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La tecnologia innovativa agricola? È un bene per molti fattori

La Cucina Italiana

Tecnologia innovativa? Poiché l’agricoltura rappresenta la maggior parte del lavoro minorile a livello globale e il numero di persone coinvolte è in crescita, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) sta intensificando il lavoro con i partner per eliminare il lavoro minorile in settori chiave come il cacao, il cotone e il caffè. L’ultima iniziativa presentata traccia le modalità di utilizzo dell’innovativa tecnologia blockchain per il monitoraggio e la prevenzione.

Tecnologia innovativa?

Sospinto dalla povertà e da una crescente crisi globale di insicurezza alimentare, il lavoro minorile è tre volte più diffuso tra i piccoli proprietari rurali nel settore agricolo, della pesca o della silvicoltura rispetto alle aree urbane ed è spesso il risultato di complesse vulnerabilità e shock economici e sociali. «Il lavoro minorile viola i diritti dei bambini e, mettendo a repentaglio la salute e l’istruzione dei giovani, costituisce un ostacolo allo sviluppo di sistemi agroalimentari sostenibili e alla sicurezza alimentare» ha dichiarato l’economista capo della FAO Máximo Torero in un videomessaggio in occasione di un briefing FAO a Bruxelles, organizzato insieme all’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) per celebrare la Giornata mondiale contro il lavoro minorile 2023.

Aumenta il lavoro minorile in agricoltura

L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 8.7 mira all’eliminazione del lavoro minorile entro il 2025. Ma un rapporto congiunto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia UNICEF del 2021 ha indicato che più di 160 milioni di bambini in tutto il mondo sono ancora impegnati nel lavoro minorile, di cui 86,6 milioni nell’Africa subsahariana: più che nel resto del mondo messo insieme. 

A livello globale, il 70% dei bambini impiegati nel lavoro minorile si trova in agricoltura e, tra il 2016 e il 2020, è stato riferito che altri quattro milioni di ragazze e ragazzi saranno coinvolti nel lavoro minorile in agricoltura.

Tecnologia innovativa agricola: un approccio multiforme e integrato

La FAO e gli attori del settore agricolo hanno la responsabilità cruciale di lavorare insieme alle organizzazioni partner per affrontare il problema, ha detto Torero, sottolineando che per farlo è necessario un approccio multiforme e integrato. Diverse sono le iniziative in cui l’Organizzazione si è impegnata.
-Attraverso il Progetto CLEAR Cotton, che si è concluso quest’anno, la FAO, in collaborazione con l’Unione Europea (UE) e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), ha affrontato con successo il problema del lavoro minorile nelle catene del valore del cotone in Burkina Faso, Mali e Pakistan. L’iniziativa ha raggiunto più di 10mila donne, uomini, giovani e bambini. Nell’ambito del progetto, la FAO ha contribuito al miglioramento dei mezzi di sussistenza delle famiglie, all’emancipazione economica delle donne e a una maggiore consapevolezza sulle competenze agricole sicure e adeguate all’età.
-La FAO collaborerà anche a una nuova iniziativa dell’Unione Europea da 10 milioni di euro (10,69 milioni di dollari) per porre fine al lavoro minorile nelle catene di approvvigionamento, lavorando in collaborazione con l’UE, l’OIL e l’UNICEF per affrontare le cause profonde del lavoro minorile nelle catene di valore del caffè in Uganda, Honduras e Vietnam. La FAO si concentrerà sul rafforzamento dei mezzi di sussistenza dei piccoli agricoltori nelle aree colpite dagli effetti del cambiamento climatico, per ridurre la loro dipendenza dal lavoro minorile. Il progetto porrà l’accento sull’empowerment dei gruppi emarginati, tra cui donne, giovani, bambini e comunità indigene.
-La FAO ha organizzato un Forum globale sulle soluzioni in collaborazione con l’OIL e il Partenariato internazionale per la cooperazione sul lavoro minorile in agricoltura per presentare soluzioni concrete in diversi sotto-settori agricoli e catene di valore selezionate.
-La FAO ha istituito lo Strumento di prevenzione del lavoro minorile in agricoltura, in linea con l’obiettivo di aumentare gli investimenti nelle aree rurali e in particolare nei piccoli produttori, che era al centro dell’Appello all’azione di Durban. Questo documento storico è stato adottato dai delegati alla 5a Conferenza mondiale sull’eliminazione del lavoro minorile il 20 maggio 2022. Il lungo lavoro di advocacy della FAO ha contribuito a far sì che l’eliminazione del lavoro minorile in agricoltura fosse una priorità assoluta del documento.
-Nell’ultimo sviluppo, la FAO e l’Università e la Ricerca di Wageningen hanno pubblicato il documento Digitalizzazione e lavoro minorile in agricoltura: esplorare la blockchain e il sistema informativo geografico per monitorare e prevenire il lavoro minorile nel settore del cacao in Ghana. Il documento esplora la potenziale applicazione di tecnologie innovative, in particolare blockchain e sistemi informativi geografici (GIS), per migliorare la raccolta dei dati e la stima dei rischi del lavoro minorile nel settore del cacao. Il documento definisce 13 elementi di dati chiave (KDE) per il monitoraggio del lavoro minorile e il rimedio, tra cui ad esempio la distanza dalle fonti d’acqua o dalle scuole.

