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Pagamenti con il pos: la maggiorazione è legale? Il caso

La Cucina Italiana

Un euro in più per aver saldato con il Bancomat: l’ultima singolare storia sui pagamenti con il pos arriva da San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Protagonista una donna che ha fatto colazione seduta al tavolo in un bar del paese e che, quando ha pagato il conto, si è accorta di un’anomalia: oltre al cappuccino, alla brioche, al servizio al tavolo, nello scontrino si è ritrovata un supplemento del 22% per il «servizio pagamento bancomat». La spiegazione del gestore? Di fatto nessuna, e così la cliente ha pensato di rivolgersi alle forze dell’ordine che sono prontamente intervenute e, dopo una contestazione formale, hanno segnalato il bar all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato che gli comminerà una multa salata.

Maggiorazione per i pagamenti con il pos: è legale?

Applicare un surplus per i pagamenti con il pos è infatti assolutamente vietato. L’articolo 62 del Codice del Consumo parla chiaro: «I professionisti (termine generico per indicare imprenditori, commercianti, eccetera, ndr) non possono imporre ai consumatori, in relazione all’uso di determinati strumenti di pagamento, spese per l’uso di detti strumenti». Di questi strumenti, dunque, fanno parte tutti i pagamenti elettronici, e quindi carte di credito e debito, prepagate, applicazioni per smartphone.

Anche le regole europee parlano chiaro, e lo ha ricordato per primo Paolo Carestiato, comandante della polizia locale che è intervenuta in aiuto della malcapitata cliente del bar di San Donà di Piave. «Oltre che nel codice del consumo, il divieto è stato rimarcato anche dalla direttiva europea PSD2 (Payment Service Directive II), recepita nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 218 del 15 dicembre 2017, anche se semplicemente posto a carico di coloro che utilizzano circuiti relativamente meno diffusi (come ad esempio American Express o Diners) rispetto ai più “classici” Visa o MasterCard». È dal 2017, infatti, che in Italia vige l’obbligo di accettare i pagamenti con il pos, e dal 2022 è prevista anche una sanzione per chi si rifiuta di accettare questo tipo di pagamenti. Anzi, una sanzione doppia: fissa di 30 euro, a cui si deve aggiungere il 4% del valore dell’operazione per cui pagamento elettronico non è stato accettato. Le sanzioni per chi consente di pagare con il pos ma chiede un supplemento sono anche più care: vengono comminate proprio dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, a cui la polizia di San Donà ha segnalato il caso del bar, e vanno da un minimo di 2.000 euro ad un massimo di 5 milioni di euro.

Pagamenti con il pos: il comportamento corretto dei gestori 

Regole che i ristoratori conoscono, e che gli vengono continuamente ricordate. «L’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato dirama circolari e inoltra comunicazioni, anche per tramite delle associazioni di categoria, invitando tutti gli esercenti commerciali, ivi inclusi i venditori di piccole dimensioni di beni e servizi, del divieto di applicare un supplemento di prezzo nei confronti dei consumatori che utilizzano carte di credito o di debito», ha infatti specificato ancora il comandante Paolo Carestiato.

Perché il pos diventa un problema

Perché allora tanta ostilità nei confronti dei pagamenti con il Pos? I «no pos» si lamentano delle commissione, ma negli ultimi 5 anni i costi per acquistare un Pos sono crollati del 66,5% (dati Osservatorio ConfrontaConti.it e Sostariffe.it), e intanto si sono moltiplicate le banche che non chiedono commissioni sotto i 10 o i 5 euro (la cifra, più o meno, del conto della signora di San Donà di Piave). 

Come segnalare le anomalie

Quel che è certo è che se capita di avere problemi possiamo tutelarci chiamando le forze dell’ordine e segnalando il fatto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), compilando un semplice modulo che si trova su www.agcm.it/segnala-online/come-segnalare.

Ristorante senza pos: cosa fare

È altrettanto certo che un ristoratore deve avere il pos e che, se non funziona, ha l’obbligo di comunicarlo chiaramente al cliente prima che si sieda e ordini la cena. Regole che abbiamo ricordato in occasione di un’altra singolare storia sui pagamenti con il pos: quella del giornalista e conduttore radiofonico di Rai Radio1 Giancarlo Loquenzi che pochi giorni fa è stato costretto ad andar via da un ristorante di Roma nonostante i piatti fossero già in tavola perché il gestore non aveva il pos né accettava alternative per il pagamento. Come ci ha spiegato l’avvocato Elia Ceriani, quando il post non funziona il ristoratore deve lasciare il cliente libero di scegliere se restare oppure no. E non solo: «Se il cliente non ha contanti, può proporre un’alternativa per il pagamento, come un bonifico istantaneo o altre modalità di pagamento elettronico (come ha fatto Loquenzi, ndr)».

