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10 paste di primavera e 2 risotti da preparare in poco tempo

La Cucina Italiana

La regola è sempre la stessa: usare ortaggi di stagione per piatti da re! Con asparagi, fave, spinaci, pisellini e molti altri ingredienti infatti cucinerete paste di primavera memorabili. Il segreto per le paste e i risotti di questa stagione sono verdure fresche e leggerezza: è ora di salutare i sapori forti e aprirsi a nuove delicate sperimentazioni in cucina.

Gli ingredienti primaverili

Primavera, la natura si risveglia. Fioriscono le piante da frutto e arrivano tanto nuovi ortaggi. Curiosando tra i banchi del mercato, troverete sicuramente:

  • le fave: crude o cotte, le fave sono le regine della primavera, perfette con i sapori forti o delicati;
  • i piselli: altri protagonisti indiscussi della primavera. Si mangiano tutto l’anno in conserva o congelati ma freschi, che bontà!
  • gli asparagi: diuretici, a basso contenuto calorico, anche loro ottimi sia cotti che crudi;
  • il crescione: ricco di vitamine e sali minerali, ha quel caratteristico gusto piccantino che conquista;
  • le zucchine: finalmente le prime zucchine! Scegliete quelle piccole, sono più saporite;
  • gli spinaci: freschi sono buonissimi, appena saltati in padella o lessati;
  • i fagiolini: poveri di calorie, si gustano sia caldi che in insalata;
  • i finocchi: ricchi d’acqua, hanno poche calorie e tanto sapore. Sono i protagonisti di tante insalate ma anche gratinati al forno sono perfetti;
  • i ravanelli: piccanti, colorati! Colorano i piatti danno un tocco unico;
  • i porri: nelle frittate, nelle zuppe ma anche nella pasta! Provare per credere
  • la lattuga: finalmente insalata! È tempo di tornare a gustarla fresca, appena tagliata.

10 paste di primavera e 2 risotti 

Pronti a dare nuova luce ai vostri piatti? Provate a mixare gli ingredienti di stagione con tanti formati di pasta diversi, apritevi ai sapori più delicati della nuova stagione e mettete d’accordo gusto e leggerezza. E se la pasta non vi soddisfa? Provate anche con questi due risotti sorprendentemente freschi.

Il caffè vi fa venire sonno? Ecco perché

La Cucina Italiana

Il caffè vi fa venire sonno? Non sentitevi strani, può succedere. Ma come, direte voi, solitamente si beve perché è buono, ma anche perché si ha bisogno di una sferzata di energia. Il caffè in effetti è famoso anche per questo: la caffeina che contiene, lo stimolante più consumato al mondo, ci aiuta a mantenere viva l’attenzione e ad aumentare l’efficienza. Ma non funziona per tutti: alcune persone, ad esempio, possono bere più tazzine durante il giorno e non sentire praticamente alcun effetto. Ad altri addirittura il caffè fa venire sonno.

Effetto caffè

Ecco perché. L’adenosina è una sostanza chimica del cervello che influenza il ciclo sonno-veglia: i suoi livelli aumentano durante le ore di veglia e diminuiscono mentre si dorme. Normalmente, le molecole di adenosina si legano a speciali recettori nel cervello, che rallentano l’attività cerebrale in preparazione al sonno. Ma la caffeina, legandosi ai recettori dell’adenosina, impedisce che ciò accada.

Quando il caffè non dà (più) la carica

Il corpo assorbe piuttosto rapidamente la caffeina (il 99% entro 45 minuti dal consumo): le persone possono sentirne gli effetti anche in pochi minuti. Ma una volta che il corpo la metabolizza completamente, i suoi effetti svaniscono. La permanenza della caffeina nel corpo varia da persona a persona: la velocità con cui viene metabolizzata varia a seconda dei fattori genetici e dello stile di vita.

Ma le persone che consumano regolarmente caffè (e altre bevande che contengono la caffeina) possono sviluppare una tolleranza agli effetti stimolanti della caffeina, il che significa che devono berne di più se vogliono sperimentare risultati simili. E, sebbene la caffeina blocchi i recettori dell’adenosina, non influisce sulla produzione di nuove molecole di questa sostanza: quando svanisce, le molecole di adenosina possono tornare a legarsi ai loro recettori, e la conseguenza è una sensazione di sonnolenza.

Lo studio

In uno studio, i ricercatori hanno esaminato gli effetti del consumo continuo di caffeina sulle prestazioni ciclistiche di 11 adulti. All’inizio dell’esperimento, i partecipanti presentavano frequenze cardiache più elevate e avevano più slancio dopo aver bevuto caffeina. Ma sono bastati 15 giorni perché gli effetti della caffeina iniziassero a diminuire.

A questo punto, per tornare a sentire gli effetti energizzanti del caffè, non resta che berne un po’ di più, ma senza esagerare: il Ministero della salute, basandosi sui dati Efsa, suggerisce all’adulto un consumo fino a 200 mg di caffeina al giorno (anche se fino a 400 mg al giorno non dovrebbero esserci problemi di salute negli adulti sani). Normalmente un caffè espresso non supera gli 80 mg di caffeina, mentre un caffè americano, lungo e in tazza grande, può arrivare a 90: alla quinta tazzina, è bene fermarsi. E se anche allora vi sentite ancora sotto tono, forse è segno che avete bisogno di una vacanza.

