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Osterie d’Italia: le migliori 15 da nord a sud

Osterie d'Italia: le migliori 15 da nord a sud

Si fa presto a dire osterie d’Italia (o trattorie). Mai come adesso è un termine che si presta – soprattutto in alcune regioni – a deviazioni più o meno leggere dalla filosofia che il sentimento comune le assegna dalla notte della cucina. Lo si vede anche dalle scelte delle due guide che ogni anno le valutano: I Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso sceglie i tre Gamberi (36 nell’ultima edizione), Osteria d’Italia di Slow Food – quindi ancora più specializzato nella tipologia – è stata particolarmente generosa nel volume appena presentato, assegnando 311 Chiocciole (forse con troppa generosità, ma è un nostro personalissimo parere). In ogni caso, con evidenti differenze tra regione e regione, per questioni di pubblico e prezzo, c’è ancora una rotta valida dal Brennero a Pantelleria fatta di materie prime del territorio, rispetto della tradizione (talvolta con tocchi d’autore e/o innovativi) e sostenibilità. Aspetto che se per molti ristoranti è novità recente, per osterie e trattoria – soprattutto nelle zone meno ricche – è storia antica e naturale. Non si buttava mai niente, la cucina del recupero per molti non è un’invenzione di marketing.

L’ospitalità delle osterie

E poi c’è il valore dell’ospitalità che, come dice Carlin Petrini, guru di Slow Food, «vuol dire garantire al cliente un atteggiamento di benevolenza, il più sincero possibile. L’accoglienza migliore è quella che esprime l’identità di chi gestisce il locale e del locale stesso». La buona notizia è che molti dei locali sono stati aperti di recente, soprattutto, da giovani cuochi e cuoche (non di rado patron o soci) che tra i tanti modelli offerti dalla ristorazione contemporanea, hanno scelto di calzare proprio quello dell’osteria. È il caso di professionisti che, dopo svariate esperienze all’estero, in segmenti totalmente diversi come quello del fine dining e in ristoranti di ben altro livello, scelgono di seguire «una via all’osteria» che garantisce un futuro alla tipologia mentre si discute del destino dell’alta cucina.

L’osteria di oggi

Torniamo al tema iniziale: cosa è oggi un’osteria? Per noi sono i locali che incarnano al meglio l’autenticità della cucina italiana, una cucina semplice, priva di barocchismi ed eccessi di lavorazione che hanno il solo fine di stupire. Una cucina che non cerca di uniformarsi in un unico stile con cotture millimetriche, ma sottolinea le differenze e non si piega alle mode. Poi è giusto non rimanere bloccati ed ecco che Osterie d’Italia, quest’anno, ha allargato la visione tradizionale a enoteche con cucina, agriturismi, ma anche alternative come pastifici, pub e gastronomie le cui caratteristiche sono, in primis, l’attenzione e l’aderenza al territorio. Ma al tempo stesso ha assegnato le prime Chiocciole anche ai posti segnalati negli inserti, locali la cui offerta e impostazione sono interpreti di una tradizione gastronomica autoctona, rintracciabile esclusivamente nella regione di appartenenza. E sono ben 15 ad aver ricevuto il massimo riconoscimento: un trippaio fiorentino, 4 indirizzi di supplì e pizza al taglio romani, 2 indirizzi per gli arrosticini abruzzesi, 7 pizzerie campane e un indirizzo per il morzello calabrese.

Ecco le new entry di quest’anno e, a seguire, la nostra personalissima selezione delle (nuove) osterie immancabili, dove vino, cibo, atmosfera e gente creano un mix imperdibile. Prenotate sempre.

Antiche osterie toscane: dove trovarle

Antiche osterie toscane: dove trovarle

Le antiche osterie toscane, prima che un ristorante, sono spazi di aggregazione. Un luogo dove riposarsi un po’, bere vino in compagnia, mangiare bene e fare due chiacchiere, magari trascorrendo un pomeriggio intero. Insomma, posticini in cui l’ospitalità era (ed è) di casa. Alcune sono buche dato che una parte del ristorante si trova sotto al livello della strada, tutte hanno origini storiche che a volte si perdono nella notte dei tempi (ci sarebbe, a Firenze, anche il ristorante più antico del mondo: anno di fondazione 1580). La Toscana pullula di locali così, pieni di storia e di fascino, che non hanno mai chiuso i battenti e che hanno visto sedersi, ai propri tavoli, personaggi di ogni fama e genere.

