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La Cucina Italiana, marzo 2024: l’Editoriale del Direttore

La Cucina Italiana

Sul numero di marzo ora in edicola potrete scegliere tra tantissime ricette tutte facili e gustose, sperimentare i dolci tradizionali della primavera, un pranzo di Pasqua d’autore e le creazioni di Sal De Riso. Intanto, lasciamo la parola al Direttore, Maddalena Fossati Dondero.

L’Editoriale del Direttore

«Anni fa andai in Sicilia a trovare il mitico cuoco Ciccio Sultano; mi portò da un casaro che produceva delle buonissime ricotte con il latte delle sue vacche di Modica. Ci sedemmo intorno a un tavolo ad assaggiare il suo formaggio tiepido, rassicurante, dal sapore onesto. E insieme a lui c’era la moglie. I coniugi sfioravano sommati i due secoli d’età ed erano sposati da tutta la vita, un’eternità. La signora chiaramente brandiva un’evidente leadership, lui accettava il
suo comando in modo naturale. «L’importante è non mandare il marito in palestra», diceva come formula per arrivare intonsi alle nozze di diamante. Una coppia decisamente moderna malgrado il contesto. Mi sono imbattuta recentemente in un articolo di Rina Simonetta apparso su La Cucina Italiana del 1939 intitolato «La donna in casa sua». C’era la celebrazione della casalinga tra le mura domestiche, delle «donne che sentono la loro missione di madri e donne di casa, non di quelle signore che passano la vita tra sale da tè, da gioco e da ballo», cito testualmente. Ora, le cose un po’ (per fortuna e decisamente non abbastanza) sono cambiate, e la cucina è uno scenario emblematico e importante quando si parla di noi, ragazze, donne, madri, amiche, sorelle. Siamo state segregate lì per secoli, poi ne siamo in parte uscite senza però entrare nelle cucine dei grandi ristoranti dove siamo poche. Per ora. In ogni caso, oggi cucinare è un atto di libertà aggiuntivo a quello più classico dell’amore: io cucino ogni giorno colazione e cena e sono «una donna in casa sua» ma vado nelle sale da tè e in palestra e bevo pure l’aperitivo (tralascio le case da gioco). Dove voglio arrivare? Abbiamo ancora tanta strada da fare, ma da quel 1939 molte cose sono cambiate, anche come e perché cuciniamo.»

Maddalena Fossati Dondero

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«Anni fa, i miei genitori ospitarono a casa una signora proveniente da un Paese con una situazione a dir poco difficile e molto povero. Ricordo che la mattina metteva tanto latte nel tè – per nutrirsi di più, diceva – e andava in giro per la città a piedi per risparmiare i soldi del tram. La sera era stanca ma visibilmente felice di stare con noi. Quando partì ci regalò delle piccole tovagliette confezionate con le sue mani per ripagare la nostra generosità. E furono sulla nostra tavola e nei nostri ricordi per tanto tempo. Proveniva da un Paese in piena dittatura e non abbiamo mai più saputo nulla di lei. Pochi giorni fa, Brendan Allthorpe, il nostro art director australiano che ha vissuto per tanti anni in giro per il mondo (sua moglie è milanese), mi ha detto che sta ospitando delle persone scappate dalla guerra. Così, me lo ha riferito in corridoio. Come se fosse la cosa più normale del mondo, ha aperto la sua casa e ogni giorno cucina insieme a loro e per loro, con la semplicità di una famiglia più estesa e le difficoltà della convivenza in un ambiente ristretto. È proprio vero: quando stendiamo la tovaglia per il pranzo e la cena non stiamo solo sedendoci a tavola ma aprendo le trattative a una reale condivisione, dove la parola pace è il piatto principale. Se ci fosse una ricetta, direi che l’ingrediente generosità non potrebbe mancare e neanche un po’ di cuore. E più di tutto, l’amore.»—@MaddalenaFossati

P.S. La Condé Nast, la casa editrice che pubblica La Cucina Italiana, sta raccogliendo fondi per aiutare la popolazione ucraina mediante il sito della Croce Rossa Internazionale > icrc.org

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