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Una meta gastronomica a pochi passi da Venezia

Una meta gastronomica a pochi passi da Venezia

A Jesolo Lido, città balneare nel cuore del litorale veneto, troviamo il boutique hotel Casa Bianca al Mare, un’oasi di pace dove vivere momenti di relax e gastronomia di alto livello. Ogni anno, durante il periodo estivo, la località veneziana si trasforma in un palcoscenico di svago, rilassamento e piacevoli scoperte enogastronomiche. 

Realizzato nel 1920, il palazzo che ospita l’hotel Casa Bianca è uno dei più bei esempi di stile moresco, offrendo agli ospiti un’incantevole posizione fronte mare e sensazione di serenità. Ad incorniciare la struttura, un bellissimo parco verde, luogo di grande fascino e romanticismo.

Il ristorante

Sulla terrazza di fronte al mare si trova Amarmio, il ristorante premiato (nel 2021 da Gambero Rosso) del boutique hotel che offre un’esperienza culinaria caratterizzata da un connubio di amore per il mare, passione per la cucina e ricerca dell’eccellenza. Il menù propone piatti rivisitati della tradizione culinaria veneta legati al mare, dai più classici e intramontabili come gli spaghetti vongole e bottarga alla più ricercata piovra morbida e croccante. Altri due piatti forti sono la catalana di crostacei e le sarde impanate, un ingrediente simbolo della cultura gastronomica veneta

L’interazione tra i prodotti del mare e quelli della terra fa si che nelle sale del Amarmio si fondino profumi, sapori, gusti ed emozioni che evocano sul palato la tradizione della regione. Un equilibrio di sapori caratterizza il menù la cucina dello Chef Businaro. 

Nella terra nota per il Prosecco, la carta dei vini di Amarmio dedica uno spazio importante a vini selezionati con cura, in particolare il “Cartizze la Rivetta” di Villa Sandi, premiato 3 bicchieri Gambero Rosso quale miglior spumante italiano per la sua categoria.

Parma, la guida gastronomica de La Cucina Italiana

Parma, la guida gastronomica de La Cucina Italiana

La prima Città Creativa Unesco per la gastronomia in Italia, ora Capitale per la cultura, Parma ci apre le sue porte. Tra musei del gusto, Food Valley, filiera e capolavori assoluti dell’arte, scopritela con noi de La Cucina Italiana – in edicola dal 20 agosto

Parma città del gusto, caput mundi di sapori inconfondibili, città di primati (tra la più alta concentrazione europea di Dop e IGp). Capitale della Cultura 2020+21 sì, ma prima ancora, nel 2015, Prima Città Creativa per la gastronomia Unesco nel 2015. «La sua d’altronde è una storia che affonda le radici nei secoli» spiega Cristiano Casa, Assessore al Turismo, alle Attività Produttive e al Commercio, al Progetto Unesco del Comune di Parma «furono i benedettini, nel XII secolo, i primi a studiare un modo per trasformare il latte in un formaggio che durasse nel tempo, il Parmigiano Reggiano. Boccaccio lo cita nel Decameron, parlando del Paese del Bengodi. La storia del Prosciutto di Parma rimanda addirittura all’epoca romana. Nel corso dei secoli la città ha mantenuto le proprie tradizioni gastronomiche rinnovandole, sempre nel rispetto delle loro peculiarità. Un percorso che l’ha portata a diventare capitale italiana della Food Valley, punto di riferimento a livello nazionale e internazionale per l’industria agroalimentare. Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, pasta, trasformazione del pomodoro, prodotti lattiero caseari e conserve ittiche sono solo alcuni dei simboli di un saper fare che si è evoluto nel tempo, nel segno dell’eccellenza e della qualità».

Il Settembre gastronomico nella Capitale del gusto

Per scoprire la città e i dintorni c’è il Settembre Gastronomico, una serie di eventi che vanno dal 29 agosto al 26 settembre. Un ricco calendario per celebrare le eccellenze del territorio prodotte nella cosiddetta Food Valley, distretto agroalimentare che esporta in tutto il mondo il meglio dei nostri sapori: le DOP Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma, la pasta, il pomodoro, il latte con i prodotti lattiero/caseari e le alici.

La prima tappa è Cibus OFF, il fuorisalone legato a Cibus, una sorte di vetrina internazionale per l’agroalimentare italiano organizzata da Fiere di Parma. Due le mete in città: i Portici del Grano, nel cuore di Parma, con un’area dedicata agli eventi e un Bistrò, e il Village in Borgo delle Cucine, concepito come Food & Beverage court.

Tra le tante iniziative c’è Caseifici Aperti e il Festival del Prosciutto di Parma, con le visite in caseificio. Oppure gli show cooking con gli chef di Chic – Charming Italian Chef e Parma Quality Restaurants. E poi laboratori didattici per i più giovani organizzati da Giocampus e da Madegus – Maestri del Gusto e aperitivi accompagnati da danze, musica e performance, in collaborazione con Teatro Regio di Parma e “Tutti Matti per Colorno”.