Fonte Fao

Le bufale di Matera e quella mozzarella innovativa

Le bufale di Matera e quella mozzarella innovativa

Le bufale ad Altamura non c’erano, ora grazie a Bufala Dolcenera la mozzarella di bufala è un nuovo prodotto tipico. La storia di come cambiano le abitudini a tavola, fra tradizione e innovazione

Come le bufale siano arrivate in Italia è ancora una questione da chiarire. Per alcuni erano allevate già ai tempi dei Greci e dei Romani, alcune fonti ne fanno risalire l’introduzione all’epoca del Longobardi o grazie agli Arabi in Sicilia. I Normanni ne diffusero l’allevamento e dal 2000 la razza di Bufalo Mediterraneo Italiano è riconosciuta ufficialmente.

Ad Altamura lo ha portato la famiglia Squicciarini. Non sono zone di mozzarella e le bufale tradizionalmente si trovano a Foggia. Qui erano zone di pastori e anche la famiglia Squicciarini infatti allevava pecore, finché nel 2004 a malincuore decidono di chiudere perché l’attività era sempre più insostenibile a livello economico. La masseria resta vuota, ma due anni dopo arriva l’intuizione di provare con l’allevamento delle bufale: 160 capi. Oggi ne hanno 800 e grazie ai tre fratelli un’azienda agricola a ciclo chiuso che produce dal foraggio alle trecce di formaggio, lavorate nel nuovissimo caseificio.

Tre fratelli e un nuovo caseificio

«Da bambini andavamo a pascolare le pecore con papà e giocavamo nei pascoli, abbiamo sempre lavorato in azienda. Poi ognuno di noi ha preso una strada diversa», racconta Vito, 32 anni e il più grande dei tre fratelli, con studi di interior design alle spalle. «Io mi occupo della comunicazione e del marketing, mio fratello Nicola di 30 è agronomo e casaro e Stefano il più piccolo di 28 è il veterinario della famiglia». Nel 2017 i tre fratelli hanno deciso di portare avanti il progetto del caseificio, che era il grande sogno del padre, e hanno portato la cultura della mozzarella di bufala in un paese come Altamura, dove non c’era. «La nostra mozzarella qui è per tradizione vaccina. Ad Altamura da 10 kg a settimana di mozzarella di bufala ora se ne vendono 10 kg al giorno: abbiamo cambiato le abitudini dei nostri concittadini. Ora qui è diventata una droga e vengono da qualsiasi paese vicino a comprarla».

