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Mangiare in spiaggia è vietato o no? L’avvocato risponde

La Cucina Italiana

Mangiare in spiaggia è vietato oppure no? Ogni estate sorge il dubbio, con ordinanze e divieti di vario tipo dei Comuni e talvolta iniziative quanto meno singolari di certi stabilimenti balneari. Per esempio l’anno scorso a Bacoli, in provincia di Napoli, ha fatto scalpore il caso di alcuni gestori di lidi che hanno addirittura perquisito le borse dei clienti proprio per verificare che non portassero con sé cose da mangiare e da bere. Quest’anno a tenere banco sul tema «mangiare in spiaggia» è la notizia dell’ordinanza con cui il comune di Sant’Antioco (provincia Sud Sardegna) ha annunciato che è pronto a fare multe fino a 500 euro se i bagnanti violeranno la regola per cui al mare è vietato «fare picnic o consumare pasti di qualsiasi natura». 

Così è scritto nell’ordinanza, alla quale poi il sindaco ha fatto seguire, a mezzo stampa, una dovuta precisazione che (forse) ha messo al riparo i turisti da potenziali vigili troppo zelanti che, se si attenessero strettamente alla regola scritta, potrebbero effettivamente fare multe salate a bagnanti che hanno tra le mani «pasti di qualsiasi natura». Il primo cittadino Ignazio Locci ha infatti spiegato che «è logico che se si sta mangiando un panino o un’insalata non ci sono problemi». Ma qual è la regola generale? Cosa dice la legge? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Elia Ceriani.

Si può mangiare in una spiaggia libera?

«Nessuno può vietare di mangiare in spiaggia», spiega l’avvocato Elia Ceriani. «Partendo da questo presupposto, però, è necessario fare delle precisazioni. In spiaggia non si possono accendere fuochi, e quindi fare barbecue, e ci sono diverse ordinanze comunali a tutela dell’ambiente, in spiagge con habitat particolari, in cui può essere vietato anche solo posizionare tavoli per fare delle tavolate». Tavolate che il buon senso di per sé già impone di non fare ma, proprio perché ci possono essere regole specifiche da comune a comune, è bene informarsi. «La parentesi discrezionale in effetti è ampia: il decoro già imporrebbe di evitare gazebi o strutture simili allestite per il pranzo e la cena, eppure non è raro imbattersi in situazioni di questo tipo», nota ancora Ceriani. Quel che è certo è che in spiaggia, appunto, si può mangiare: «Nessuno può vietarci di mangiare un panino, una focaccia, un’insalata portata da casa (come ha poi specificato anche il sindaco di Sant’Antioco, ndr)», prosegue. 

Si può mangiare in uno stabilimento balneare?

Via libera dunque sulle spiagge libere. E per gli stabilimenti balneari le regole sono le stesse? Dopo il caso di Bacoli si era sollevata una polemica tra le associazioni di consumatori e alcuni sindacati dei balneari che avevano scritto sul proprio sito che per un gestore è lecito impedire ai bagnanti di mangiare le proprie vivande sotto l’ombrellone, avvisando per tempo con un apposito cartello. «E invece è assolutamente illegale», specifica l’avvocato Ceriani, come hanno fatto tanti esperti che in quell’occasione hanno sottolineato quanto fosse sbagliata quell’affermazione, in quanto la spiaggia è un bene demaniale, di tutti, che i balneari hanno solo in concessione. «Se si utilizzano i loro servizi (lettino, ombrello, doccia, etc…) è doveroso pagare, ma il gestore di uno stabilimento non può assolutamente impedire a un cliente di mangiare sotto l’ombrellone. Ovviamente valgono sempre le regole di buon senso: no ai pic nic, no alle tavolate, e no al cibo portato da casa e consumato negli spazi di ristoranti e bar dello stabilimento. Per il resto la scelta di cosa mangiare, e come mangiare, è assolutamente personale», conclude l’avvocato Elia Ceriani.

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Scafati è stato il primo comune a proibirne la commercializzazione da parte dei panifici e dei negozi di generi alimentari. È successo anche per le zeppole

Quest’anno la pastiera toccherà imparare a farla in casa: a Scafati, in provincia di Salerno, così come in altri Comuni campani che hanno seguito il suo esempio, è stata vietata la vendita del dolce simbolo della Pasqua e della tradizione partenopea. Le pasticcerie (così come i ristoranti, i bar, i pub e le gelaterie) sono chiuse per l’emergenza coronavirus? E allora il sindaco Cristoforo Salvati ha deciso che «panifici, salumerie e i negozi di generi alimentari» (rimasti aperti perché vendono merce di prima necessità) non faranno loro concorrenza: non potranno commercializzare «prodotti di pasticceria fresca».

«Il provvedimento si è reso necessario alla luce di numerose richieste pervenute alla mia attenzione circa la possibilità di vendita da parte dei panifici di dolci con crema ed altri prodotti di pasticceria», ha spiegato il primo cittadino nella sua ordinanza, «considerando che, con l’approssimarsi delle festività della Santa Pasqua, è tradizione consumare particolari tipi di dolci come zeppole e pastiere di grano». I panifici, le salumerie e i negozi di generi alimentari sono autorizzati a produrre solo pane, grissini, pane biscottato, taralli: tutti i prodotti, insomma, considerati di prima necessità. E i trasgressori potranno essere puniti con una sanzione fino a 500 euro.

La Campania, rispetto al resto dell’Italia, ha una diversa posizione, più rigida, riguardo alle consegne a domicilio: secondo Vincenzo De Luca, presidente della Regione, possono essere «strumenti di diffusione del contagio».

Gli altri cibi vietati

Il divieto aveva già colpito le famose zeppole di San Giuseppe, che vengono preparate per la festa del papà e che sono state dichiarate «non di prima necessità» in diversi comuni campani: quattro pasticcieri di Marano di Napoli sono stati denunciati dai carabinieri, che hanno scoperto il laboratorio di pasticceria aperto e una rete di vendita a domicilio.

D’altra parte, a Roma la stretta riguarda la pizza: i fornai non dovrebbero commercializzare quella farcita, ma solo la semplice pizza rossa (con pomodoro e olio) e quella bianca (condita con olio e rosmarino), almeno in base alla circolare inviata agli agenti della Polizia Locale di Roma Capitale. Non si tratterebbe di una vera e propria imposizione, ma di un “consiglio” per evitare assembramenti: secondo l’ufficio di Studi Normativi, infatti, un certo tipo di pizza, quella con la mozzarella, la verdura, i formaggi, il prosciutto, le patate, ad esempio, potrebbe invogliare le persone a consumare all’interno del locale e a creare pericolosi assembramenti.

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