Trend aperitivo: pane, burro e acciughe

Non solo salumi eccellenti e gnocco fritto. Tipica del parmense è anche quella che è diventata una vera e propria moda gastronomica del momento, dagli chef stellati agli intenditori: pane, burro e alici. Un classico intramontabile dai tempi di Giulio Cesare, che lo inventò quando assaggiò per la prima volta il burro durante un banchetto a Milano, ed ebbe l’idea di spalmarlo sul pane con un velo digarum, il condimento fatto con interiora di pesce e pesce salato che insaporiva la cucina dell’Impero Romano. Nacque così un aperitivo delizioso e conviviale. Qui alcune variazioni sul tema.

Due proposte alternative

Classico: prendete un pane possibilmente di grano duro fatto con lievito madre, un vasetto di alici e del burro di panna dolce di centrifuga. Stendete uno strato di burro a temperatura ambiente (18-20 °C) su una fetta di pane, e completate con un filetto di alice. Servite con bollicine o gin tonic.

Sfizioso: in 250 g di burro ammorbidito; amalgamate con la frusta la scorza grattugiata di 1⁄2 arancia e 1 cucchiaio di succo. Tamponate con carta da cucina 35 g di acciughe sott’olio, tagliatele a pezzetti e incorporatele al burro all’arancia.Completate con scorza di arancia.

Per completare l’aperitivo potete aggiungere verdure crude di stagione come pomodorini, peperoni, sedano, rapanelli, oppure sostituite il burro sul pane con fettine di avocado. Sempre come aperitivo, sperimentate lo spiedino con mozzarelline di bufala.

Gli indirizzi da provare

Ristorante Parizzi. Dal 1948 è questa la meta dell’alta cucina parmense. In cucina c’è Marco Parizzi, che dal 1980 detiene col suo locale la stella Michelin e sa rendere memorabile e creativa la tradizione. Un esempio? Il risotto alle vongole veraci e polvere d’olive, piatto complesso e raffinatissimo.

Inkiostro. Un ristorante che fa sperimentazione audace avviato da Terry Giacomello, 1 stella Michelin, con uso audace degli ingredienti. Per palati contemporanei.

Antichi Sapori. In nome omen dicevano i latini. Infatti qui si viene per deliziarsi coi piatti parmigiani di una volta: dalla giardiniera fatta in casa ai tortelli di eretta, all scaloppa di cavallo.

Ai due Platani, Coloredo: eletta miglior trattoria d’Italia dalla Guida dell’Espresso. Meglio prenotare però, se volete provare i fenomenali tortelli di zucca fatti letteralmente al momento e il gelato alla vaniglia preparato nella macchina Carpigiani del 1967. Vale la pena essere previdenti, per gustare queste meraviglie.

Una tappa in provincia per un assaggio di leggenda: l’Antica Corte Pallavicina, a Polesine Parmense dello chef Massimo Spigaroli, merita il viaggio. C’è il ristorante stellato, l’azienda agricola biologica e il museo del culatello. Insomma, una fattoria sperimentale del gusto.

Capolavori da assaggiare: i musei del Cibo

A Parma mangiare bene è sinonimo letteralmente di cultura: non a caso ci sono 8  Musei del Cibo, un percorso che coniuga i luoghi più significativi delle eccellenze enogastronomiche alle testimonianze storiche e artistiche del Parmense.  Si inizia col Museo del ParmigianoReggiano nel casello ottocentesco presso la Rocca Meli-Lupi di Soragna, terra legata a Verdi, ricca di castelli. C’è poi il Museo del Salame ha sede nel castello di Felino, mentre una corte agricola benedettina del XIII secolo, a Giarola, vicino a Collecchio, ospita quello del Pomodoro e della Pasta. Il Museo del Prosciutto di Parma si trova invece a Langhirano, proprio nell’ex Foro Boario. Seguono il Museo del Vino nella Rocca di Sala Baganza, il fascinoso Museo del Culatello di Zibello, ideato da Massimo e Luciano Spigaroli all’Antica Corte Pallavicina. A chiudere il cerchio, entro l’anno è prevista l’apertura del Museo del Fungo Porcino, unico Igp in Europa perché legato strettamente all’area di Borgotaro, dove si trova la sede principale. A corollario, ad Albareto, una sezione più piccola è dedicata all’ambiente del bosco, con attenzione speciale ai bambini e all’immaginario fantastico dei funghi, di cui trabocca la letteratura (basti pensare alla foresta di prataioli giganti nel Viaggio al centro della terra di Jules Verne). Oltre ai musei del circuito, in un ex caseificio dell’Ottocento a San Secondo Parmense, Coppini Arte Olearia ha allestito alcune sale dove si racconta invece una nuova sfida alimentare: riportare in zona anche la produzione dell’olio d’oliva.

Il pellegrinaggio goloso tra questi musei piccoli e ben curati prevede anche degustazioni a fine percorso e un programma fedeltà: più visite si fanno più vantaggi si hanno in termini di sconti nei ristoranti della zona e sull’acquisto di prodotti nei punti vendita e nei bookshop. Attraverso il sito di Parma City of Gastronomy si possono anche organizzare mini tour golosi in città e dintorni, con soste ai musei e dai produttori, e con la guida di specialisti.

