Tag: piatti veloci e semplici

» Albero di Pasqua di pasta frolla

Misya.info

Preparate la pasta frolla: lavorate il burro con lo zucchero a velo fino ad ottenere una consistenza a pomata, poi incorporate tuorlo e vaniglia e infine anche farina e bicarbonato.

Avvolgete il panetto con pellicola per alimenti e lasciate in frigo per almeno 30 minuti.

Riprendete il panetto e stendetelo con il mattarello fino a creare una sfoglia sottile (circa 0,5 mm), quindi ricavate la sagoma di un albero con un coltello a lama liscia (vi basterà creare un tronco più spesso con 6-7 rami in cima.

Con la pasta frolla avanzata, ricavate i decori pasquali che avete pensato per il vostro albero: io ho scelto uova di Pasqua, coniglietti e carotine, campane, pulcini e anche qualche farfalla, perché le ricollego alla primavera.

Sistemate tutto sulla teglia rivestita di carta forno, bucherellate leggermente la superficie e cuocete per circa 15 minuti a 170°C, in forno ventilato già caldo (io ho fatto 2 infornate separate, per non rischiare di cuocere troppo i biscotti piccoli o troppo poco l’albero).
Una volta sfornato tutto, lasciate raffreddare completamente.

Preparate la glassa: mescolate zucchero a velo e acqua in una ciotola, poi dividetela in ciotoline diverse e aggiungete in ognuna un colorante alimentare di colore diverso: io ho usato rosa, arancione, giallo, verde, azzurro e viola, lasciandone poi una 6° bianca.

Visualizzate come posizionerete i decori, quindi decorateli a piacere con glassa e zuccherini, quindi lasciateli asciugare completamente.

L’albero di Pasqua di pasta frolla è pronto: sistemate ogni decoro al suo posto e portate in tavola.

» Uova sode colorate – Ricetta Uova sode colorate di Misya

Misya.info

Cuocete le uova sode: mettetele in una casseruola con abbondante acqua fredda, portate a ebollizione, quindi fate bollire per 8 minuti.
Scolate le uova, passatele sotto acqua fredda corrente per fermare al cottura e sgusciatele.

Preparate le 3 misture: frullate le barbabietole con un goccino d’acqua e uno di aceto, sciogliete la curcuma in acqua con un goccino di aceto, frullate gli spinaci con un goccino d’acqua e uno di aceto.
Versate i 3 liquidi coloranti in contenitori alti e stretti e disponeteci dentro le uova, in modo che siano immerse completamente (se no, come me, dovrete girare ogni tanto le uova per far risultare il colore uniforme).

Il giorno dopo (o passate almeno 8 ore) scolate le uova, sciacquatele e asciugatele delicatamente.

Le uova sode colorate sono pronte, non vi resta che servirle.

Un pranzo artistico memorabile | La Cucina Italiana

La Cucina Italiana

Era l’inizio degli anni Duemila. Critico agli esordi, ero stato chiamato da una galleria d’arte milanese a redigere il testo di presentazione della mostra di Wolfgang Laib (1950), un artista tedesco che ha raggiunto fama internazionale sposando forme elementari e simboliche – il quadrato, l’ovoide, la ziqqurat – con materiali viventi come polline, latte, riso, cera d’api, insieme ad altri più tradizionali come il legno e il marmo; una poetica, la sua, ispirata tanto al Minimalismo quanto alla spiritualità orientale. Al posto della classica introduzione al catalogo avevo fatto un florilegio di citazioni molto eterogenee – da Novalis a un manuale di apicoltura –, accostandole a una serie di immagini che riecheggiavano le creazioni dell’artista. Il gioco colto gli piacque, tanto che mi disse: quando vuoi vieni a trovarmi a casa. Intendeva la sua casa in un paesino a nord del lago di Costanza, dove passa la primavera e l’estate per raccogliere i pollini necessari al suo lavoro; mentre per il resto dell’anno abita nell’India meridionale, dove ha viaggiato a lungo da giovane.

article image
Champagne, alta cucina e arte

Leggi l’articolo

Non senza emozione, avevo accettato quell’invito per me così prestigioso e avevo chiesto a un’amica di Stoccarda che studiava arte contemporanea, Heike, di accompagnarmi. A sorpresa, lei si dimostrò riluttante, sostenendo – bizzarra idea, frutto della sua insicurezza – che gli artisti tedeschi detestassero gli studenti d’arte contemporanea. La persuasi dicendo che la visita sarebbe stata un breve saluto. Invece, una volta arrivati, Laib e sua moglie Carolyn, felici della visita, ci invitarono a pranzo. Il luogo era di una bellezza davvero fuori dal comune. La casa, collocata sul versante di una bassa collina, aveva un’impronta modernista che mi ricordava la «Casa sulla cascata» di Frank Lloyd Wright; più in basso c’erano un casolare tradizionale dove vivevano i genitori di lui e, in un fienile ristrutturato, lo studio. Gli spazi interni coincidevano con il senso del suo lavoro artistico: nudi pavimenti di granito, rari mobili, poche e intense opere d’arte: un frammento di calligrafia islamica, un piccolo dipinto su tavola toscano del Trecento, un meraviglioso Kounellis. E poi c’erano grandi vetrate aperte sul paesaggio, che lo rendevano bello e astratto come un paravento giapponese.

article image
Cucina e arte: Chef Giuseppe Bruno, patrimonio Italia a New York

Leggi l’articolo

Il pranzo (rigorosamente vegetariano): a terra, scalzi, su una stuoia, senza altre posate che il cucchiaio per sorbire una zuppa di pasta, latte e menta. Poi la mia memoria salta a delle arance tagliate a fette e dei pezzi di cioccolato. In mezzo forse c’era qualcos’altro, ma io ero emozionato e l’ho cancellato. Per di più ero teso a evitare le goffaggini di chi mangia in una posizione del tutto insolita. E poi ero imbarazzato dalla mancanza di convivialità della mia amica: palesemente a disagio, parlava a monosillabi. E, dato che in quella casa nessuno fumava, pur essendo una fumatrice accanita non osava accendersi una sigaretta. Di lì a poco le arrivò un altro colpo: la signora raccontava di come fosse dispiaciuta perché la figlia adolescente era sempre vestita di nero in quella casa dove tutto era un inno alla luce e al colore. E la mia amica indossava un abito lungo, ampio e… nero!

article image
Idee per una cena vegetariana: 20 portate da provare

Leggi l’articolo

Il cioccolato tornò nel pomeriggio insieme al tè, a conclusione del momento più alto di quella giornata: l’artista ci mostrò le sue opere nello studio mentre la luce del giorno pian piano svaniva, fino a quando, per lasciarle vivere ancora qualche istante, accese un’alta e sottile candela di cera candida appoggiandola direttamente sul pavimento. Il tutto, nel più grande silenzio.
«Fermatevi a cena!», esclamarono a un certo punto i padroni di casa. Ma io non volevo abusare della pazienza della mia accompagnatrice. Uscendo, tutto imbevuto della nobiltà del luogo, ero pieno di alti pensieri che spaziavano fra Goethe e Gandhi. Eravamo appena saliti in macchina che Heike, esasperata, sbottò: «Grazie a Dio è finita! Adesso ti porto a Stoccarda, nel quartiere delle prostitute, a mangiare hot dog, fumare e rintronarci di musica techno». Anche per lei, a suo modo, era stata una giornata memorabile…

Per abbonarti al nostro mensile clicca su La Cucina Italiana

Proudly powered by WordPress