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“Storie di Intrecci”, due famiglie insieme per la formazione dei giovani

La Cucina Italiana

“Storie di Intrecci”, questo il nome del progetto scritto a quattro mani da due famiglie diverse sulla carta ma vicine nella visione. Entrambe presiedono due fondazioni che, insieme, da oggi si intrecciano per raggiungere un obiettivo comune: la formazione di giovani che vivono in un tessuto sociale difficile. “Storie di Intrecci” partirà infatti da Caivano e dall’Istituto Superiore “Francesco Morano” della cittadina alle porte di Napoli.

Un progetto scritto e ancora tutto da scrivere nei prossimi mesi da Famiglia Scudieri e Famiglia Cotarella, con le rispettive Fondazioni, impegnate in settori diversi, dall’automotive all’agroalimentare di qualità, dalla moda all’accoglienza e alla formazione. Una risposta concreta all’appello della Preside Eugenia Carfora dell’istituto Morano che, qualche tempo fa, aveva proprio espresso il desiderio dell’“adozione” delle aree scolastiche più difficili da parte di fondazioni e istituzioni, in grado di permettere la presenza di professori eccellenti, capaci di far innamorare i ragazzi allo studio e di educarli ai sentimenti.

L’intreccio tra due famiglie per riscoprire le radici

L’ “intreccio” tra le due famiglie nasce tra i vigneti di Pantelleria, ma le analogie tra le attività di Famiglia Scudieri e Famiglia Cotarella sono tante e allargare la collaborazione fattiva ad altri progetti da realizzare insieme è inevitabile. Il vino, l’enogastronomia, l’accoglienza, da un lato, il saper fare tecnico e l’innovazione dall’altro, dunque, hanno ispirato l’idea di mettere in rete le competenze di Fondazione Cotarella e Fondazione Scudieri per i ragazzi di Caivano, rispondendo all’appello della Preside Eugenia Carfora di fare della scuola una “diga” alla microcriminalità, combattendo la dispersione scolastica. A cominciare, proprio, dalla riscoperta della terra e delle radici, che significa, tra l’altro, la valorizzazione e la promozione dell’agroalimentare di qualità come fattore di sviluppo del territorio.

Un momento della presentazione si Storie di intrecci al teatrino di corte del Palazzo Reale di Napoli

Il progetto nel concreto

Le due fondazioni, assieme a Obicà e Intrecci, Accademia di Alta formazione di Sala, ad Adler Group e Famiglia Cotarella supporteranno percorsi specialistici di alta formazione nell’ambito dell’innovazione tecnologica e dell’hospitality. In particolare, realizzeranno per gli studenti dell’Istituto Morano delle classi quarte e quinte dei percorsi di orientamento al lavoro e tirocinio formativo, poi metteranno a disposizione della scuola professionisti nel campo dell’elettronica, programmazione in PLC e della meccanica, da un lato, della ristorazione e dell’ospitalità, dall’altro, per approfondimenti e confronti; infine, elargiranno borse di studio per gli studenti più meritevoli, in uscita dall’istituto nel 2024, sia nel settore tecnico che in quello dell’accoglienza.

L’impegno delle istituzioni

Al recente incontro di presentazione, all’interno del suggestivo teatrino di corte del Palazzo Reale di Napoli, hanno partecipato diverse istituzioni, sia locali che nazionali. Tra queste, l’Assessore alle Politiche Giovanili e al Lavoro del Comune di Napoli, Chiara Marciani, il Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Claudio Durigon. Anche il Ministro per l’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida che ha inviato un contributo video di saluto, a seguire il Presidente regionale Coldiretti Campania, Ettore Bellelli. Non in ultimo gli ideatori del progetto, Paolo Scudieri, Presidente Adler Group e Presidente onorario di Fondazione Scudieri e il figlio Achille Scudieri, Ceo di Obicà e Presidente di Fondazione Scudieri. E Riccardo Cotarella, fondatore, insieme al fratello Renzo, dell’azienda vitivinicola di famiglia, oltre che Presidente Assoenologi e Union International des Oenologues. Accanto a lui, Dominga Cotarella, Ceo di Famiglia Cotarella e Presidente di Fondazione Cotarella, che insieme alle sorelle Enrica e Marta guida le attività di famiglia. Sono intervenuti all’incontro anche la Preside Eugenia Carfora, che ha voluto sottolineare quanto sia importante l’intervento delle istituzioni ma anche che queste non si dimentichino presto dell’impegno promesso.

Per realizzare i propri sogni

«Chi entra all’Istituto Morano può sognare e le due Fondazioni danno ai nostri ragazzi la possibilità di sognare e di realizzare i propri sogni. Oltre a istruirli, i ragazzi, bisogna tirar fuori i loro talenti, le loro passioni, con la consapevolezza che senza le regole non si va da nessuna parte», ha aggiunto la preside. Gli ultimi interventi sono stati affidati al magistrato Catello Maresca, Ambasciatore della cultura antimafia. E a Marco Mezzaroma Presidente di Sport e Salute, che ha ribadito la presenza dello Stato sul territorio di Caivano, confermando la fine dei lavori per il Centro Delphinia entro maggio 2024 come già annunciato.

Storie di donne che stanno disegnando il futuro del cibo

La Cucina Italiana

Nella rete di Slow Food ci sono molte storie di donne incredibili che lavorano duramente per creare cambiamenti nelle proprie comunità e oltre, lottando per ridurre la fame e per garantire l’accesso al cibo per tutte e tutti. Ecco alcune di queste storie. 

