Tag: cucina semplice ricette

Ricetta Brodo di cappone con amaretto e arancia

Ricetta Brodo di cappone con amaretto e arancia

Step 1

Scaldate a bagnomaria il liquore all’amaretto con l’arancia candita; lasciate in infusione per 25 minuti: il liquore prende l’aroma senza evaporare.

Step 2

Scaldate il burro con 1 spicchio di aglio schiacciato con la buccia, 4 foglie di salvia, 3 gherigli di noce, 1 cucchiaio di uvetta, sale e pepe. Cuocete finché il burro non prenderà un colore nocciola.

Step 3

Mettete in una grande casseruola il cappone, 1 rametto di rosmarino, 2 rametti di prezzemolo, 4 grani di pepe, il pomodoro inciso a croce, il sedano a tocchi, la cipolla sbucciata e tagliata in 4, il porro a listerelle, 5 foglie di salvia, timo.

Step 4

Versate il burro sul cappone, unite il vino e coprite tutto di acqua fredda. Fate sobbollire per 1 ora; unite poi l’amaretto con i canditi e 1 cucchiaio di sale grosso.

Step 5

Cuocete ancora per 1 ora e 30 minuti.

L’abbacchio di Natale: la ricetta della Sora Lella

La Cucina Italiana

Che voglia d’abbacchio di Natale… Pensate che divertimento doveva essere il pranzo di Natale a casa Trabalza-Fabrizi e che bontà con i piatti della tradizione romana cucinati dalla Sora Lella, al secolo Elena Fabrizi. Abbiamo chiesto di raccontarcelo a Renato Trabalza, uno dei nipoti che oggi è alla guida della storica Trattoria Sora Lella all’Isola Tiberina, insieme a Mauro, Simone ed Elena.

I nipoti Trabalza davanti alla trattoria Sora Lella.

La suggestione di un Natale in cui ci si riuniva in famiglia, «non eravamo mai meno di dieci», ricorda Renato, con la nonna che cucinava per tutti. Per loro la nonna vera, per tutti la mitologica nonna dei film di Carlo Verdone, da Acqua e sapone a Bianco, rosso e Verdone.

Le sue ricette, che raccontano di una verace romanità, le troviamo raccolte nel libro pubblicato da Giunti dal titolo Annamo bene, espressione ricorrente nei film, che alla fine è diventato un meme. «La nonna cucinava a occhio e non c’era un suo ricettario da cui poter attingere, però sia mio padre che io siamo sempre stati con lei in cucina e grazie ai ricordi e all’esperienza ho messo nero su bianco le ricette di famiglia tramandate negli anni e che tuttora si preparano sia in casa sia al ristorante» racconta Renato.

Vino, cosa metto in cantina? 9 scelte di Cristina Mercuri

Vino, cosa metto in cantina? 9 scelte di Cristina Mercuri

Parliamo di vino e della prima donna italiana che sarà Master of Wine. Ha lasciato la carriera di avvocato per dedicarsi alla sua più grande passione: il vino. E da “secchiona”, come lei stessa si definisce, Cristina Mercuri ha puntato al titolo più ambizioso del mondo, quello di Master of Wine, e a breve sarà la prima donna italiana a potersene fregiare. Fondatrice di Wine Club, accademia innovativa nella didattica del vino, tiene corsi e masterclass nei più importanti eventi a tema, come il Vinitaly e la Milano Wine Week.

Modi di dire: darla a bere

Diciamoci la verità: la maggior parte di noi, pur non capendoci un tubo di vino, non resiste alla tentazione di fare il furbo e di imbonire i commensali con competenze di cui ha appena sentito parlare. Ma anche il raggiro e la truffa hanno le proprie regole: per cui, se vogliamo fare finta di essere degli esperti internazionali di vino anche se l’unica osservazione corretta che siamo in grado di fare è distinguere il rosso dal bianco, dobbiamo seguire determinati criteri. Non più parole, quindi, ma gesti: gesti semplici, misurati ed esperti, così da poter buggerare anche i più diffidenti. Se la vostra cerchia di amici, quindi, ha fatto l’errore di credervi esperto (maschile, perché i maschi sono molto più propensi a millantare), arriverà il momento in cui, a cena fuori, il sommelier arriverà con la bottiglia e chiederà: chi assaggia? «Lui» lascerete che tutti dicano con fiducia indicando voi. Questo è il primo scoglio da superare. Quando si assaggia il vino al ristorante si fa una cosa sola: si annusa. Non si guarda, non si porta alla bocca, non si fanno gargarismi come se il sommelier fosse lì per estrarci un molare. Semplicemente, si prende il bicchiere per la base e lo si porta al naso, senza agitare e roteare il vino come se fosse una muleta davanti a un toro: quello che stiamo facendo è valutare se il tappo ha fatto dei danni, e in questo caso l’odore che ci arriverà è netto, non c’è bisogno di un sommelier, il tanfo di muffa è uno di quelli che l’evoluzione ci ha addestrato a distinguere meglio. Roteando potremmo aiutare il vino a sprigionare gli aromi volatili più grati, che magari ci confonderebbero. Il vino potrebbe avere altri difetti, non dovuti al tappo, ma questo lo sentirete solo dopo, alla degustazione, quando ormai quella bottiglia l’avete accettata; e quindi vi tocca pagarla, sennò sì che passate per cafoni, hai voglia a saper annusare.

Marco Malvaldi

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