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Mangimi animali: la FAO per un futuro più sostenibile

La Cucina Italiana

Quanto sono importanti i mangimi animali per la nostra alimentazione? Lo scorso 1 e 2 dicembre, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) è stata il palcoscenico di un evento cruciale: il Forum Globale dedicato ai mangimi animali e ai regolatori del settore. Il Forum ha attirato esperti internazionali, funzionari governativi, ricercatori e leader del settore provenienti da diverse parti del mondo, tutti uniti da un obiettivo comune: trasformare il settore zootecnico per renderlo più efficiente, inclusivo, resiliente e sostenibile.

Il settore dei mangimi animali, con un imponente fatturato annuo di oltre 400 miliardi di dollari e una produzione di oltre un miliardo di tonnellate di mangimi per il bestiame, è stato al centro delle discussioni. Questo settore gioca un ruolo cruciale nella salute degli animali, nell’alimentazione umana e nella sostenibilità ambientale.

Nel suo discorso di apertura, il direttore generale della FAO, Qu Dongyu, ha sottolineato la necessità di una trasformazione nel settore zootecnico per rispondere alle sfide globali. «Nutrire bene gli animali significa nutrire meglio il mondo» ha affermato, sottolineando l’importanza dei mangimi nella catena alimentare globale.

Un aspetto critico emerso durante il Forum è stato l’importanza di garantire la disponibilità, l’accessibilità, la qualità e la sicurezza dei mangimi. Qu Dongyu ha sottolineato che ciò richiederà azioni concrete, dalla gestione delle praterie e dei pascoli alla produzione e lavorazione di mangimi composti. Politiche e regolamenti adeguati saranno essenziali per raggiungere questi obiettivi.

Il Forum ha fornito una piattaforma inclusiva per autorità nazionali e regionali, membri della FAO, settore privato, ricercatori, agenzie di sviluppo e società civile. Alcuni casi studio hanno offerto opportunità per esplorare innovazioni e strategie all’avanguardia per migliorare la produzione di mangimi di alta qualità, sicuri e rispettosi dell’ambiente.

La crescente domanda di proteine animali, trainata dalla crescita demografica e dall’urbanizzazione, è stata al centro delle discussioni. Gli esperti hanno sottolineato la necessità di affrontare le problematiche ambientali, socio-economiche e di sicurezza legate alla produzione di mangimi, con particolare attenzione alla riduzione della resistenza antimicrobica (AMR) attraverso una corretta alimentazione animale.

Dirigenti di gruppi commerciali come l’International Feed Industry Federation (IFIF) ed esperti provenienti da vari Paesi hanno portato prospettive diverse, affrontando questioni che vanno dalla legislazione sulla disponibilità di mangimi allo sviluppo di norme di qualità e sostenibilità.

Il direttore generale ha enfatizzato la necessità di soluzioni accessibili anche per i piccoli e medi allevatori, che rappresentano la maggioranza dei produttori di bestiame nel mondo. Migliorare l’accesso alla conoscenza, alla tecnologia e ai mercati è cruciale per contribuire alla riduzione della povertà e allo sviluppo rurale.

Gli esperti della FAO hanno fornito approfondimenti sulle iniziative dell’organizzazione, compresa l’Iniziativa per la Trasformazione Sostenibile del Bestiame, evidenziando l’importanza della nutrizione animale, della sicurezza dei mangimi e delle pratiche alimentari alternative.

In conclusione, il Forum Globale FAO è stato un catalizzatore per passare all’azione. Con il 60-80% dei costi di produzione del bestiame attribuibili ai mangimi, il miglioramento dell’alimentazione e l’uso efficiente delle risorse locali sono chiavi per aumentare la redditività. L’industria dei mangimi potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nella bioeconomia, utilizzando sottoprodotti e residui per ottimizzare l’uso della terra e rendere i sistemi agroalimentari più sostenibili.