Tutto questo e molto altro lo trovate nello speciale allegato a La Cucina Italiana di settembre, in edicola dal 20 agosto

In copertina, collage di Francesca Sacco

Piccola guida turistica gastronomica del Biellese

Piccola guida turistica gastronomica del Biellese

Piccoli viaggi: iniziamo la serie di ricordi e consigli di viaggio della nostra redazione. Vi accompagneranno per tutto il mese di luglio, con tanti suggerimenti sui luoghi da visitare e… da assaggiare! #EstateItalianaLCI

Ci sono posti che ti chiamano, che ti mandano messaggi, che ti attraggono con il loro fascino. Non so se siano le rocce, il campo magnetico, le forze esoteriche (reali o presunte) o le radici familiari, dalle quali non si può scappare, però se per qualche mese non torno sulle prealpi biellesi, sento che mi manca qualcosa. 

Sono valli strette, che mescolano con grazia la durezza della montagna con la sobria eleganza delle case in pietra e delle baite. Si respira il senso del dovere misto al profumo delle rose e di tutti gli altri fiori che fanno capolino dai giardini, normale completamento di tutte le abitazioni, siano casette modeste o ville storiche (il grande architetto paesaggista Pietro Porcinai qui ha realizzato alcuni dei suoi giardini più incantevoli).

Vengo in vacanza sulle colline sopra Biella, nella Valle Cervo, fin da piccola, nella casa dove mio papà è nato e dove tutta la mia numerosa famiglia si ritrova da secoli. In mezzo alle ortensie e a ogni varietà di acidofila (a tal proposito è da vedere assolutamente la Valletta della Burcina all’interno dell’Oasi Zegna, durante il periodo della fioritura di azalee e rododendri) la pace e una fetta di toma del Maccagno non mancano mai.

Polenta concia

Il miglior mezzo di trasporto sono i piedi e camminare da una valle all’altra riserva grandi soddisfazioni e un piatto di polenta concia (in tutte le stagioni). Se andate a Oropa a visitare il santuario dedicato alla Madonna Nera (i porticati sono bellissimi ed eleganti e la fontana con i mestoloni per bere l’acqua è imperdibile), non potete non ordinarne una porzione: ve la serviranno con il mestolo, direttamente dal paiolo. Sì, lo strato superiore è tutto burro fuso.

Se decidete di tornare da Oropa nella valle Cervo senza ridiscendere dalla strada da cui siete venuti, potete passare in una galleria magica (pare che la posizione per costruirla fu indicata dal pittore Giuseppe Maffei grazie a una seduta spiritica), scavata a mano nella roccia alla fine dell’Ottocento da due squadre di scalpellini che si sono incontrati a metà strada. Appena fuori potete sostare all’Antica Locanda Rosazza dove provare un’altra versione di polenta, altrettanto “leggera”, con gorgonzola e uovo al padellino. 

Il Santuario di Oropa

Le gite in montagna mettono sempre allegria e fame e posso assicurare che difficilmente rimarrete delusi perché qui la cucina è schietta, senza fronzoli, precisa a quella che le nostre trisavole portavano in tavola per la famiglia oppure sugli alpeggi per i mariti che pascolavano le vacche.

Affettati, toma, acciughe con il bagnet verd (la tipica salsa con prezzemolo, aglio, capperi, tuorlo e mollica imbevuta nell’aceto), tumin elétric (formaggino fresco con il peperoncino)… tutto questo e molto altro lo  trovate al ristorante dell’Hotel Asmara, che affaccia su una della lame più grandi e balneabili (nuotatori e tuffatori impavidi sfidano il gelo e l’altezza) del torrente Cervo, e alla trattoria Il Quadretto, famosa perché è stata la sede della stretta di mano che ha sancito in una notte del primi mesi del 1945 il Patto della Montagna: imprenditori, operai e partigiani trovano l’accordo per mantenere attive le fabbriche tessili e migliorare le condizioni di lavoro, affermando per la prima volta in Europa la parità retributiva tra uomini e donne.

Hotel Asmara

Qui la tradizione conta molto in tutti gli aspetti della vita, cucina compresa (le paste di meliga a casa nostra si fanno con la ricetta della trisnonna e guai a tentare un’altra versione), però da qualche anno si vedono anche nuove realtà che, pur rimanendo legate alle radici locali, provano a proporre qualche variazione. Se passate da Pollone (punto di partenza per tantissimi trekking e uno degli ingressi del parco della Burcina), fermatevi da Marta Foglio nel suo Foodopia, piccolo e grazioso ristorante-gastronomia vegetariana.

Vorrei concludere con un piccolo consiglio. Rileggete il racconto di Italo Calvino tratto dalla raccolta Fiabe Italiane «I biellesi, gente dura» e sorridete con affetto di noi mezzi montagnini, così come faceva mia mamma quando burlandosi un po’ di mio papà gli ricordava le sue origini un po’ coriacee…

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