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Bambini al ristorante: 10 regole da rispettare secondo l’esperto

La Cucina Italiana

5 Una volta scelto il locale, si passa alla prenotazione. I genitori devono informare al momento della prenotazione che porteranno i figli, così il ristoratore troverà un tavolo adeguato.

6 Importante anche la sistemazione al tavolo, specie se la compagnia è composta da più coppie e più bambini: per il tavolo rettangolare in teoria gli adulti devono occupare la parte centrale con i bambini riuniti in due gruppetti ai lati, in base all’età (i più piccoli da una parte e i pre-adolescenti dall’altra) o, se si preferisce, maschietti da una parte e femminucce dall’altra. Nel caso di tavoli tondi, se ne possono occupare due vicini, uno per i genitori e uno per i figli che saranno comunque sorvegliati da mamme e papà. Non devono dare disturbo agli altri ospiti del locale.

7 I bimbi di solito mangiano meno (non tutta la serie di antipasto, primo, secondo, dolce). Un’idea saggia è chiedere che il cibo per i bambini, magari solo un piatto unico, sia portato insieme agli antipasti, così non si sentiranno in disparte e nervosi.

8 Il compito dei genitori non è finito quando i bambini sono stati nutriti. Anzi. Il dopo mangiato potrebbe essere uno stimolo a farli giocare, ma che siano giochi non rumorosi: gli altri clienti non sono obbligati a sentire la sigla di Peppa Pig o i suoni del  videogioco.

9 Il ristorante può essere una palestra, è tra i primi contatti della vita di società. Ma non può essere l’unica palestra. Si dovrebbe andare se e quando i bambini sono pronti a capire e vivere i tempi del pasto al ristorante, che non sono quelli di casa, dove magari si mangia in 20 minuti e poi si torna a giocare. Meglio dunque che il bambino abbia già avuto esperienza di mangiare fuori casa (da amici, dai nonni ecc.) così che possa accettare che le regole del ristorante non sono quelle di casa.

10 Abituarsi a tollerare e ad essere tollerati. Ci si può trovare in un locale dove ci sono altri bambini in altri tavoli. Se fanno confusione quelli dell’altro tavolo, non è il via libera per i nostri bambini. Resistere alla scusante che «se fanno confusione gli altri lo possono fare anche i nostri».

Siete d’accordo?

Qual è il vostro parere su queste regole? Siete totalmente d’accordo, totalmente in disaccordo, oppure ci sono punti che vi convincono e altri meno? Per esempio sul punto 3 a noi ci verrebbe da dire: «Vero!», ma è vero anche che sarebbe bello che sempre più ristoranti si attrezzassero di loro spontanea iniziativa per offrire più attenzioni ai bambini, come menù dedicati o, semplicemente, fornendo un seggiolino (che spesso non c’è). Diteci la vostra!

Pescaturismo: come rispettare il mare in vacanza

Pescaturismo: come rispettare il mare in vacanza

Scoprire il mare in una forma diversa, trascorrere una giornata a bordo di un peschereccio accanto ai pescatori, scoprire le coste italiane e i segreti dei fondali, gustare il pesce appena pescato riscoprendo le ricette della tradizione locale, praticare la pesca sportiva a bordo, tutto questo si racchiude nel concetto di pescaturismo.

Ancora non sapete dove o cosa fare in vacanza? Ci sono attività che fanno bene a voi e all’ambiente. Una di queste è il pescaturismo: regolamentata dal decreto ministeriale 293 del 13 aprile 1999, consente di portare a bordo dell’imbarcazione da pesca turisti e mostrare l’attività di pesca professionale ed escursioni della costa. Questa forma di turismo nasce nell’ottica del “turismo responsabile, per valorizzare le realtà sociali e ambientali dei luoghi più suggestivi in Italia.

Spesso pescaturismo e ittiturismo sono confuse. Si tratta di due attività diverse e complementari, la prima è riferita all’esercizio delle attività di pesca. L’ittiturismo è invece da intendersi come l’insieme della attività turistiche esercitabili dal pescatore quali ospitalità in case e villaggi di pescatori, e ristorazione a base di pescato.