Cibo stampato in 3D: ENEA spiega cos’è e perché è (già) futuro

La Cucina Italiana

Niente di futuristico: il cibo stampato in 3D è tra noi. È un creativo terreno di sperimentazione per chef e pasticcieri – l’ultimo esempio è il tiramisù stampato con gli esperti della Tiramisù World Cup -, una tecnica che usano diverse aziende anche per creare prodotti di largo consumo come la pasta, ed è destinato a diventare sempre più popolare per merito della scienza che fa continui passi in avanti. A che punto siamo ora e cosa succederà in futuro? Cosa spinge gli scienziati a sviluppare tecniche sempre più innovative per il cibo stampato in 3D? Abbiamo posto questa e molte altre domande a Silvia Massa, ricercatrice della Divisione Biotecnologie e Agroindustria di ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – che alla XI edizione della Maker Faire Rome ha presentato anche un progetto relativo al 3D printing del cibo.

Cosa è il cibo stampato in 3D?

«Tecnicamente la tecnologia di stampa tridimensionale è un processo additivo di deposizione di materiale strato per strato che produce oggetti tridimensionali a partire da un modello computerizzato in tre dimensioni. Si parla di cibo 3D quando si usano stampanti alimentari specificamente destinate. Normalmente si stampa per estrusione di materiali commestibili abbinati con elementi che mantengano la forma del cibo che è stata progettata».

Come funziona una stampante per il cibo in 3D?

«Si parte da un modello digitale che si può creare al computer o scansionando un oggetto, che poi viene “scomposto” in sottili strati orizzontali, ciascuno dei quali corrisponde a uno strato fisico che la stampante aggiungerà per creare l’alimento. La creazione del modello genera un file con le istruzioni per la creazione di ciascuno strato da parte della stampante. Parte fondamentale del processo è la preparazione dell’inchiostro con un materiale appropriato: ogni strato deve essere autoconsistente e contemporaneamente fondersi al precedente per creare una struttura tridimensionale solida, pronta per essere consumata sul momento o previa cottura e/o essiccazione».

Quali cibi si possono stampare in 3D?

«Le stampanti 3D alimentari sono progettate per poter utilizzare una grande varietà di materie prime, purché sia possibile, a partire da quegli ingredienti, creare “inchiostri” con caratteristiche (viscosità, elasticità, etc.) idonei alla stampa. Non tutte le matrici alimentari, però, sono adatte a questa tecnologia (spesso sono necessari degli additivi) e i risultati possono variare a seconda degli ingredienti di partenza e della complessità del modello 3D. Puree di vari ortaggi e legumi, per esempio, si possono stampare grazie agli additivi (come trealosio, fecola di patate, alginato o agar, k-carragenina, gomma xantana)».

A cosa serve stampare il cibo in 3D?

«I primi esempi di stampa 3D alimentare sono stati principalmente ludici, in genere limitati a dolciumi a base di cioccolato, caramello o gelatine, decorazioni, impasti a base di farina tra cui pizza, pasta e biscotti, surrogati della carne. In tempi più recenti, questa tecnica ha rivelato il proprio potenziale mostrando tante altre applicazioni, inclusa la personalizzazione dei cibi in base alle esigenze dei singoli consumatori e la riduzione degli sprechi alimentari. Ad esempio, la 3DP (3D printing, ndr) è stata utilizzata per ricreare un cibo composito costituito da puree (tonno, bieta rossa, zucca) di consistenza adatta a pazienti disfagici e dotata di forme accattivanti per rendere il cibo più appetibile. Questo ha un impatto sulla salute e sulla qualità della vita».

Si può stampare in 3D anche la carne coltivata?

«La carne coltivata e la stampa 3D sono due cose distinte: la prima è ottenuta da cellule staminali in laboratorio, mentre la stampa 3D di alimenti a base di carne utilizza la tecnologia di stampa 3D per creare piatti a base di carne usando carne macinata o miscele di carne. Tuttavia in un caso la carne coltivata in laboratorio incontra la 3DP. Per produrre carne in coltura, infatti, le cellule staminali muscolari animali vengono coltivate su strutture di supporto che consentono il trasporto di sostanze nutritive e donano consistenza e struttura. È possibile creare queste “impalcature” utilizzando una tecnologia emergente di stampa 3D, mediante la quale le impalcature diventano parte del prodotto a base di carne, a base di gelatina e collagene».