Antiche osterie toscane: le 10 migliori secondo noi

Venezia: 10 osterie dove mangiare bene al Festival del Cinema

La Cucina Italiana

Il fascino del Festival del Cinema di Venezia (31 agosto-10 settembre) coinvolge anche quanti non sono cinefili e sono pronti a fare la coda alle proiezioni praticamente all’alba. E se l’anno scorso si poteva parlare del «festival della ripresa» dopo un biennio complicatissimo, ecco che l’edizione 2022 si preannuncia stellare. Arriva in un momento magico per la città dal punto di vista enogastronomico perchè l’anno scorso di fronte alla perdita di due stelle, ecco che la Guida Michelin ne ha assegnate tre nuove: Local, Wisteria e Zanze XVI. 
Poi ci sono locali ottimi e di grande impatto scenografico quali il Ristorante Quadri degli Alajmo, Venissa sull’isola di Mazzorbo dei talentosi Chiara Pavan e Francesco Brutto, Glam a Palazzo Venart guidato da Donato Ascani sotto la supervisione di Enrico Bartolini. I primi due stellati, Glam pure bistellato. 
Un macaron è posseduto anche da Oro del Cipriani, a Belmond Hotel dove in primavera è arrivato – direttamente dal Noma – il bravissimo Riccardo Canella che non giocherà certo a difesa del riconoscimento. Un ristorante che abbiamo provato per primi. Canella è solo uno dei grandi cuochi sbarcato in Laguna nel 2022: ci sono Claudio Sadler (Canova del Baglioni Hotel Luna) e Lorenzo Cogo (Dama del Cà Bonfadini). C’era già Cristiano Tomei a gestire Settimo Cielo Rooftop Restaurant, la terrazza di Hotel Bauer Palazzo. Altri arriveranno, facilmente all’interno dei grand hotel in pieno cambio generazionale. Sta di fatto che l’offerta non è mai stata così ampia e ricca, ovviamente a prezzi veneziani. Che sono tra i più alti in Italia, da sempre peraltro.

Oltre i bacari

Sin qui il top dell’alta cucina o della ristorazione classica. Ma noi abbiamo scoperto gli indirizzi alternativi, le osterie più autentiche. Per mangiare bene  senza spendere una fortuna durante il Festival del Cinema di Venezia 2022. Il mondo delle osterie – che è un gradino sopra a quello, peraltro rispettabilissimo dei bacari – è strettamente legato al territorio, al pesce soprattutto, per il vantaggio di potersi rifornire direttamente o sul mercato di Rialto, uno dei migliori in Italia. E in questi posti che si gode delle ricette eterne e tipiche: baccalà mantecato, sarde in saor, moeche fritte (questa è la stagione migliore), bigoli in salsa e risotto con il gò (ghiozzo). Quindi, con tutto il rispetto per i grandi locali e ben sapendo che difficilmente incontrerete registi e attori, facciamo rotta sulle migliori osterie della Serenissima. Che hanno un altro vantaggio: non sono a buon mercato, paragonate alla media italica, ma non richiedono un ticket salato (o salatissimo) come stellati e fine dining in hotel. Ora la nostra personalissima selezione in Laguna.

Popolare, autentica, diretta, famigliare: la Trattoria da’a Marisa, attiva dal 1965, per qualcuno è un luogo di culto. Venezianità nell’aria, nel servizio e nella cucina che sforna i piatti tipici: baccalà mantecato, sarde in saor, pesce marinato, folpeti, ma anche pasta al ragù, brasato, nervetti, trippa, verze. Si mangia stretti, allegramente, pochi tavoli e pazienza nell’attesa. Ma il conto, per Venezia, è leggero.

