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Cristiano Tomei: così non va bene. Ecco cosa bisogna cambiare

La Cucina Italiana

Cristiano Tomei? C’era anche lui all’ultima edizione del congresso internazionale di Identità Golose 2023, che raccoglie per qualche giorno a Milano i più grandi cuochi (e non solo) del panorama mondiale. Quest’anno il tema principale era la rivoluzione, Signori e signore, la rivoluzione è servita, da intendere in tanti modi, assecondando l’indole e il pensiero critico di ciascuno.
Per noi di La Cucina Italiana la rivoluzione deve andare oltre il piatto, deve partire dalla cucina per arrivare sulle tavole di tutti. Anche Cristiano Tomei, lo chef toscano del ristorante Imbuto a Lucca, che ha appena aperto anche Corteccia, il suo nuovo ristorante a Milano, ha detto la sua su quello che va, appunto, rivoluzionato soprattutto parlando della brigata. 

Intervista a Cristiano Tomei

Come si può conciliare il lavoro molto impegnativo di un ristorante gastronomico con il benessere della brigata?
«Partiamo dal presupposto che il ristorante è un microcosmo a sé stante.
Noi cuochi, che poi diventiamo chef quando abbiamo una squadra che lavora con noi, non siamo solo creatori di simpatici piatti che condividiamo con i nostri clienti. Noi siamo persone che devono creare un gruppo solido e solidale. Non certo un gruppo tutto rose e fiori con le farfalline. Un gruppo che lavori insieme in modo costruttivo».

Che cosa significa?
«Nel nostro mestiere (come naturalmente in tanti altri) lavorare significa sacrificio, significa orari intensi, significa eseguire alla lettera quello che viene impartito, ma significa anche confronto costruttivo e, se necessario, scontro, sempre corretto e mai umiliante. Il ruolo dello chef è cercare di far collimare tutto questo. C’è una cosa però che non va mai persa di vista: siamo esseri umani e non macchine. Ma mettiamola una musica ogni tanto in cucina, qualcosa che ci faccia sorridere, che alleggerisca il peso dell’impegno. Fare uno sformato alle 8 del mattino con 700 uova e un chilo di panna non è detto che sia piacevole».

Che cosa è piacevole allora?
«Il lavoro del cuoco, seppur veramente arduo, perché non è come tutti gli altri. Gli orari sono pesanti, si lavora quando gli altri festeggiano oppure si riposano. È inutile girarci attorno: la cucina, non solo quella “gourmet”, anche di trattoria e di pizzeria, diventa sostenibile dal punto di vista umano, quando la collaborazione è a due sensi (tra chef e brigata e viceversa) e il rispetto è la prima regola. Se qualcuno sente il bisogno di tirare un tagliere o usare il torcione come frustino per esprimere il suo disappunto, è meglio che cambi mestiere. Perché lo sta facendo male e sta facendo male ai ragazzi. Tutti perdiamo la pazienza, ma c’è modo e modo, non si deve arrivare mai all’esasperazione. Ti faccio un esempio: noi adesso chiudiamo due giorni alla settimana e il ristorante va meglio che mai. Perché? I ragazzi sono più sereni e spensierati, e poi hanno la possibilità di essere davvero ragazzi».

Alajmo: welfare e benefit per i 220 dipendenti dei 14 ristoranti

La Cucina Italiana

Un altro passo verso la felicità in cucina: il 3 marzo scorso, Alajmo S.p.A. ha sottoscritto il contratto integrativo aziendale di Gruppo, con il quale sono stati introdotti notevoli miglioramenti normativi e retributivi a favore del proprio personale dipendente, impegnati in 220 nei 14 ristoranti. Un grande risultato raggiunto a conclusione di un lungo lavoro di confronto tra l’azienda, rappresentata dal Direttore Generale Fabrizio Masiero, assistito da Stefano Bianchi, e il Segretario regionale Veneto Filcams-Cgil, Cecilia De Pantz.

