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formati, ricette e geografia in Italia | La Cucina Italiana

formati, ricette e geografia in Italia
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Il World Pasta Day, ovvero la Giornata Mondiale della Pasta, si celebra il 25 ottobre dal 1995, quando 40 produttori si misero attorno ad un tavolo per deciderne l’ufficialità. Un’occasione che non possiamo mancare di celebrare (naturalmente) in cucina con tante ricette. Ma prima, ripercorriamo i numeri della pasta in Italia grazie all’ultima indagine di Deliveroo, il servizio di delivery a domicilio.

Quali sono i formati di pasta più acquistati in Italia?

Secondo Deliveroo, che conta circa 2.000 supermercati da cui acquistare generi alimentari, la pasta ha registrato nel terzo trimestre del 2022, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, un incremento del 130% negli ordini, per quanti scelgono la App per fare la spesa. I formati preferiti? Tra le oltre 500 referenze disponibili, ecco la classifica:

  1. penne rigate
  2. spaghetti
  3. fusilli
  4. farfalle
  5. rigatoni

Quali sono le ricette di pasta più ordinate a domicilio?

Secondo Deliveroo, vince la tradizione. Tra le ricette, in testa alle preferenze si posizionano le classiche ed intramontabili tagliatelle al ragù, davanti alla carbonara e lasagne alla bolognese. Tra le scelte più gettonate dai circa 4.000 ristoranti partner di Deliveroo che offrono pasta, anche ricettazioni a base di pesce come e linguine allo scoglio e spaghetti con le vongole.

Quali sono le città che più amano ordinare pasta a domicilio?

Nella speciale classifica stilata da Deliveroo, calcolata considerando gli ordini di pasta sul totale degli ordini, in testa si posiziona Alghero (SS), seguita da Merano (BZ) seconda, e Cecina (LI) terza. In quarta posizione Verbania davanti a Rovereto (TN). Seguono Casalpusterlengo (LO), Nuoro, Imperia, Cesena e Montecatini Terme a chiudere la Top 10.

E ora, tante ricette per celebrare il World Pasta Day 2022!

La pasta dei cornuti trasformata in un piatto gourmet

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La pasta dei cornuti è così chiamata grazie al folkore colorito dei napoletani: che cos’altro può fare, infatti, un “cuoco di famiglia” se ha dedicato tutto il tempo previsto per la cucina a tradire il partner? Tornato a casa di corsa, deve mettere qualcosa in tavola e, allora, una pasta burro e parmigiano, e la cena è servita.

Certo, noi Italiani sappiamo anche che quando c’è l’eccellenza degli ingredienti, anche un piatto così semplice può essere paradisiaco. E questo già basterebbe per togliere ogni traccia di offesa nel presentare un “piatto cornuto” al proprio partner: non c’è amore più grande, infatti, che offrire la massima qualità alle persone del cuore, fidanzati o amici o familiari che siano. Ma di più: volete trasformare la pasta dei cornuti in un piatto da veri gourmet, con solo pochi tocchi in più? Ecco come fare. 

Come fare la pasta dei cornuti in versione gourmet

Il pepe

C’è una grande differenza tra una spolverata di pepe distratta a fine cottura e, invece, una macinata fresca, fatta al momento, poco prima di servire. Soprattutto se abbiamo scelto il pepe con cura, magari una particolare specie, come il pepe di Sichuan. Ma anche se avete pepe nero comune, provate a pestarlo con il matterello o il pestacarne e poi a tostarlo brevemente in padella, prima di utilizzarlo: gli aromi saranno molto enfatizzati. Infine, se vi piace il profumo del pepe, ma sapete che il vostro partner non ama il piccante, potete seguire il suggerimento di Oldani, e pestare il pepe per poi passarlo al setaccio: utilizzate solo la scorza nera, dove si concentrano gli aromi, e tenete la parte interna bianca, piccante, per altri utilizzi.