Perché la produzione di cibo con questo procedimento è sempre più diffusa?

«Consumatori e industria sono sempre più interessati. Si stima che il valore di mercato del 3D food printing entro il 2025 raggiungerà i 360 milioni di euro. Di base c’è una necessità: gli esperti delle Nazioni Unite prevedono che entro il 2100 la popolazione mondiale avrà superato la soglia dei dodici miliardi di persone con conseguente e ulteriore erosione delle risorse naturali, peggioramento della qualità dell’aria e dell’acqua, particolarmente nei Paesi Emergenti. Immaginare come sfamare così tante persone, nelle condizioni che si prospettano, è probabilmente la sfida maggiore con la quale l’umanità dovrà confrontarsi nel prossimo futuro. La stampa 3D sembra destinata a giocare un ruolo di rilevanza nell’alimentazione del futuro, soprattutto in uno scenario in cui le pietanze siano orientate a dare nuova vita agli scarti della produzione alimentare e contenere al tempo stesso la giusta combinazione e misura di nutrienti e molecole bioattive necessari a sostenere una vita sana».

Cosa potrebbe cambiare con la diffusione del cibo stampato in 3D su larga scala?

«L’applicazione della stampa 3D a fini alimentari potrebbe “democratizzare” l’accesso a esperienze culinarie del tutto nuove. Gli esempi sono tanti: la 3DP può permettere la produzione di cibo personalizzato cioè anzitutto “strutturato” e basato su più componenti e categorie nutrizionali, ma anche arricchito con i nutrienti necessari e quindi adattato allo stato di salute, delle carenze nutrizionali. Non da ultimo, il cibo prodotto con questo sistema può contribuire a recuperare sottoprodotti della trasformazione agroalimentare (per esempio della frutta) ai fini dell’arricchimento nutrizionale, per una maggiore sostenibilità ambientale».

Quali sono le applicazioni future che noi consumatori possiamo immaginare? 

«In un futuro non molto lontano potremmo trovare tra i corridoi di un supermercato preparati a elevato valore nutrizionale da poter inserire all’interno di una stampante 3D domestica per ottenere uno spuntino salutare con sapore, consistenza, texture e forma che più ci piacciono. In particolare il futuro che in Enea vediamo è legato a una visione della stampa alimentare 3D che possa aiutarci a superare le sfide ambientali attuali. Ad esempio, le piante sono da sempre considerate fonte di principi nutritivi necessari per la nostra salute (per esempio per la presenza di antiossidanti), ma in futuro sarà sempre più difficile fornire alle persone alimenti di buona qualità di origine vegetale perché le prospettive di sicurezza alimentare sono influenzate dall’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute e sulla produttività delle piante, con effetti sull’intero settore agroalimentare. Inoltre, la prospettiva di aumentare la superficie coltivabile è insufficiente e l’agricoltura intensiva rappresenta già un onere ambientale, essendo responsabile di circa il 20% delle emissioni globali e comportando l’uso di pesticidi. Per questo esiste una forte necessità di nuovi sistemi di approvvigionamento di materie prime commestibili di origine vegetale finalizzate a una dieta sana e sicura. Le cellule vegetali possono essere coltivate in bioreattore ed essere sfruttate come una biomassa alimentare completamente nuova per il consumo umano. Studi condotti presso prestigiosi istituti di ricerca europei indicano come, con questo sistema, molte colture (ad esempio derivanti da bacche e piccoli frutti) conservino i rapporti qualitativi e quantitativi di sostanze nutritive di riferimento, digeribilità, contenuto in carboidrati, fibre, colori e caratteristiche organolettiche simili al frutto fresco di partenza».

Sarebbe come spostare la produzione dai campi al laboratorio?