In cosa consiste il pescaturismo

Da un lato risponde all’esigenza di diversificazione di parte delle attività di pesca,  dall’altro permette al visitatore di conoscere il mare e le sue tradizioni. Il pescaturismo permette quindi ai pescatori di  incrementare la loro economia senza sovrasfruttare le risorse del mare, anzi favorendo il ritorno alle tecniche tradizionali, legate al mondo della piccola pesca. A bordo dei pescherecci si può partecipare a molteplici attività nell’ottica della divulgazione della cultura del mare e della pesca, come: brevi escursioni lungo le coste, l’osservazione delle attività di pesca professionale, la ristorazione a bordo o a terra, la pesca sportiva e tutte quelle attività finalizzate alla conoscenza ed alla valorizzazione dell’ambiente costiero che possono servire ad avvicinare il grande pubblico al mondo della pesca professionale.

Pescaturismo: dove si pratica

Si può praticare in tutta Italia dalla costa Adriatica a quella del mar Ligure. In Veneto vi sono cooperative dei pescatori di Mestre, Chioggia e Scardovari; scendendo in Emilia Romagna ci sono i pescatori di Comacchio, Cesenatico e Porto Garibaldi. Molti sono i luoghi in Puglia dove trovare attività giornaliere: da Monopoli a Gallipoli, Bari, Taranto e Manfredonia. Anche la Sicilia non è da meno: Favignana, Acireale, Trapani, Catania, Modica e Lipari sono alcuni dei nomi. Molto più diffuso in Liguria dove nei porti di Rapallo, Riomaggiore, Sanremo, Savona e Imperia, Sestri Levante troverete numerose cooperative per praticare il pescaturismo. In Toscana potrete costeggiare il Parco dell’Uccellina – Parco Naturale della Maremma. Anche in Sardegna si può trovare presso l’isola dell’Asinara, selvaggia e di rara bellezza. In Campania invece lo si può trovare con partenza dai porti di Sorrento o Massa Lubrense.

Pescaturismo: 4 cose da sapere

Le 5 regole del caffè che tutti i bar dovrebbero rispettare

Come riconoscere un buon caffè al bar secondo il Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale

Il caffè del mattino (77%). Quello della pausa (53%), del pranzo, della metà pomeriggio e persino della sera. Gli italiani lo amano e lo bevono a casa (92%) e al bar (72%). Il 58% dice di berlo per trovare la carica necessaria ad affrontare la giornata e il 77% lo beve la mattina appena sveglio, per il 47% degli intervistati è un piacere e il 37% lo considera un rito da consumare insieme agli altri. (fonte: Coffee Monitor 2018, Nomisma).

Ma come lo beviamo? Il Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale ha stilato un Disciplinare, condiviso con il Comitato Italiano del Caffè per consentirci di chiedere il meglio dalla nostra bevanda preferita, imparando a distinguere un caffè buono da un caffé preparato male.

Il caffè in grani e la macinatura

Prediligete i bar che macinano direttamente: dopo solo 15 minuti dalla macinazione perde circa il 65% degli aromi. Va quindi usato unicamente il caffè in grani che dovrà essere macinato con una grammatura che può variare tra i 7 e i 9 g., avendo cura di farlo rimanere nel dosatore il minor tempo possibile. Anche se mantenuto in grani il caffè va conservato in appositi contenitori che vanno puliti periodicamente poiché l’olio contenuto all’interno dei chicchi può ossidare al contatto con l’aria e irrancidire.

L’estrazione della bevanda

Il tempo di contatto fra acqua e caffè condiziona l’estrazione delle componenti aromatiche presenti all’interno del chicco. Maggiore è l’estrazione e maggiore è il numero di sostanze idrosolubili all’interno della bevanda. Questo però non è necessariamente un bene, perché alcune di queste sostanze non sono gradevoli, per cui l’obiettivo finale è quello di trovare il giusto equilibrio. Il tempo di erogazione è tra i 20 e i 27 secondi.

L’aroma

Se sentiamo l’esigenza di aggiungere zucchero, significa che non è stato preparato correttamente. L’aroma dovrà essere gradevole ed intenso, il gusto pieno gradevolmente amaro e mai astringente. A influire negativamente sulla cosa potrebbero essere la cattiva pulizia della macchina e una macinatura vecchia.

La tazzina

Il contenuto nella tazzina dovrà essere tra i 13 e i 26 g. ad una temperatura tra i 90°C e i 96°C. Il caffè dovrà essere servito preferibilmente in tazzine di porcellana con il fondo più stretto rispetto all’imboccatura e di spessore adeguato a mantenere la temperatura.

La crema

Il Caffè Espresso Italiano Tradizionale per essere considerato tale si dovrà presentare con una crema uniforme e persistente per almeno 120 secondi dal termine di erogazione della bevanda non rimescolata.

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