a livello regionale. Le tradizioni culinarie che si sono stratificate nel corso dei secoli, i territori molto diversi l’uno dall’altro, tutto questo è un unicum. Raccontare questa diversità fa parte del compito che noi cuochi abbiamo e il fatto che i nostri ristoranti siano situati in luoghi molto diversi l’uno dall’altro si riflette nelle nostre cucine impedendo un appiattimento dell’offerta, piuttosto valorizzando le differenze.
La promozione del nostro patrimonio di ingredienti e di tradizioni in cucina non può che essere accompagnato da un percorso legato alla sostenibilità a tutto tondo. Penso alle grandi emergenze di oggi: innanzitutto alla crisi idrica e all’impoverimento dei suoli. Il mio augurio è che ci si impegni nel sensibilizzare su questi temi. E che i cuochi ne siano veri ambasciatori.
Spero che la candidatura consenta a un pubblico, sempre più ampio nel mondo, di entrare in contatto con la nostra cucina, superando i cliché che talvolta la accompagnano, così da scoprirne tutta la complessità e la ricchezza, declinate oggi anche nelle nostra cucina contemporanea più innovativa».