La cremina

Ricordate che la pasta può essere mantecata proprio come il risotto: e come per il risotto, non è soltanto la fusione del burro con il formaggio che crea la crema del condimento. Un ruolo molto importante è giocato dall’amido, naturalmente presente nella pasta, proprio come accade per la pasta cacio e pepe. Quando la scolate, quindi, conservate un po’ dell’acqua di cottura, ricca dell’amido rilasciato dalla pasta, e unitene un mestolino quando condite il vostro piatto con burro e formaggio. Terminate con il pepe speciale che avete scelto e… altro che cornuto, fortunato chi la assaggerà!  Che dire, poi, se vorrete impreziosirla con sapori aggiuntivi, più o meno preziosi… la scelta è infinita, dalle alici sott’olio alle erbette fresche fino al pregiato tartufo, la fantasia non ha limiti, e basta solo un ingrediente in più ogni volta per cambiare il piatto all’infinito. 

Una versione più slow

Se volete, infine, dimostrare tutta la vostra dedizione, potete addirittura fare la pasta in casa, magari anche il giorno prima, se volete averla pronta poi per una cena veloce. Le dosi per impastare? Semplicissime: 100g di farina per 1 uovo. Se siete in due, basteranno quindi 200g di farina con 2 uova. Impastate, unite un goccio di acqua se necessario e lasciate riposare l’impasto per 30 minuti. Stendetelo poi in una sfoglia sottile e tagliatelo nel formato che preferite. Potete usarla subito, oppure stenderla su un vassoio leggermente infarinato e conservarla in un luogo asciutto, coperta con carta da cucina, per la sera successiva.  Potete scegliere, poi, un burro speciale, di malga, oppure aromatizzarlo in casa, trasformando il panetto in una prelibatezza. Addirittura, potete provare a fare il burro in casa voi stessi: qui la ricetta e le istruzioni.  Un’attenzione ulteriore, per palati fini, è poi la scelta del Parmigiano Reggiano Dop: perché, certo, non ne esiste uno solo. Oltre alle tante stagionature, esiste il Parmigiano di montagna, con fini sentori di erbe, che potrebbe dare alla vostra pasta dei cornuti, ormai fortunata, una complessità aggiuntiva da veri intenditori. 

Ricerche frequenti:

Il grande ritorno delle carrube siciliane

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Torna di moda uno degli ingredienti più antichi e dimenticati della nostra gastronomia. Sono le carrube, preziosi baccelli assai diffusi nell’Italia meridionale, soprattutto in Sicilia, i cui semi possono essere definiti un po’ il “cacao di casa nostra”. E questo ben lo sapevano gli Arabi, che utilizzavano i semi di carrubo (“quirat”) come unità di misura per le pietre preziose, pratica che diede origine al termine “carati”. Ma i semi non sono l’unica fonte di gusto derivanti dal carrubo.

Da bere

Le carrube (intese come i baccelli) si raccolgono in settembre: macerate in acqua, rilasciano una notevole quantità di glucosio, e quindi vengono utilizzate per la produzione di liquori e sciroppi, ricavati con la triturazione della polpa, che poi viene fatta fermentare e distillata. Il processo si può eseguire anche in casa, il risultato è un liquore di colore marrone dal gusto piacevole, da servire fresco.

Le tagliatelle con la bottarga di tonno

Una volta essiccate, dai semi delle carrube si ricava anche una farina che può essere utilizzata per la preparazione della pasta fresca. Un esempio? Le tagliatelle alla carruba ragusane, preparate con un impasto di farina di grano duro e di carruba (in proporzione di 4 a 1) e con un condimento barocco da leccarsi i baffi: bottarga di tonno, buccia d’arancia grattugiata, aglio, olio extravergine d’oliva e prezzemolo. Originale anche questo condimento salentino, che prevede radicchio, cipolla, aglio, pancetta affumicata, noci, vino bianco, parmigiano e panna.

