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Matera: rude e dolce la vita tra i sassi

La Cucina Italiana

Andrai verso sud, a Matera. Arrivato a Bari, dirigiti a ovest, verso le gravine profumate di finocchio selvatico: là è Matera. Arriva al tramonto, sarai acquietato dal sereno distendersi delle architetture che accolgono silenziose le ombre della notte, protette dal volo sicuro del falco dal cappuccio grigio. Dirigiti verso via Ascanio Persio 33. Affrettati, Anna Maria chiude il suo Uacciardidd verso le 21. La conobbi una mattina arrivando vicino al mercato, affascinato dalla forza, la determinazione, la qualità della “massaia” che cura e governa la propria famiglia, la propria masseria. Brusca nei modi, dolcissima nel ricordo del padre macellaio. La foto racconta: nel macello, tra i maiali appesi, assieme ad altri amici, un giovane ragazzo sorride felice nell’obiettivo. Il coltello del mestiere in mano, orgoglioso del nuovo lavoro. Potrai scegliere in questo «mercato dei sapori» lampascioni, friarielli saltati olio e peperoncino, friggitelli, carciofi fritti, soufflé di cavolfiore, pasta al forno, mezzi ziti alla Sangiovanniello, cicoria saltata piccante, zucchine alla scapece, fave, orecchiette, capocolli e salsicce, caciocavalli, pecorini, burrate… Anna Maria ti offrirà un’ospitalità senza poesia, concreta, rude, di casa.

Un sentimento di devozione accompagnerà il tuo rientrare sui  “cianchi” lucidi. Il vento porta lontano l’ultimo suono, le pietre sono ormai addormentate. Tripoli 1911 è il caffè dove iniziare la giornata materana. Maurizio, figlio del fondatore Agostino Tataranni, ti garantirà l’impeccabile qualità. Nelle vetrine di cristallo, Gianni mastro pasticciere ripone cornetti alla ricotta, al pistacchio, alla pasta di mandorle, al caffè, a cioccolato, con albicocche, con mele e cannella. Babà al rum, pasticciotti leccesi, zeppole fritte, cortecce alle nocciole, paste di mandorla e pistacchi… chiederai ad Antonio, a cui è affidata la cura della vetrina, di servirti una “tetta della monaca”. Niente ti posso dire, devi solo provare. Un eccellente espresso ti sarà preparato da Leo, con la sua Sanremo a pistoni. Claudio, dal sorriso saraceno, comporrà sul vassoio, per il tuo piacere, le scelte che avrai fatto. Ti sarà difficile dimenticare Tripoli 1911, la sua naturale, aristocratica ospitalità.

Piazza del Sedile, bar I Due Sassi, a tua scelta: gin tonic, negroni, mojito… composti con cura. Marco, il proprietario, è uomo arguto e sensibile. Teneramente emozionato, quando leggerai queste note, sarà già padre. Proverai che la sua intelligenza, mixata con i solfeggi cromatici degli alunni del vicino conservatorio, sarà il cocktail vincente delle sere materane. Mettiti in viaggio.

Le bufale di Matera e quella mozzarella innovativa

Le bufale di Matera e quella mozzarella innovativa

Le bufale ad Altamura non c’erano, ora grazie a Bufala Dolcenera la mozzarella di bufala è un nuovo prodotto tipico. La storia di come cambiano le abitudini a tavola, fra tradizione e innovazione

Come le bufale siano arrivate in Italia è ancora una questione da chiarire. Per alcuni erano allevate già ai tempi dei Greci e dei Romani, alcune fonti ne fanno risalire l’introduzione all’epoca del Longobardi o grazie agli Arabi in Sicilia. I Normanni ne diffusero l’allevamento e dal 2000 la razza di Bufalo Mediterraneo Italiano è riconosciuta ufficialmente.

Ad Altamura lo ha portato la famiglia Squicciarini. Non sono zone di mozzarella e le bufale tradizionalmente si trovano a Foggia. Qui erano zone di pastori e anche la famiglia Squicciarini infatti allevava pecore, finché nel 2004 a malincuore decidono di chiudere perché l’attività era sempre più insostenibile a livello economico. La masseria resta vuota, ma due anni dopo arriva l’intuizione di provare con l’allevamento delle bufale: 160 capi. Oggi ne hanno 800 e grazie ai tre fratelli un’azienda agricola a ciclo chiuso che produce dal foraggio alle trecce di formaggio, lavorate nel nuovissimo caseificio.