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Il ristorante è senza pos e voi siete senza contanti. Può capitare anche se non dovrebbe, dato che il pos per gli esercizi commerciali è obbligatorio, ma la storia che ha raccontato giornalista e conduttore radiofonico di Rai Radio1 Giancarlo Loquenzi su Twitter è decisamente singolare. È stato costretto ad andar via da un ristorante romano dopo aver ordinato e con le portate già in tavola, perché il locale non aveva il pos, lui non aveva contanti in tasca, e i gestori hanno rifiutato ogni possibile alternativa per il pagamento.

Ristorante senza pos: la storia

«Ieri sera vado con una amica in una famosa bisteccheria romana. Ci sediamo, ordiniamo. Il cameriere porta l’acqua e gli antipasti: una bruschetta e un supplì» ha twittato Loquenzi. «Con l’occasione ci comunica che il pos è rotto e dovremo pagare solo in contanti. La mia amica e io ci frughiamo le tasche e mettiamo insieme a stento 5 euro. Dico: è un bel problema, perché di contanti non ne abbiamo, cosa vogliamo fare? Il cameriere farfuglia delle scuse (“dovevamo dirvelo prima”) ma mantiene il punto e non offre soluzioni». «Dico: ma mica vorrà che ce ne andiamo, così con i piatti già in tavola e le bistecche già ordinate? E lui: eh mi dispiace ma sì, dovete andare», ha proseguito il giornalista, raccontando che poi si è rivolto al manager del locale provando a trovare una soluzione. La risposta? «Non c’è altro da fare»: una sentenza netta, anche a fronte della disponibilità di Loquenzi a trovare una soluzione: «faccio un bonifico, lascio un documento e passo domani, passo dopo aver fatto un bancomat», ha proposto infatti il giornalista. «No, no, se lo faccio con lei poi lo devo fare con tutti, troppo casino» ha replicato dalla sua il gestore, e questo nonostante la cena fosse stata già ordinata e la bruschetta e il supplì fossero già a tavola.

La fine della storia? Loquenzi e la sua amica sono rimasti a stomaco vuoto: il cameriere ha persino ripreso i piatti mentre il giornalista discuteva con il manager. Per il ristoratore, però, nulla è cambiato: Loquenzi, dimostrando una certa eleganza, non ne ha svelato il nome.

Ristorante senza pos: come comportarsi

Non ha nemmeno però esercitato un suo diritto, cioè chiamare le forze dell’ordine, che avrebbero potuto comminare una sanzione al ristorante. La legge infatti – bene ricordarlo – impone a tutti gli esercizi pubblici e commerciali di avere il pos e chi si rifiuta di accettare pagamenti elettronici deve pagare una multa di 30 euro più il 4% dell’importo del conto. E non è solo per questo se il ristorante è in torto. Come ci ha spiegato l’avvocato Elia Ceriani, quando il post non funziona (può succedere anche questo), il ristoratore ha l’obbligo di avvisare i clienti prima che si siedano, con un cartello ben visibile e a voce, in modo che il cliente sia libero di scegliere se restare oppure no. E non solo: «Se il cliente non ha contanti, può proporre un’alternativa per il pagamento, come un bonifico istantaneo o altre modalità di pagamento elettronico (come ha fatto Loquenzi, ndr). Un ristoratore non può obbligare il cliente a recarsi a un bancomat e, ovviamente, se non salda non può nemmeno trattenerlo nel ristorante», ci ha spiegato Ceriani. Se però il cliente va via, il ristoratore può e deve accettare modalità di pagamento alternative alla carta e ai contanti. «Può tutelarsi chiedendo le sue generalità in modo da poter intraprendere un’eventuale azione legale nel caso in cui non dovesse riscuotere il dovuto». Insomma, questo ristoratore romano avrebbe potuto optare per diverse soluzioni. E i suoi malcapitati clienti tutelarsi in molti modi.

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