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Una cultura (italiana), tante culture!

Una cultura (italiana), tante culture!

Identità in movimento: la capacità di accogliere il diverso e di assimilare il nuovo è una condizione necessaria. La cultura gastronomica italiana verso il riconoscimento UNESCO

Le identità collettiveanche quelle legate al cibo – non sono inscritte nei geni di un popolo o nella storia arcaica delle sue origini, ma si costruiscono storicamente, nella dinamica quotidiana del colloquio fra uomini, esperienze, culture diverse. È in que- sto modo che le culture evolvono e si arricchiscono.

La cucina italiana, in tutte le sue varianti locali, deve molto alla cultura dei popoli che in età antica abitarono il paese (dai Fenici ai Greci, dai Celti allemolteplici genti italiche poi sottomesse alla potenza romana). Deve molto alle popolazioni germaniche che vi si insediarono nel Medioevo – una curiosità: è gotica la parola zuppa, che tuttora indica una modalità essenziale della cucina  contadina.  Deve molto agli Arabi, che nel giro di alcuni secoli diffusero spinaci e melanzane, nuove varietà di agrumi, la canna da zucchero con le tecniche per estrarlo, e il riso sconosciuto agli antichi, e la nuova abitudine di fabbricare pasta secca di formato lungo. Attestata la prima volta in Sicilia nel XII secolo, l’industria degli spaghetti trova qui la sua matrice storica, che andrà a definire un modello gastronomico tipicamente italiano. Più tardi sarà il continente americano a regalarci il mais, il pomodoro, la patata, il peperone e il peperoncino, la zucca di pasta arancione, gli zucchini (diventati italiani al punto che la nostra parola per indicarli, zucchini, appartiene oggi al lessico culinario del mondo intero).

La disponibilità ad accogliere il nuovo e il diverso appartiene a tutte le culture, ma quella italiana è stata accogliente quanto altre mai. E attenzione: ciò non significa snaturarsi. Al contrario, è la premessa di un continuo potenziale arricchimento. La polenta di mais è solo l’ultima versione, più gustosa e saporita, di una tradizione della polenta che risale al Medioevo (quando i contadini la facevano col miglio e altri grani minuti) e prima ancora all’antichità romana (quando la puls si preparava col farro).
E se i nostri gnocchi oggi sanno di patate, è per conferire maggiore dolcezza a una preparazione millenaria fatta impastando pane e farina. La storia procede per aggiustamenti progressivi, che includono le novità nella tradizione – come accadde alla polenta o agli gnocchi – e rielaborano i nuovi apporti facendone scaturire straordinarie novità. Pensiamo a un piatto icona della nostra cucina: gli spaghetti al pomodoro. L’italianità della pasta, o del pomodoro, o del peperoncino (o della pasta al sugo di pomodoro arricchito di peperoncino) è fuori discussione. Ma è anche fuori discussione che la pasta, il pomodoro, il peperoncino appartengano in origine a culture diverse. E che sia necessario scavare nel tempo e nello spazio per recuperare i frammenti di storie diverse che alla fine si incrociano per dare origine a storie e identità nuove. Sicché la ricerca delle proprie radici finisce spesso per scoprire l’altro che è in noi. Un altro che, attraverso complicati processi di osmosi e adattamento, in vari modi ha contribuito a farci diventare quello che siamo. In attesa di nuovi incontri, di altre trasformazioni.

L’aggiadda, il sugo acido tipo della cultura tabarkina. La ricetta

L’aggiadda, il sugo acido tipo della cultura tabarkina. La ricetta

Un salsa di pomodoro e aceto, tipica sia in Sardegna che in Liguria. Una ricetta che racchiude il gusto del Mediterraneo, in tutte le sue sfumature e contaminazioni e che esalta perfettamente i piatti di pesce – come nella ricetta dellepolpette di tonno all’aggiadda dello chef Carlo Biggio

