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Antiche osterie toscane: dove trovarle

Antiche osterie toscane: dove trovarle

Le antiche osterie toscane, prima che un ristorante, sono spazi di aggregazione. Un luogo dove riposarsi un po’, bere vino in compagnia, mangiare bene e fare due chiacchiere, magari trascorrendo un pomeriggio intero. Insomma, posticini in cui l’ospitalità era (ed è) di casa. Alcune sono buche dato che una parte del ristorante si trova sotto al livello della strada, tutte hanno origini storiche che a volte si perdono nella notte dei tempi (ci sarebbe, a Firenze, anche il ristorante più antico del mondo: anno di fondazione 1580). La Toscana pullula di locali così, pieni di storia e di fascino, che non hanno mai chiuso i battenti e che hanno visto sedersi, ai propri tavoli, personaggi di ogni fama e genere.

Antiche osterie toscane: le 10 migliori secondo noi

Weekend a Venezia tra antiche vigne, pinot grigio e cicchetti stellati

Weekend a Venezia tra antiche vigne, pinot grigio e cicchetti stellati

Il Pinot grigio Santa Margherita compie 60 anni e festeggia nel cuore della Serenissima, in un convento-capolavoro. Ecco come visitarlo e qualche indirizzo ad hoc 

Se siete a Venezia questo weekend seguite il nostro percorso: vi portiamo a scoprire una  vigna di 800 anni, un vino italiano famoso nel mondo, le opere di giovani designer e le delizie della cucina locale. Un piccolo itinerario, nell’estate di celebrazione deo 1600 della Serenissima.

La più antica vigna urbana, tra le calli

Prima tappa: San Francesco della Vigna, nel Sestriere Castello, un complesso che ospita il convento dei Frati Minori, l’Istituto di studi ecumenici e la Biblioteca, il cui patrimonio librario consiste in un fondo antico composto da circa 30mila volumi e di un fondo moderno di circa 80mila opere. Qui, in uno dei tre chiostri, è ospitata appunto una vigna, come ci rivela il nome stesso del complesso monastico che, dal 2019, è curata dagli agronomi di Santa Margherita che hanno sostituito le vecchie viti di Teroldego, con cui i Frati Minori producevano circa 2000 bottiglie l’anno, con Glera e Malvasia, più adatti al terreno veneziano, e impiantato le viti con l’antica tecnica ad alberello. Un luogo incantato, che ospita anche un piccolo frutteto e un orto rigoglioso. Una preziosa produzione in divenire che si aggirerà sulle 2500 bottiglie. Più che altro, un’opera che celebra la memoria attraverso la riqualificazione: «Il recupero dei vigneti urbani è una delle iniziative più importanti che il mondo del vino può, e deve, fare oggi per mantenere saldo e vivo il legame con la propria storia e le proprie tradizioni. È motivo di grande orgoglio per Santa Margherita poter intervenire per la tutela del patrimonio storico e architettonico proprio qui a Venezia: poco meno di un secolo fa, mio nonno, il conte Gaetano Marzotto, scelse l’entroterra veneziano per dare avvio a una vera e propria rivoluzione nell’agroindustria italiana», racconta Gaetano Marzotto, presidente di Santa Margherita Gruppo Vinicolo.

Pinot Grigio: una mostra polisensoriale 

E se l’antico vigneto e il complesso monastico si può visitare su prenotazione, fino al 4 luglio si può ammirare Off the Skins, mostra multisensoriale curata da Current e realizzata in collaborazione con i giovani studenti dell’Istituto Europeo di Design (IED) di Venezia e celebrativa del 60° anniversario del Pinot Grigio Santa Margherita: 14 serie di etichette che celebrano le sei decadi del vino-icona dell’azienda vitivinicola. Tra i temi illustrati, le icone del design italiano o alle figure femminili che hanno rivoluzionato la storia. Il visitatore può godere, oltre che della bellezza del chiostro veneziano dove è ospitata, anche della colonna sonora creata appositamente dalla sound artist Yilin Zhu ispirata ai suoni della fermentazione, della lavorazione, dell’imbottigliamento e quello (molto sottile) del vino versato nel bicchiere. Nell’aria: i profumi fruttati e freschi del Pinot Grigio, nebulizzati appositamente. Un’incentivo alla creatività, ma anche una reale opportunità per gli studenti: una parte delle opere dei ragazzi saranno riprodotte sulle etichette della limited edition-anniversario di Pinot Grigio Santa Margherita. Una curiosità: il titolo Out of the skins ovvero “fuori dalla buccia” riprende con il nome la rivoluzionaria tecnica di vinificazione detta “in bianco” che permise al conte Gaetano Marzotto e al suo team di enologi di trasformare un’uva dalla buccia ramata che dava un vino dall’aspetto torbido, in un vino bianco brillante, elegante e intenso che debuttò nel 1961 e oggi è apprezzato in 90 Paesi.

Cicchetti, cocktail o piatti d’autore? Gli indirizzi 

Per celebrare i 60 anni Santa Margherita ha coinvolto un’eccellenza italiana: i fratelli Alajmo, celebri per la cucina stellata di Le Calandre (a Sarmeola di Rubano, PD). Nel menù anche focaccina veneziana con baccalà mantecato e scampi crudi con panzanella di pomodoro e origano. Siete curiosi? Ecco dove trovare i locali degli chef patavini, a Venezia: in piazza San Marco c’è l’eleganza del ristorante stellato Quadri, del bistrot Quadrino e del Grancaffè Quadri. Nel Fondaco dei Tedeschi, a due passi dal Ponte di Rialto invece, c’è Amo, bistrot e cocktail bar ispirato alle cicchetterie veneziane, con una proposta di pizze, piatti tipici veneziani rivisitati e piccoli burger. Per una pasta alle vongole e un frittino di laguna invece c’è il ristorante con enoteca Oniga, che in menù ha anche le “sepe col nero”, seppie col loro nero e le classiche sarde in saor.

Dormire come… Casanova

Comodissimo per chi arriva a Venezia (a due passi dalla stazione di Santa Lucia e da Piazzale roma), c’è Cà Riza, piccolo b&b in un’antica dimora veneziana di Riza el venezian, nel Sestriere di Santa Croce, in calle del Forno 68. Poco distante, la bellissima chiesa dei Frari e la scuola Grande di San Rocco. Poche camere, il Cà Riza è un luogo romantico: non a caso da qui sembra transitò anche Giacomo Casanova, nelle sue peregrinazioni notturne.

Il souvenir fatto con le bricole

Recuperano gli antichi pali veneziani (le bricole), vecchi pontili e pezzi di legno galleggianti e li trasformano in divertenti pezzi di design anche per la tavola: sono i designer del collettivo Pieces of Venice, virtuosa impresa sociale nata nel 2017, è stata premiata anche con il Compasso D’Oro (una sorta di Oscar del Design). Insomma veri e propri “pezzi di Venezia” dai cui introiti, in parte si sovvenziona la manutenzione e la pulizia da vandalismi e graffiti di una delle città più amate al mondo. Un progetto che nasce come Impresa Circolare, ideato da Luciano Marson e sviluppato insieme alla moglie Karin Friebel, nato «dall’amore per la città di Venezia».

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