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Musicista e cuoco, simili nel ricercare la stessa armonia

La Cucina Italiana

Come mai musicista e cuoco sono simili? Cosa li accomuna? Arricchire i momenti conviviali con l’ascolto di musica è una consuetudine antichissima, e un vero e proprio genere musicale, fra XVII e XVIII secolo, fu chiamato “musica da tavola”. Ma non su questo vorrei centrare la mia piccola riflessione, bensì sulla somiglianza strutturale fra i due linguaggi, che, rispettivamente, parlano all’orecchio e al palato. In entrambi i casi abbiamo a che fare con arti combinatorie: i piatti nascono combinando gli ingredienti così come i brani musicali si costruiscono combinando le note. In entrambi i casi valgono regole elementari: ricercare l’armonia senza dimenticare i contrasti, le dissonanze, che danno maggior sapore all’insieme. Per questo una medesima parola, composizione, può essere usata sia in campo musicale, sia in campo gastronomico: Cristoforo Messi Sbugo, maestro di tavola alla corte estense di Ferrara, chiamò compositioni di vivande le ricette dei suoi Banchetti (1549); opera ricchissima, guarda caso, di notizie sulle musiche eseguite durante i banchetti. 

Musicista e cuoco: due facce di una stessa medaglia

Lo stesso principio di combinazione, che opera nei singoli piatti o brani musicali, regola il loro succedersi nel tempo, il ritmo della cucina e della musica: l’alternanza di diverse portate va a comporre un menù così come l’alternarsi di diversi brani va a comporre un’opera musicale; una sinfonia, un quartetto, una sonata per pianoforte, con infinite possibilità di scelta, ma con una decisa preferenza per i modelli compositivi basati sulla varietà, un adagio dopo un allegro, un dolce dopo un salato… Ma c’è un elemento fondamentale che unisce musica e cucina: entrambe sono arti effimere. Entrambe fanno parte, come il teatro o la danza, di quell’insieme di espressioni artistiche che si dicono performative perché a differenza di un dipinto, di una scultura o di un monumento non durano nel tempo, ma esauriscono la loro funzione nel momento stesso in cui vengono prodotte: mangiando, ascoltando. Si dirà che esistono ricette e spartiti, ma qui ci soccorre l’insegnamento di Gualtiero Marchesi, grande appassionato di musica oltre che ineguagliabile maestro di cucina. Lui ripeteva spesso che in una ricetta di cucina (ben scritta, s’intende) c’è tutto tranne l’essenziale: il cibo da mangiare, che ancora deve essere preparato. Per questo Marchesi equiparava la ricetta di cucina a uno spartito musicale: anche qui le indicazioni ci sono tutte, ma senza un interprete la musica non suona e non si ascolta. Ecco ciò che veramente unisce le due arti: per esistere, musica e cucina devono essere eseguite. E in entrambi i casi il risultato è imprevedibile: nessuna “lettura”, da parte di esecutori diversi, e perfino dello stesso esecutore in momenti diversi, sarà mai uguale alla precedente, giacché si realizza attraverso gesti (del cuoco, del musicista) che ogni volta interagiscono con il luogo, gli umori del momento, la reazione del “pubblico” che, partecipando all’evento, ascolta o mangia.

Carlo Cracco e Diego Guerrero, menù a 4 mani in straordinaria armonia | La Cucina Italiana

Carlo Cracco e Diego Guerrero, menù a 4 mani in straordinaria armonia
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Straordinario: maggiore del solito o del comune, quindi grandissimo, singolare, eccezionale. Questa è la definizione del dizionario Treccani per l’aggettivo “straordinario”. Infatti, ci sono voluti due chef stellati come Carlo Cracco e Diego Guerrero per raccontare attraverso un menù a quattro mani pazzesco uno champagne fuori classe come il Dom Pérignon Vintage 2013. Il tutto in una location che non ha niente di scontato, ovvero il Monastero di Santa María la Real de Valdeiglesias, situato alle porte di Madrid in un contesto di storia e natura unico nel suo genere. Punto esclamativo finale, la suggestiva coreografia dell’artista francese Sadeck Berrabah in cui 40 danzatori si sono uniti in movenze geometriche, creando un effetto etereo e armonioso sbalorditivo.

Avvolti dal calore del sole primaverile, l’esperienza di tasting del Dom Pérignon Vintage 2013 avviene in solitaria apparente. Plurale, singolare. Ognuno di noi ha la possibilità di assaggiare lo champagne ascoltando un suggestivo brano di musica classica attraverso delle cuffie personali in modo da unire e confondere i sensi. Olfatto, vista, udito, gusto, tatto, vengono bevuti a piccoli sorsi dal bicchiere trasparente – una maniera fuori dal comune per fare la conoscenza dell’annata 2013, tra Pinot Noir e Chardonnay, tra acidità e corpo.

Tra le pietre di quel che resta del monastero risalente al XII secolo, una sorta di scatola specchiata ci accoglie per proseguire a tavola l’incontro con l’elegante Dom Pérignon Vintage 2013. Nella costante ricerca dell’armonia tipica della Maison, gli chef Carlo Cracco e Diego Guerrero ne hanno interpretato e rivelato le sfaccettature elaborando un menù speciale perfettamente armonico. Precisione e Intensità sono le caratteristiche dello champagne rielaborate in cucina da Cracco attraverso l’iconica Insalata Russa Caramellizzata, la Tartare di Avocado, Kiwi e Bottarga e la Pasta con Sugo dell’Orto e Gremolata. Tattilità, Complessità e Mineralità sono state tradotte in ingredienti e sorprese da Guerrero con la Tortilla Francese, il Piccione Koji, e come dessert un’interpretazione del rabarbaro e una sfoglia marina. Le sfaccettature del Dom Pérignon Vintage 2013 sono state egregiamente interpretate in questo menù straordinario. Chapeau!

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