Bere caffè fa bene

Al contrario di quanto si è detto per lungo tempo il caffè non ha un effetto maligno sul nostro corpo, anzi. Due studi, pubblicati sulla rivista Annals of Internal Medicine, dimostrano infatti come il caffè possa essere associato a una maggiore longevità. Riassumendo il contenuto delle ricerche, è emerso come chi consuma una tazza di caffè da 235 ml al giorno (la comune tazzina italiana è intorno ai 40 ml), riduce il rischio di morte del 12%. La mortalità è ancora più bassa (-18%) per chi consuma tre o più tazze al giorno. Uno dei maggiori benefici del caffè, come ha spiegato Gunter a La Repubblica, è dovuto alla presenza di composti, come i polifenoli, gli acidi clorogenici e i diterpeni che hanno proprietà antiossidanti. L’effetto protettore del caffè – questa la principale novità dello studio – riguarda le malattie dell’apparato digerente e quelle cardiovascolari. Il consumo di caffè è anche  associato anche a un migliore controllo del glucosio e un più basso tasso di infiammazione nell’organismo. Ne abbiamo parlato nell’articolo Il caffè allunga la vita, ecco perché.

Alimentazione e ambiente: insieme verso la sostenibilità

La Cucina Italiana

Alimentazione e ambiente oggi più che mai vanno a braccetto per preservare e andare verso la sostenibilità.  Produrre cibo ha le sue conseguenze, come tutto, che comportano costi notevoli, non solo dal punto di vista economico. I consumi idrici legati alla produzione agricola e all’allevamento sono ingenti. I terreni adibiti a tali pratiche, poi, vengono indeboliti da un utilizzo intensivo che non permette a essi di rigenerarsi. Ma non è tutto. Bisogna anche considerare le emissioni inquinanti prodotte dal bestiame e dai pesticidi chimici. Le conseguenze per l’ambiente sono già evidenti e se non si inverte la rotta le conseguenze possono solo peggiorare. L’uomo è il primo a doversi confrontare con il dilemma di come alimentarsi e cosa scegliere per la propria salute e per quella dell’ambiente. La strada verso un’alimentazione sostenibile passa perciò attraverso lo sviluppo di tecnologie innovative per l’agricoltura e la scelta di colture alternative e il più possibile variegate. 

Mangiare meno carne è la risposta?

Mangiare carne o no? L’invito a mangiare meno carne è un mantra che si ripete ormai da anni quale soluzione definitiva al problema alimentare. Purtroppo, però, è una soluzione insufficiente perché si tratta di una visione solo parziale della situazione, un punto di vista che non tiene in considerazione tutti gli elementi in gioco. Dobbiamo sì diminuire il consumo, ma non per forza eliminarlo. Lo sostiene Ariel Greenwood, allevatrice americana che pratica una forma di allevamento sostenibile per l’animale, l’ambiente e l’uomo. E, come le tanti altri, considerano alimentazione e ambiente come elementi connessi e strettamente dipendenti l’uno dall’altro. E così, a chi vede nel mangiare meno carne l’unica strada possibile, contrappone pratiche ecologiche che, oltre a non danneggiare il pianeta, offrono anche benefici per l’ambiente.

Superare la barriera del cibo spazzatura

L’Italia è un paese in cui la cultura alimentare è forte e radicata. Inoltre, la posizione geografica ci rende particolarmente fortunati per quel che riguarda l’approvvigionamento di materie prime di qualità. Ma non è così ovunque. Negli Stati Uniti, ad esempio, la situazione è completamente diversa ed il cibo spazzatura occupa una larga fetta dei consumi alimentari quotidiani. I vantaggi del junk food sono evidenti: costa pochissimo e si trova ovunque. E non è un caso che la maggior parte di persone obese a livello globale si trovi proprio nei paesi più poveri. Ma stiamo parlando veramente di vantaggi? Tale tipo di alimentazione, infatti, è decisamente dannosa per l’uomo, soprattutto se ripetuta con frequenza. Inoltre la carne come altri prodotti agricoli molto diffusi sono di qualità scadente e le istituzioni non considerano un problema questa situazione largamente radicata nel tessuto culturale.

Tasse sul junk food: una questione spinosa

Per cambiare le abitudini dobbiamo cambiare un sistema, che non riguarda solo l’Italia, ma pensando in grande. Ogni Paese dovrebbe infatti far sì che alimentazione e ambiente vadano di pari passo all’insegna della sostenibilità. Per fare un esempio, si inizia a parlare anche negli Stati Uniti di tasse sui cibi spazzatura, con particolare riferimento alle diffusissime di bibite a base di zucchero. Di recente è apparso sulla **rivista dell’**American Public Health Association, uno studio che va ad analizzare la fattibilità di una tassazione del genere. Si parla di colpire maggiormente quei cibi non essenziali in modo analogo a come vengono tassati alcol e tabacco. Caramelle, dolciumi vari, bibite gassate e patate fritte: questi gli alimenti al centro della ricerca. Un progetto del genere può funzionare, certo, ma solo se l’ingranaggio è ben oleato e fa parte di un motore più grande. 

In linea generale non c’è un’unica via da scegliere per essere più sostenibili. Bisogna partire dalla quotidianità, perchè ognuno di noi è in piccola parte responsabile di azioni collettive. Intanto, accanto allo sforzo dei singoli individui, devono esserci grandi cambiamenti nel sistema, che lentamente, può, e si spera, inizi ad andare in una direzione realmente sostenibile.

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