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Come riciclare la colomba in 15 ricette

Come riciclare la colomba in 15 ricette

Come avete passato Pasqua e Pasquetta? Ci auguriamo in serenità con i vostri cari e, soprattutto, a pancia piena! Oltre ai classici regionali immancabili sulla tavola delle Feste, ci aspettiamo che tra una pastiera e una cassata, sia volata almeno una colomba pasquale, accanto alle uova di cioccolato – o di caciocavallo! Dalla ricetta classica alla colomba con crema di pistacchio, le dolci alternative sono numerose e tutte deliziose. Però Pasqua è piuttosto corta come festività, come si fa a consumare tutte queste dolcezze in tre giorni? Ecco allora come riciclare la colomba in maniera sfiziosa e intelligente.

Come riciclare la colomba avanzata?

La colomba è ideale anche a colazione, oltre che a fine pasto o merenda. Se si è un po’ stanchi della versione semplice, si può pensare di variare andando ad aggiungere una crema di ricotta e frutta. La colomba avanzata può benissimo diventare la base per altre ricette: dal cubo di colomba con crema cotta ai piccoli babà fino agli zuccottini, è un dolce riciclo infinito! Se poi la colomba si è un po’ seccata, nessun problema: toastiamola e impieghiamola in dessert originali come il millefoglie di cialde di colomba con fragole, il toast di colomba o addirittura il sandwich! Se oltre alla colomba sono avanzate anche le uova di cioccolato, potete unire le due delizie, proviamo?

Ecco le 15 ricette per riciclare la colomba pasquale

Olio di girasole: conviene fare scorta?

La Cucina Italiana

“Acquisto massimo: due bottiglie”. Al supermercato, sugli scaffali dell’olio di girasole, i cartelli invitano alla moderazione nell’acquisto di beni che arrivano dalle zone del conflitto fra Russia e Ucraina (ci sono anche farina e zucchero e prodotti preparati con mais e grano) e che, quindi, nei prossimi mesi, potrebbero scarseggiare. Un accorgimento adottato per garantire continuità ai rifornimenti ed evitare speculazioni sul cibo che potrebbero portare ad aumenti di prezzo.

Ma perché l’olio di girasole scarseggia? Il 60% della produzione mondiale e il 75% dell’export proviene dall’Ucraina, che rappresenta il principale coltivatore di girasoli al mondo. Secondo le stime di Coldiretti, su 570 milioni di euro di prodotti importati da Kiev in Italia, 260 sono stati spesi per l’olio di girasole. A causa del conflitto, i porti di Odessa e Mariupol, in Ucraina, sono stati chiusi, bloccando gli scambi tra Russia, Ucraina e Paesi europei.

Secondo l’Assitol (Associazione italiana dell’industria olearia), con l’attuale andamento dei consumi, entro la fine del mese le scorte di olio di girasole potrebbero finire. E se il conflitto dovesse proseguire, “la situazione potrebbe inoltre complicarsi ulteriormente, perché salterebbe la semina”. 

L’olio di girasole viene utilizzato per la preparazione di conserve, biscotti, salse (basti pensare alla maionese), condimenti, sughi, fritture (ha un buon punto di fumo, intorno ai 225°) e pasta. Se le scorte finissero, le aziende alimentari potrebbero dover cambiare gli ingredienti con cui preparano i loro prodotti. La soluzione potrebbe essere quella di trovare presto altri Paesi da cui rifornirsi degli ingredienti che servono alle industrie, e l’Italia ci sta già lavorando, ma non sarà – ovviamente – un risultato immediato. 

Per questo il ministero dello Sviluppo economico, in una circolare pubblicata nei giorni scorsi, ha dato il via libera alla modifica delle etichette per le società che producono biscotti, maionese, creme spalmabili, sughi e altri alimenti lavorati. Le nuove etichette potranno essere incollate, con sticker adesivi, sulle vecchie confezioni, che potranno anche essere sovrascritte “attraverso il getto d’inchiostro o altri sistemi equivalenti”, per specificare con che cosa verrà sostituito l’olio di girasole.

Sulle nuove etichette, anziché specificare se fra gli ingredienti ci sono olio di palma, di mais o di soia, basterà indicare “oli e grassi” con la precisazione “dalle origini vegetali potenzialmente presenti” (in base alle forniture a disposizione). Si tratta comunque di una situazione temporanea, per consentire alle aziende alimentari di continuare a lavorare senza interruzioni. In una nota, il direttore generale Maurizio Montemagno, specifica: “Tenuto conto della difficoltà a provvedere in tempi rapidi alla stampa di nuove etichette e dei relativi costi, e in considerazione della complessità del quadro attuale, è necessario individuare una soluzione che presenti alti profili di sicurezza per i consumatori ed al tempo stesso non gravi eccessivamente sui produttori in un momento di grande criticità per il settore”.

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