Tre fratelli e un nuovo caseificio

«Da bambini andavamo a pascolare le pecore con papà e giocavamo nei pascoli, abbiamo sempre lavorato in azienda. Poi ognuno di noi ha preso una strada diversa», racconta Vito, 32 anni e il più grande dei tre fratelli, con studi di interior design alle spalle. «Io mi occupo della comunicazione e del marketing, mio fratello Nicola di 30 è agronomo e casaro e Stefano il più piccolo di 28 è il veterinario della famiglia». Nel 2017 i tre fratelli hanno deciso di portare avanti il progetto del caseificio, che era il grande sogno del padre, e hanno portato la cultura della mozzarella di bufala in un paese come Altamura, dove non c’era. «La nostra mozzarella qui è per tradizione vaccina. Ad Altamura da 10 kg a settimana di mozzarella di bufala ora se ne vendono 10 kg al giorno: abbiamo cambiato le abitudini dei nostri concittadini. Ora qui è diventata una droga e vengono da qualsiasi paese vicino a comprarla».

Le bufale al pascolo e un’azienda a ciclo chiuso

Bufala Dolcenera è un’eccellenza locale, per il prodotto delizioso, ma soprattutto per l’esempio virtuoso di gestione di questa impresa di agricoltori, allevatori e trasformatori. Il caseificio si trova ad Altamura e lavora il latte proveniente dall’allevamento a 34 km in Irsina in provincia di Matera. «È una zona sperduta, senza collegamenti, mentre in città siamo in un punto di passaggio, assolutamente strategico». Fra colline e ruscelli vivono 800 capi di bufale allevate secondo gli standard più alti del benessere animale. «Abbiamo animali anche di 14 anni, non di 3 o 4: questo significa che stanno bene. Le stalle sono dotate di ventilatori automatici, spruzzini d’acqua, spazi ampissimi per muoversi, e fuori ettari per le giovani bufale che possono pascolare e crescere in spazi ampi. Le nostre bufale nascono qui, quindi abbiamo anche le bufale gravide, e i vitellini». Vito spiega che Nicola ha girato la Campania per imparare l’arte del casaro, e che hanno lavorato molto per la selezione degli animali, innovando la razza: ogni fase è gestita in proprio, dalla produzione dei foraggi alla vendita nel punto vendita. «Se sei sempre trasparente, se sei sincero, se non hai da nascondere nulla, arrivi anche sulla Luna: essere sicuri del lavoro che facciamo e farlo con amore. Noi abbiamo questa politica».

La mozzarella originale che piace anche ai campani

«Mio fratello ha studiato la ricetta per dieci anni. In Italia ci sono sono due stili, lo stile casertano e lo stile salernitano, una più fibrosa e l’altra più morbida. È una questione di gusti. Noi abbiamo la nostra ricetta». Cento per cento latte di bufala, senza miscele e con la lavorazione a siero innesto. La pasta viene lavorata in modo naturale e non accelerato come succede quando si usa l’acido citrico. «Noi aspettiamo tutte le ore necessarie al caglio per svilupparsi. Non certo 20 minuti come nelle lavorazioni industriali». Non pastorizzano il latte per il formaggio, lavorano a latte crudo trattato a solo 60°C, e attendono la fase della filatura che di per sé prevede un un trattamento termico a 98°C. Ne scaturisce una mozzarella igienicamente sicura, ma con il sapore del latte. La lavorazione è tutta manuale, la filatura viene fatta a mano, le trecce o i grandi formati, anche quelli fatti a mano. E oltre alla mozzarella producono yogurt, burro, scamorze, primosale, stracciatella, ricotta… «Il nostro punto di forza è che la facciamo come una crema». E i riconoscimenti infatti sono arrivati, e sono stati menzionati dal Gambero Rosso tra i migliori produttori di yogurt artigianali d’Italia. Ma la più grande soddisfazione? «Tanti napoletani e campani che si fermano per curiosità e poi ci fanno i complimenti e le recensioni su Google».

Mai assaggiato il Bufadelfia?

Lavorano la mozzarella come vuole la tradizione, a siero innesto; allevano le bufale con i migliori standard per il benessere animale; coltivano in proprio i foraggi e lavorano a ciclo chiuso, sino al caseificio. L’innovazione nel mondo del made in Italy viaggia su questo doppio binario fra tradizione e innovazione, gesti antichi e studi universitari, voglia di restare e di cambiare le abitudini alimentari. E di non smettere mai di fare esperimenti.

Hanno inventato il Bufadelfia da spalmare, il burro fatto a mano, dessert e persino la mortadella di bufala. «Durante il lockdown abbiamo collaborato con un nostro amico chef di una vicina sala da ricevimenti. Si è inventato un nuovo prodotto: il pan bauletto. Burro di bufala fatto a mano, lievitazione naturale, farina di grano duro, mandorle pugliesi… Un “buondì” di mezzo chilo che continua ad andare sold out».

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