I dati Fao

Secondo la Fao le donne producono tra il 60 e l’80% del cibo nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo e sono responsabili della metà della produzione alimentare mondiale, ma il loro ruolo come produttrici e fornitrici di cibo – e il loro contributo critico alla sicurezza alimentare – è stato riconosciuto solo di recente. Gli studi della Fao confermano anche che le donne, pur essendo essenziali per l’agricoltura su piccola scala, per il lavoro agricolo e per la sussistenza quotidiana delle famiglie, incontrano maggiori difficoltà rispetto agli uomini nell’accesso alla terra, al credito, ai fattori di produzione e ai servizi che migliorano la produttività.

12 storie di donne della rete Slow Food

«Come giardiniera e insegnante, aiuto le donne a connettersi con la terra per creare qualcosa di bello, e le responsabilizzo fornendo loro gli strumenti necessari per coltivare il proprio sostentamento e costruire un futuro sostenibile» spiega Rachel Olajumoke Okeola, scienziata alimentare e giardiniera nigeriana. «Nutrendo la terra, nutro anche le donne che se ne occupano, incoraggiandole a trovare uno scopo e una speranza rinnovata. Questo le aiuta a recuperare un senso di appartenenza e a sentirsi realizzate. Attraverso i miei progetti, le metto in condizione di diventare parte attiva della comunità e di prendere il controllo delle proprie vite». Rachel ha fondato Mias Traditional food and spices, un’azienda di tè che trasforma spezie, frutta ed erbe indigene in bevande e tè salutari. È anche insegnante di scienze agrarie in una scuola superiore della comunità, dove coordina progetti dedicati agli orti scolastici e alla formazione degli studenti.

Sullo stesso tema è intervenuta Paula Silveira, giardiniera, educatrice e psicoanalista argentina. «L’orto è un luogo di apprendimento collettivo, dove le persone vengono per imparare a creare il compost e gli insegnanti chiedono consigli per realizzare orti scolastici» spiega Paula, che vede l’orto come un luogo di vita, uno spazio dove essere felici e seminare, incontrare coloro che fanno parte di altri orti nella zona e sensibilizzare sulla centralità del tema della sovranità alimentare.

Madina Sadirdinova, del Kirghizistan, ha coordinato il progetto del Sebet Farmers Market, con l’obiettivo di «mettere in contatto gli agricoltori di piccola scala con i produttori e i consumatori urbani, affinché possano sviluppare la propria capacità produttiva e fornire raccolti puliti e gustosi». Mentre Amorelle Dempster, fondatrice del Mercato della Terra di Maitland Slow Food in Australia, condivide le sue riflessioni su come «in quanto donna, ho usato le mie capacità per nutrire e creare comunità intorno al sistema alimentare. Per ricostruire e fornire opportunità, per creare benessere, benefici economici e risultati positivi per le persone che conosco e anche per quelle che non conosco».

Storie di agricoltura biodinamica: 3 imprenditrici si raccontano

La Cucina Italiana

Federica: «Mi ritengo fortunata perché porto avanti un percorso di agricoltura biodinamica, iniziato da mia madre e che io ho condiviso appieno. A mio avviso, biodinamico è sinonimo di qualità e rispetto. Qualità della nostra vita e di quella di animali, piante e di tutto ciò che ci circonda; rispetto per il presente che viviamo e per quello che lasciamo per il futuro».

Rosalia: «Ho iniziato a produrre riso e cereali biodinamici dopo i 35 anni, ma da decenni leggo Steiner e mi interesso di antroposofia. Quando mi sono dedicata pienamente all’agricoltura, ho seguito vari corsi sulla biodinamica e ho messo in pratica quello che avevo imparato sui libri. Applicare questi principi non significa soltanto adottare un metodo di coltivazione, ma scegliere un vero e proprio stile di vita, nella sfera lavorativa e privata».

Qual è il valore aggiunto di essere un’azienda biodinamica certificata Demeter?

Dora: «La sostenibilità è un tema attuale per il nostro e per altri settori, e possiamo dire che quella biodinamica sia la pratica agricola sostenibile per eccellenza: le piante si nutrono direttamente dall’humus presente nel terreno, la cui fertilità è la prima preoccupazione di chi coltiva, producendo così alimenti sani. La certificazione Demeter garantisce quindi al consumatore, attraverso un marchio riconoscibile in tutto il mondo, che il cibo che sta acquistando faccia bene alla sua salute e a quella dell’ambiente».

Federica: «Essere certificati Demeter, prima di tutto, significa condividere gli stessi principi di vita e di lavoro con colleghi e amici. È inoltre una strada per far conoscere a tutti l’agricoltura biodinamica ed è garanzia per il consumatore».

Rosalia: «Il marchio Demeter ci consente di vendere i nostri prodotti al nostro target, attento alla salute e all’ambiente. Vi sono inoltre iniziative e convegni organizzati dall’associazione, utili per gli addetti ai lavori e per tutte le persone che desiderano approcciare questo metodo di coltivazione e fare networking».

L’impegno delle donne e di tutti gli agricoltori del mondo biodinamico è quindi una costante. Non si tratta solo di un modo di fare agricoltura, ma di una vera e propria filosofia di vita. Demeter Italia, che ha sede a Parma, garantisce che ogni fase del processo, dalla produzione alla trasformazione dei prodotti, sia conforme ai principi di sostenibilità, nel rispetto della natura e del ciclo delle stagioni, e fa sì che le aziende possano fregiarsi di un marchio riconosciuto a livello mondiale.

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