«Si, è così. Questo approccio alternativo di produzione di alimenti vegetali sposterebbe il paradigma della produzione agricola dal campo al laboratorio in considerazione degli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute e produttività delle varietà di interesse agronomico, divenendo indipendente dalla qualità dei suoli coltivabili e senza intaccare risorse naturali. Sulla base di questo principio ENEA non solo effettua ricerca per valutare il potenziale delle cellule vegetali come ingredienti alimentari, ma sta studiando le proprietà delle materie prime, seconde e di scarto provenienti dall’industria agroalimentare vegetale per creare delle ricette di “inchiostri” da combinare o no alle cellule vegetali e che possano portare alla stampa di alimenti di forma e consistenza opportune ai fini della produzione di alimenti ad alto valore aggiunto e sani senza aggiunta di additivi strutturanti».

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Foreste: perché sono essenziali per il cibo e il nostro futuro

La Cucina Italiana

Le foreste come gli alberi delle città lavorano in silenzio e spesso neppure li notiamo, sebbene siano fra noi. 
È una bella giornata. Usciamo a fare due passi. Sentiamo il fruscio delle foglie e percepiamo la leggera brezza del vento sulla pelle. Siamo circondati dalla natura e gli alberi ci fanno sentire la propria presenza.

Sono alti, senza pretese e, spesso, passano inosservati sullo sfondo. Ma sono lì. Più che un semplice sfondo, gli alberi e le foreste svolgono un ruolo fondamentale per l’esistenza quotidiana dell’uomo.
E non sono solo gli alberi a lavorare. Nelle profondità delle foreste c’è un intricato ecosistema di piante, funghi, insetti e animali che interagiscono e svolgono ruoli fondamentali per la vita di ognuno. Tutti lavorano silenziosamente dietro le quinte per garantire agli esseri viventi acqua fresca da bere, aria da respirare e cibo da mangiare.

Le foreste coprono circa il 31% della superficie globale, ma più della metà delle foreste mondiali si trova in soli cinque Paesi. Esse custodiscono una quantità significativa di biodiversità planetaria, poiché ospitano circa l’80% delle piante e degli animali terrestri
Sono un partner silenzioso, ma vitale nel fornire mezzi di sussistenza e sicurezza alimentare a milioni di persone. Gli alberi si prendono cura delle persone ogni giorno, quindi prendetevi un minuto per riflettere: se gli alberi avessero una voce, cosa direbbero?

Forniamo alimenti nutrienti

I prodotti della foresta, come frutta, noci, insetti e carne selvatica, forniscono energia, proteine, carboidrati e vitamine essenziali e costituiscono una parte fondamentale della dieta, in particolare per le popolazioni rurali che soffrono di insicurezza alimentare.

Per alcune comunità dei bacini del Congo e dell’Amazzonia, il consumo di carne selvatica copre da solo il 60-80% del fabbisogno proteico giornaliero. A livello globale, quasi un miliardo di persone dipende dalla raccolta di cibo selvatico come erbe, frutta, noci, carne e insetti per la propria dieta.

Offriamo mezzi di sussistenza

Si stima che circa 33 milioni di persone (l’1% dell’occupazione globale) lavorino direttamente nel settore forestale. Inoltre, fra i 3,5 miliardi e i 5,76 miliardi di persone utilizzano anche prodotti forestali non legnosi per uso personale o per alimentare i propri mezzi di sussistenza. Che si tratti di legno per abitazioni e mobili, prodotti di bellezza, medicinali, aromi, gli alberi forniscono tutto ciò.
In quanto farmacia della natura, le foreste offrono anche medicinali per il trattamento di un’ampia gamma di disturbi. Circa 50mila specie di piante, molte delle quali crescono nelle foreste, hanno valore medicinale. Molti farmaci comuni derivano da piante forestali, tra cui i farmaci antitumorali ricavati dalla pervinca del Madagascar e il chinino, farmaco contro la malaria, ricavato dagli alberi di china.

Combattiamo il cambiamento climatico

Le foreste offrono protezione. Gli alberi possono attenuare gli effetti del cambiamento climatico e ridurre le emissioni globali di carbonio.

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