Si trova in uno dei campielli più belli di Venezia, con un piacevole dehors. Un piccolo tempio del pesce proveniente dal mercato di Rialto, interpretato con semplicità e buon gusto: tanti crudi, scottata di tonno ai semi di papavero con rucola e burro di nocciole; gnocchetti fatti in casa con ragù di garusoli; piovra affumicata, crema di rapa rossa al curry, stracchino e olive taggiasche disidratate.

Un suggestivo angolo con il plus di un plateatico affacciato sul Rio della Maddalena. La cucina di Serghei Hachi è in perfetto equilibrio fra le tradizioni lagunari più antiche e lampi di creatività contemporanea: capesante in crosta, topinambur e funghi; spaghetti con pesto di rucola e scampi marinati; polpo in due cotture, zabaione salato, verdure del giorno. Bella cantina di vini veneti e friulani.

La famiglia Bovo è un’istituzione della cucina lagunare, il suggestivo locale a Burano ha 55 anni di vita: vicino al vostro tavolo troverete famiglie veneziane, stranieri con le guide culinarie in mano, vip (autentici) in libera uscita. È famoso ovunque per il suo risotto ai gò, ma sono tanti i piatti di livello con il pesce protagonista. Imperdibili per esempio gli antipasti crudi e cotti, di pesce naturalmente.

Bisogna spostarsi a Marghera, ma in questo caso è un vantaggio. Perché l’osteria ha grande personalità: antica nella struttura, informale nella gestione, ma soprattutto con una cucina e una cantina di livello. Il punto di forza è una serie di cicheti curatissimi e nel solco della tradizione. Ma anche i piatti non deludono: dagli spaghetti con le beverasse alla fritturina di calamari e mazzancolle.

In Calle dell’Ospedaletto, un piccolo locale familiare con tanto legno e un ambiente accogliente, dove respirare la Venezia di una volta. La cucina offre piatti classici (eccellenti gli spaghetti alle vongole e il pesce alla griglia) e gustosi cichetti. La verdura e il pesce vengono scelti giornalmente al mercato dallo chef-patron che ha la passione del biologico. Vini naturali, godibili anche all’ora dell’aperitivo.

L’insegna, vicino all’Arsenale, rende omaggio a due idee: un luogo per gli appassionati del vino e un locale intimo, in stile parigino. La formula è a menù fisso, la prenotazione obbligatoria. Si gioca sulla tradizione, non solo locale, ma con interpretazioni piacevoli, vedi la panzanella di coniglio o il cefalo con zucca e bottarga. Come prevedibile, la cantina non delude con un’ampia offerta di vini locali, nazionali e stranieri.

È la più nota tra le osterie di Cannaregio, in stile ottocentesco: per i veneziani, le polpette di carne sono imbattibili al mondo. Sono il tocco in più della ricca (e ben eseguita) serie di cicheti, in bella vista sul bancone. Ma si può anche fare un pasto completo a base delle specialità tipiche quali i bigoli in salsa, gli spaghetti alla busara, il baccalà mantecato con polenta e le sarde in saor. Tanto vino sfuso e al calice.

In uno storico palazzo del XVI secolo, un ambiente in stile veneziano che viene arricchito da un piacevole spazio esterno. L’originalità è rappresentata da una cucina che segue la tradizione di terra (e non di pesce) con piatti golosi: carpaccio di manzo, tagliatelle con sugo d’arrosto, coniglio in tecia. Tutti preparati con ingredienti selezionati. Ricca la scelta di formaggi e lista dei vini prevalentemente locali.

Il geniale pop-up della famiglia Alajmo si trova sull’isola della Certosa – posta tra il Lido e l’Arsenale – a pochi metri dalla stazione del vaporetto. Aperta tutti i giorni dalle nove a mezzanotte, pensata per offrire di tutto: dalla colazione all’aperitivo serale, dal tramezzino del pranzo al gelato pomeridiano, fino ad arrivare alla cena o al dopocena con grandi drink. La cucina? Da osteria contemporanea, ma venezianissima, con la visione del mago Max Alajmo.

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