I dolci

Ma l’utilizzo principale della farina di carrube è nei dolci, spesso in sostituzione del cacao, e per questo risulta particolarmente apprezzata dai vegani (si fa a meno di latte e simili). Ma con le carrube si preparano torte, budini e soprattutto i biscotti. In questi ultimi farina bianca e farina di carrubo vanno mescolate in proporzione di 2 a 1 e abbinate a zucchero di canna, burro, uova, latte, cannella e lievito. Perfetto l’abbinamento tra il cioccolato di Modica e i biscotti alle carrube. Con la farina si prepara un dolcissimo e semplice “street food” siciliano, ossia le caramelle di carrube, utilizzando solamente acqua e miele o zucchero. La farina di carruba, in generale, è un ottimo addensante, utilizzato anche in gelati, bignè e crem caramel.

Il grande ritorno delle carrube siciliane
Gelato alla crema, limone e zenzero

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Le proprietà

Dal punto di vista nutrizionale la carruba è un alimento piuttosto calorico (207 calorie ogni 100 grammi), ma è un’ottima alternativa al cacao per le persone intolleranti a questo ingrediente, anche se il gusto è diverso. La ricchezza di fibre, inoltre, aiuta a tenere sotto controllo il colesterolo “cattivo” e i livelli di trigliceridi. È ricca di proteine e sostanze antiossidanti ed è una fonte di vitamina E e di vitamina K e contengono calcio, zinco, potassio e fosforo.

Un cibo biblico

Perché, allora, la carruba per lunghi anni è caduta nell’oblio? La carruba ha origini mediorientali. Nei Vangeli di Marco e Matteo, quando si racconta di Giovanni Battista “si cibava di locuste e miele selvatico”, ma con il termine “locuste” si intende probabilmente “carrube”. Per il loro alto valore nutritivo, fin dall’antichità venivano utilizzate per nutrire gli animali, come testimonia un altro Vangelo, quello di Luca. Nella parabola del figliol prodigo, si racconta che il giovane “avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava”.

La capitale? Ragusa

A quell’epoca il carrubo era presente già da qualche secolo in Sicilia, per merito dei Greci o dei Fenici. Anzi, alcuni studiosi ritengono perfino che sia una pianta autoctona dell’isola. Ma furono gli Arabi che puntarono fortemente su di lui, con coltivazioni che si estendevano dalla Sicilia fino al Marocco. Per la Sicilia cristiana, però, il carrubo era pur sempre la pianta sacra a San Giorgio, come testimoniano i numerosi tabernacoli all’ombra di questi alberi. Nonché lo splendido Duomo di San Giorgio che domina Ragusa, tuttora la vera “capitale” del carrubo. In epoca medievale il carrubo era già utilizzato per la preparazione di prodotti medicinali e di dolci, come prescritto dalla Scuola medica salernitana. Nella seconda metà del Settecento si ha notizia di una fiorente produzione tra Modica, Ragusa, Comiso, Scicli, Noto e Avola, quantificabile in 60mila cantari (circa 5400 tonnellate), di cui 40mila venivano esportati attraverso i porti di Augusta, Siracusa, Noto e Scoglitti. Le carrube non esportate erano utilizzate come alimento per il bestiame e come alimento poverissimo, soprattutto in caso di carestia, come ad esempio durante la Seconda guerra mondiale. Sarà per questo che, con il sopraggiungere del benessere, la carruba è caduta nel dimenticatoio, al pari di altri tesori della nostra cucina come ad esempio la cicerchia e la roveja nell’Italia centrale, più o meno inconsciamente associate ai periodi di più nera carestia. Fino alla recente riscoperta: oggi il 72% dei carrubi italiani si trova in provincia di Ragusa, con una produzione che si sta lentamente avvicinando a quella degli anni migliori, anche grazie a un fiorente export sui mercati di tutto il mondo.

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