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La pasta fatta in casa: scopriamo i segreti insieme (video)

La Cucina Italiana

La pasta fatta in casa ha tutto un altro sapore. Preparata con pochi e semplici ingredienti come farina e uova, offre un gusto fresco e autentico. Arrotolata e tirata a mano o utilizzando una macchina per la pasta, la consistenza è impeccabile. Potete sperimentare con forme diverse, come tagliatelle, fettuccine o ravioli, e abbinarla a una varietà di salse e condimenti per creare piatti unici e gustosi. La pasta fatta in casa aggiunge un tocco speciale a qualsiasi pasto e regala la soddisfazione di creare un piatto con le proprie mani.

E allora ecco come prepararla con le istruzioni di Davide Negri, chef della Scuola de La Cucina Italiana. 

Versate la farina su una spianata, create una fontana aiutandovi con il fondo di una ciotola, aggiungete le uova e iniziate a impastare verso l’esterno e verso l’interno, poi amalgamate con il palmo delle mani. Et voilà!

Se vi sembra che dirlo sia più semplice che farlo, ecco a voi un video dimostrativo:

Qual è la farina migliore per fare la pasta fatta in casa?

La farina migliore per fare la pasta fatta in casa è la farina di semola di grano duro. Questa farina è ottenuta dalla macinazione del grano duro, che è una varietà di grano con un alto contenuto di proteine e glutine. Il glutine è essenziale per creare una pasta elastica e resistente, che può essere facilmente arrotolata e tirata senza rompersi.

i segreti della nonna Riccarda | La Cucina Italiana

i segreti della nonna Riccarda
| La Cucina Italiana

Non penserete che preparare una polenta buona sia una cosa semplice? Secondo Riccarda Boroni, ex magliaia, single per scelta, nonna adottiva dei figli dei suoi cugini, ci sono alcuni segreti per farla perfetta: farina di qualità, paiolo in rame, mestolo di abete e, naturalmente, stufa a legna dove viene meglio perché cuoce direttamente sul fuoco. Facile per Riccarda, che abita a Bocenago, un paesino prima di Pinzolo in Val Rendena, dove la pregiata farina di Storo, ottenuta da pannocchie rosse, si trova in qualunque supermercato, e quasi tutti hanno in casa un paiolo e un bastone di legno per mescolare.

«Quando si addensa, bisogna girare vigorosamente per almeno quarantacinque minuti», spiega la signora. Una volta pronta, si versa su un tagliere e da lì si procede secondo ricetta. Un suo cavallo da battaglia è la polenta cunciada (da non confondere con quella concia): la divide in gnocchetti della dimensione di un cucchiaio, li mette a strati in una zuppiera con tanto formaggio grana in mezzo, e li condisce con abbondante burro fuso e salvia. Non leggerissima, ma squisita. Oppure la serve a fette con crauti, cotechino e pivarada, una crema di pane molto pepata che si fa da quelle parti. «Sa la cosa bella della polenta?», chiede. «Non se ne butta nemmeno una briciola. Quella avanzata si può abbrustolire e mangiare con il formaggio, oppure si rosola in padella con burro e zucchero, tagliata a fettine sottilissime. Una merenda deliziosa». Polenta a parte, Riccarda, depositaria di molte ricette trentine di una volta, è tra le poche che fanno ancora il patùgol, un pasticcio di patate e formaggio tipico delle Valli Giudicarie, e la torta di erbette (del suo orto) con uva sultanina e zucchero a velo, a dimostrare che nella cucina di casa e del riciclo tra dolce e salato non c’è confine.

Polenta buona, cotechino e crauti con la pivarada

«Per la polenta, porto a bollore nel paiolo messo sulla stufa (o in una casseruola con il fondo pesante, ndr) un litro e mezzo scarso di acqua con 1 cucchiaino di sale. Tuffo due farine di mais, una grossa e una fina, 150 grammi per tipo, e intanto mescolo velocemente con una frusta per non creare grumi; cuocio la polenta per 45 minuti circa senza smettere di rimestarla con il bastone o con un cucchiaio di legno. Il cotechino lo bucherello con uno stecchino e lo faccio sobbollire per un’ora e mezza, partendo da acqua fredda, poi cambio l’acqua e lo lesso ancora un’altra ora e mezza tenendo da parte un po’ di quest’ultima acqua. Cuocio i crauti in un soffritto di cipolla e pancetta per tre ore. Per la pivarada, stempero il pangrattato con poca acqua fredda, lo insaporisco con mezzo dado vegetale, un po’ di burro, un mestolino della seconda acqua del cotechino tenuta da parte e pepe macinato, poi la cuocio per 45 minuti e verso la fine aggiungo una bella manciata di grana grattugiato. La consistenza dovrà risultare cremosa, come quella del semolino».

Tutti i segreti dello Spritz (alla veneta) | La Cucina Italiana

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Ingredienti

3 parti di Prosecco
2 parti di bitter (Aperol, Select o similari)
1 di soda o acqua molto gassata
1 fetta di arancia
1 oliva verde sott’aceto
ghiaccio

Partite sempre dal ghiaccio, e usatene in abbondanza: questo raffredderà il bicchiere e, se messo prima di tutti gli altri ingredienti e non alla fine, non farà evaporare le bollicine del Prosecco. Quindi versate il prosecco, unite la soda. Per rendere più aromatico lo Spritz, potete inserire, oltre alla classica fettina di arancia (meglio bio, per via della buccia) anche un po’ del suo succo e una spolverizzata di buccia grattugiata. Mescolate brevemente, con un bastoncino o cucchiaio da cocktail, infine inserite uno stecchino con un’oliva verde sott’aceto e servite.

3 parti di Prosecco
1 parte di sciroppo di Sambuco
1 parte di soda
1 lime biologico
menta fresca
ghiaccio

Per questa variante di Spritz, il segreto è lo sciroppo di sambuco, meglio se realizzato in casa, con i fiori raccolti in stagione. In alternativa, optate per un buon prodotto artigianale: sarà fondamentale per la buona riuscita di questa variante.

Il rito del tramezzino

Uno degli abbinamenti classici con lo Spritz? Il tramezzino imbottito, senza dubbio. Anche qui tantissime le varianti: triangolare ed esageratamente imbottito (sono detti “panciuti”) al centro come si usa nei migliori bacari (gli storici bar) di Venezia . Oppure rettangolare alla maniera padovana, ben imbottito e piastrato, come un toast, come vi proponiamo qui.

Ecco qualche segreto per preparare uno street food che, se fatto bene, sarà davvero sfizioso.

Prima di tutto prediligete pancarrè senza crosta, da tramezzini appunto, e farcitelo in modo uniforme, distribuendo internamente un velo di maionese o maionese mista a senape. Il ripieno, che siano affettati, formaggi o verdure, deve essere composto da tanti sottili strati: questo renderà il morso piacevole e fragrante. Una volta farcito il tramezzino, schiacciatelo, delicatamente e leggermente, con un batticarne, magari ponendovi sopra un po’ di pellicola per alimenti per rendere più facile l’operazione.

Infine piastrate il vostro tramezzino oppure scaldatelo in una padella leggermente unta con olio extravergine e burro: questo creerà una piacevole crosticina esterna e fonderà, nel caso del formaggio, la farcitura, rendendo irresistibile il risultato finale.

Qualche abbinamento classico per la farcitura? Porchetta e Asiago, oppure cavolo cappuccio e Soppressa, un classico salume veneto a pasta morbida. E ancora, prosciutto cotto e verza stufata.

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