«Un segnale importante per il mondo della ristorazione. In un periodo di confusione informativa sullo stato di salute della ristorazione, il Gruppo Alajmo S.p.A ha voluto fortemente introdurre, attraverso il nuovo contratto integrativo aziendale, una serie organica di novità ispirate principalmente a migliorare gli aspetti organizzativi del lavoro, l’equilibrio vita-lavoro dei dipendenti e ad offrire agli stessi, maggiori opportunità economiche e di miglioramento generale del proprio tenore di vita personale e familiare».

Raffaele Alajmo, Amministratore Delegato di Alajmo S.p.A.

Il benessere dei propri dipendenti è importante, il capitale umano deve avere una rilevanza di rilievo rispetto ad ogni altro aspetto. Molto chiaro questo punto per i fratelli Alajmo, che hanno voluto dare un segnale concreto alla rivoluzione che sta avvenendo nel mondo della ristorazione e alla quale stiamo dando voce con la campagna Mai Più.

da sx, Raffaele Alajmo, Fabrizio Masiero, Massimiliano Alajmo, Cecilia De Pantz, Stefano Bianchi

 Dai premi aziendali su criteri meritocratici al miglioramento del welfare fino all’investimento in formazione, le azioni sono tangibili e credono nel futuro. Anche l’aspetto della genitorialità viene considerato, ma soprattutto il senso di comunità con la possibilità di cedere propri permessi ai colleghi in difficoltà. Di seguito alcune delle novità dell’Accordo:

  1. Pianificazione di premi aziendali per le prestazioni e comportamenti positivi di squadra dei dipendenti con un riconoscimento economico lordo fino a 3.000 euro a persona al raggiungimento di parametri di produttività, qualità, efficienza e innovazione incrementali. Premi aziendali che, se raggiunti, saranno soggetti ad un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali ridotta al 5%;
  2. Riconoscimento di prestazioni di Welfare, in sostituzione, sia totale che parziale, del suddetto Premio di aziendale, con possibilità di incrementare quest’ultimo fino al 30% del valore del premio economico stesso maturato. A tal fine l’azienda ha previsto anche importanti investimenti in attività di informazione/formazione dei dipendenti, tramite workshop formativi ad hoc, finalizzati a far acquisire agli stessi le necessarie informazioni per poter valutare concretamente l’opportunità di procedere o meno alla conversione in esame;
  3. Accesso a tutto il personale dipendente all’Alajmo Accademy al fine di garantire un continuo aggiornamento delle competenze, durante tutto il periodo di permanenza presso le nostre strutture. In questo modo saremo in grado di rispondere alle mutevoli esigenze del mondo della ristorazione nel rispetto dei valori e della filosofia di Gruppo;
  4. Riconoscimento, a tutto il personale dipendente, di condizioni di miglior favore, rispetto a quanto previsto dalla normativa di legge in materia. con riferimento alla concessione e alla misura dell’Anticipazione del trattamento di fine rapporto;
  5. In deroga all’art. 47 comma 2 del d. Lgs. 151/2001, sono stati aumentati i giorni complessivi annui di congedo per malattia del figlio/i nonché i limiti massimi di età di ogni del figlio/i che danno diritto al beneficio in esame;
  6. Facoltà di cedere a titolo gratuito alcuni dei propri giorni di ferie e/o permessi-rol maturati ad uno o più colleghi che versino in condizione di difficoltà.

15 voci | La Cucina Italiana

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La rivoluzione in cucina e il piatto rivoluzionario sono due domande che abbiamo posto ai grandi cuochi che sono venuti a trovarci al nostro stand all’ultima edizione di Identità Golose. Domande perfettamente allineate con il tema del congresso e, soprattutto, con la nostra mission di voler scandagliare il fondo di questo mondo culinario così ampio, ma anche così stretto.

Ed è così che incontriamo chi si ribella alla parola rivoluzione come Massimo Bottura che preferisce sostituirla con evoluzione, chi invece si appella alla cucina rinascimentale come Davide Rampello o chi invece si sofferma sull’etica come Niko Romito.

I piatti rivoluzionari sono diversi come diverse sono le motivazioni: per Carlo Cracco è il piatto di Nino Bergese così difficile da ricreare, per Ruben Bondi è l’arrabbiata della nonna che gli ha aperto nuovi mondi, e così via.

E voi, cosa ne pensate? Scriveteci!

Le 15 testimonianze, in rigoroso ordine alfabetico:

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