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S. Pellegrino Young Chef Academy 2023: vince Nelson Freitas

S. Pellegrino Young Chef Academy 2023: vince Nelson Freitas

Il concorrente dei Paesi Iberici Nelson Freitas si aggiudica la S. Pellegrino Young Chef Academy 2023. Il suo piatto Triglia rossa croccante, riccio di mare e aglio nero fatto in casa ideato in collaborazione con il mentore Filipe Carvalho ha conquistato la Giuria, composta dai rinomati chef internazionali Pía León, Riccardo Camanini, Hélène Darroze, Vicky Lau e Nancy Silverton.

A sorprendere i giudici, la selezione attenta degli ingredienti e la bellezza del piatto, oltre alla forza dei messaggi che ha saputo trasmettere. Una creazione che profuma di oceano e che vede protagonista il pesce, arrivato direttamente dalla sua terra natale, il Portogallo, per la competizione, di cui viene utilizzata ogni parte.

I premi collaterali

Oltre al Premio S.Pellegrino Young Chef Academy, S.Pellegrino ha assegnato altri tre premi collaterali per riflettere la convinzione nel potere della gastronomia e il suo impatto positivo nella società attraverso il cibo. Il Premio Fine Dining Lovers Food for Thought, votato dai lettori di Fine Dining Lovers, è stato assegnato a Ian Goh con il suo “Heritage Lamb”, per aver saputo rappresentare la propria filosofia culinaria attraverso il piatto. Liu He-Sen, con il suo piatto distintivo ‘Homemade oyster sauce with Shandong wagyu’, si è aggiudicato il Premio Acqua Panna Connection in Gastronomy, per aver rappresentato al meglio l’equilibrio tra tradizione e innovazione, esprimendo al contempo l’eredità gastronomica della cultura culinaria cinese. Infine, Artur Gomes, con il suo ‘Vale das Lobas’, vincitore del Premio S.Pellegrino Social Responsibility, assegnato dalla Sustainable Restaurant Association per il messaggio significativo di sostenibilità trasmesso attraverso il suo piatto signature.

Il viaggio di Michele Antonelli, il concorrente italiano

L’Italia è stata in gara con Michele Antonelli, chef del GastroBi di Loreto, che supportato da chef Andrea Aprea ha presentato il piatto Spin the cauliflower. “Un piatto circolare, che esprime il mio forte legame con il territorio marchigiano e i suoi prodotti locali”, spiega Antonelli. “È composto da tre portate, fatte con tutte le parti del cavolfiore, senza scarti: uno snack a base di cavolfiore marinato, tartare di canocchia dell’Adriatico e foglia di cavolfiore; un piatto principale con cavolfiore arrosto, crema di limoni bruciati, mela rosa dei Monti Sibillini, gambo di cavolfiore e salsa di canocchie con la loro colatura; un drink preparato con il resto del cavolfiore. Il piatto ideato da me è al 100% compostabile, stampato in 3D in fibre di mais”.

Marietta Sabatini: la lettera a Pellegrino Artusi

La Cucina Italiana

Di Marietta fino a qualche anno fa si sapeva poco o nulla; ma in anni più recenti ricerche d’archivio condotte da me nel suo paese d’origine e la pubblicazione e lo studio più attento della corrispondenza e dei documenti della sua vita, realizzati con Monica Alba, hanno consentito di ricostruire una vicenda non solo del tutto particolare, ma per certi versi eccezionale.
Assunta Maria Sabatini era nata il 4 ottobre 1860 a Massa e Cozzile, un piccolo paese collinare della Val di Nievole, oggi fra le province di Lucca e Pistoia. Nata, si può dire, con l’unità d’Italia, Marietta seguì la sorte di molte donne del contado, che da quelle zone si trasferivano nella città capoluogo per prestare lavoro a servizio nelle case borghesi. Ma Marietta aveva un’arma in più: non aveva solo una professione, quella di cucitrice, ma sapeva leggere e scrivere. Quella annotazione della scheda del censimento del 1881, quando ancora si trovava nella casa paterna, significa una possibilità nuova, una dote niente affatto banale, niente affatto scontata per una ragazza delle campagne toscane del secondo Ottocento. La capacità di leggere e scrivere, unita alla sua intelligenza e all’onestà del comportamento, che Artusi le riconobbe sempre, aprì a Marietta le porte di una casa signorile, e fece la sua fortuna. Artusi l’accolse come una domestica, ma la trattò come una figlia, e le permise di avere accesso a una vera educazione, la cui forza si legge in tramatura anche nella cartolina postale riportata all’inizio. Era Marietta che leggeva con Artusi e per Artusi, quando l’avanzare dell’età non permetteva al «Signore» di leggere da solo; l’ultimo libro che gli lesse fu l’Eneide, nella traduzione di Annibal Caro. 

Nella straordinaria intervista a Rina Simonetta per “La Cucina Italiana”, Marietta seppe rievocare in maniera ineguagliabile, molto tempo dopo la morte di Artusi, la genesi della Scienza in cucina e il clima che si respirava in quella casa, dove lei fu cuoca, cameriera, soprattutto «maestra» ed efficacissima mediatrice negli affari e nelle vicende famigliari di Artusi: davvero, tante volte, la sua voce e il suo collegamento col mondo. A lei, insieme a Francesco Ruffilli, Artusi lasciò, in segno di gratitudine, i diritti d’autore del libro, che Marietta soprattutto seppe difendere e tutelare fino all’ultimo. A lei si deve anche, in quel libro, la traccia della lingua toscana spontanea: suggeritrice non solo di ricette (il «Panettone Marietta»), ma di lingua e di parole (le «ciocchettine» e i «ramettini» degli «odori»), fu, su scala certo minore ma non trascurabile, quello che Emilia Luti era stata per Manzoni, nel collaborare a quello straordinario capolavoro che è stato ed è, per generazioni di italiani e di italiane, La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene.

Testo di Giovanna Frosini

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