Le bufale al pascolo e un’azienda a ciclo chiuso

Bufala Dolcenera è un’eccellenza locale, per il prodotto delizioso, ma soprattutto per l’esempio virtuoso di gestione di questa impresa di agricoltori, allevatori e trasformatori. Il caseificio si trova ad Altamura e lavora il latte proveniente dall’allevamento a 34 km in Irsina in provincia di Matera. «È una zona sperduta, senza collegamenti, mentre in città siamo in un punto di passaggio, assolutamente strategico». Fra colline e ruscelli vivono 800 capi di bufale allevate secondo gli standard più alti del benessere animale. «Abbiamo animali anche di 14 anni, non di 3 o 4: questo significa che stanno bene. Le stalle sono dotate di ventilatori automatici, spruzzini d’acqua, spazi ampissimi per muoversi, e fuori ettari per le giovani bufale che possono pascolare e crescere in spazi ampi. Le nostre bufale nascono qui, quindi abbiamo anche le bufale gravide, e i vitellini». Vito spiega che Nicola ha girato la Campania per imparare l’arte del casaro, e che hanno lavorato molto per la selezione degli animali, innovando la razza: ogni fase è gestita in proprio, dalla produzione dei foraggi alla vendita nel punto vendita. «Se sei sempre trasparente, se sei sincero, se non hai da nascondere nulla, arrivi anche sulla Luna: essere sicuri del lavoro che facciamo e farlo con amore. Noi abbiamo questa politica».

La mozzarella originale che piace anche ai campani

«Mio fratello ha studiato la ricetta per dieci anni. In Italia ci sono sono due stili, lo stile casertano e lo stile salernitano, una più fibrosa e l’altra più morbida. È una questione di gusti. Noi abbiamo la nostra ricetta». Cento per cento latte di bufala, senza miscele e con la lavorazione a siero innesto. La pasta viene lavorata in modo naturale e non accelerato come succede quando si usa l’acido citrico. «Noi aspettiamo tutte le ore necessarie al caglio per svilupparsi. Non certo 20 minuti come nelle lavorazioni industriali». Non pastorizzano il latte per il formaggio, lavorano a latte crudo trattato a solo 60°C, e attendono la fase della filatura che di per sé prevede un un trattamento termico a 98°C. Ne scaturisce una mozzarella igienicamente sicura, ma con il sapore del latte. La lavorazione è tutta manuale, la filatura viene fatta a mano, le trecce o i grandi formati, anche quelli fatti a mano. E oltre alla mozzarella producono yogurt, burro, scamorze, primosale, stracciatella, ricotta… «Il nostro punto di forza è che la facciamo come una crema». E i riconoscimenti infatti sono arrivati, e sono stati menzionati dal Gambero Rosso tra i migliori produttori di yogurt artigianali d’Italia. Ma la più grande soddisfazione? «Tanti napoletani e campani che si fermano per curiosità e poi ci fanno i complimenti e le recensioni su Google».

Mai assaggiato il Bufadelfia?

Lavorano la mozzarella come vuole la tradizione, a siero innesto; allevano le bufale con i migliori standard per il benessere animale; coltivano in proprio i foraggi e lavorano a ciclo chiuso, sino al caseificio. L’innovazione nel mondo del made in Italy viaggia su questo doppio binario fra tradizione e innovazione, gesti antichi e studi universitari, voglia di restare e di cambiare le abitudini alimentari. E di non smettere mai di fare esperimenti.

Hanno inventato il Bufadelfia da spalmare, il burro fatto a mano, dessert e persino la mortadella di bufala. «Durante il lockdown abbiamo collaborato con un nostro amico chef di una vicina sala da ricevimenti. Si è inventato un nuovo prodotto: il pan bauletto. Burro di bufala fatto a mano, lievitazione naturale, farina di grano duro, mandorle pugliesi… Un “buondì” di mezzo chilo che continua ad andare sold out».

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