L’aggiadda (detta anche agliata), è una preparazione a base di pomodoro, aceto, capperi, alloro e aglio. Una ricetta antica, originaria della Liguria, dove in passato veniva utilizzata dai pescatori per conservare il pesce locale o per condirlo, in particolare quello fritto o arrosto.
Quasi un carpione, nasce come piatto povero e utile, con cui soprattutto in estate si conservava il pesce, prima dell’avvento dei frigoriferi. La ricetta che in Liguria viene chiamata aggiadda fu importata in Sardegna dai tabarkini, popolo di navigatori liguri che colonizzò nel 1500 l’isola di Tabarka, in Tunisia, per poi insediarsi stabilmente nel sud della Sardegna, sulle isole di San Pietro e Sant’Antioco. Ancora oggi gli abitanti di Carloforte e Calasetta, i due principali comuni di queste isole, si definiscono orgogliosamente tabarkini e portano avanti le tradizioni delle proprie origini liguri, dal dialetto ligure all’identità gastronomica, che racchiude tutte le contaminazioni tra i territori che ha attraversato. In particolare nella cucina delle isole del Sulcis si ritrovano molte ricette liguri, dal pesto alla focaccia genovese, fino all’aggiadda; ma anche arabe come il cous cous.

La tradizione tabarkina in queste isole è portata avanti anche dai giovani interpreti della cucina locale. Tra questi, per passione e impegno verso il territorio, si distingue Carlo Biggio. Carlo è uno chef di 34 anni, nato a Calasetta dove tutt’ora risiede dopo una serie di esperienze professionali tra Spagna, Irlanda, Polonia e Lussemburgo, in ristoranti di alto livello, ma anche come chef privato. Grazie a una cucina dalla forte identità sarda e in particolare tabarkina, è stato ospite di diversi programmi televisivi culinari e regionali e di competizioni internazionali dove ha rappresentato l’Italia e il proprio territorio. Passati diversi anni rientra a Calasetta, un po’ per nostalgia e un po’ per mettere in atto la sua esperienza: nasce così la Gastronomia Mamma Fina, un omaggio alla madre e alla passione per la cucina che ha saputo trasmettere a Carlo. Nella gastronomia si concentra una cucina casalinga tra piatti della tradizione tabarkina e della cucina italiana, con ingredienti locali, in primis il pesce e le sue salse di accompagnamento. L’aggiadda è una delle sue specialità.

La ricetta: polpetta croccante di tonno e aggiadda

L’Aggiadda si può realizzare facilmente a casa e gustare come salsa di accompagnamento a pesce fritto o arrosto, ma anche a crudo su bruschette di pane per sentirne tutto il gusto aromatico. Carlo Biggio la propone in abbinamento al tonno, l’ingrediente carlofortino per eccellenza.

Ingredienti per 4 persone

1 kg di pomodori grappolo maturi 500 g di passata di pomodoro
40 aceto bianco
15 g sale
peperoncini qb
40 g capperi
3 spicchio d’aglio
3 cucchiai olio extravergine

Procedimento

Tagliare a pezzetti i pomodori e porli insieme a tutti gli altri ingredienti a crudo in una casseruola e cuocere per 25 minuti a fuoco lento, raggiungendo la densità desiderata.

Ingredienti per le polpette di tonno

300 g di tonno fresco 100 g di pane raffermo 250 ml di latte
1 uovo
50 g di pecorino
1 cucchiaio di capperi
pangrattato q.b
maggiorana fresca

Procedimento

Passare in padella per qualche minuto il tonno precedentemente tritato, insieme ai capperi.
Mettere a mollo nel latte il pane raffermo, strizzarlo e unirlo al tonno, e aggiungere il pecorino, la maggiorana, l’uovo e una parte di pangrattato. Formare delle polpettine e passarle nel pangrattato rimasto, poi nell’uovo sbattuto e nuovamente nel pangrattato, formando una doppia panatura.

Friggere le polpette in olio ben caldo, asciugarle e servirle sull’aggiadda, in una fondina.

L’Aggiadda in vasi di vetro

La ricetta dell’aggiadda di Carlo Biggio, per la sua autenticità e capacità di raccontare un territorio, è stata scelta dalla linea Bonverre e inserita tra le ricette d’autore in vetro. Le ricette, custodite nella purezza ermetica di un vaso di vetro, che garantisce una scadenza minima di due anni senza alcuna aggiunta di conservanti, possono così viaggiare nel tempo, arrivando anche in territori lontani e mantenendo il gusto originario. Insieme agli altri sughi e ricette Bonverre, si trova in vendita in negozi selezionati in tutta Italia e sull’e-commerce gastronomico Atmosfera Italiana.

 

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