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Il ritorno del panettone gastronomico: innovazione e tradizione

Il ritorno del panettone gastronomico: innovazione e tradizione

A strati farcito o a focaccia, con formaggio, capocollo o tartufo nell’impasto. L’antipasto più vintage si rinnova in ogni forma, da gastronomia o pronto da acquistare e fatto dai migliori pasticcieri d’Italia.

Si chiama panettone per la forma e perché troneggia sulle tavole della festa, ma quello salato si serve come antipasto. Negli anni Settanta e Ottanta era l’emblema della scenografia, immancabile insieme alle tartine e all’insalata russa per cominciare il pranzo di Natale. Bello e buono, opulento, farcito di abbondanza, ripieno di una sorpresa a ogni strato. Sopravvive nei banchi delle gastronomie, con quello stile un po’ vintage che lo aveva fatto dimenticare alle nuove generazioni. Poi un po’ merito di Masterchef, un po’ di Bake Off che l’hanno reso una sfida da nuovi gourmet, ha di nuovo il suo posto d’onore insieme alle pendette alla vodka e ai piatti amarcord rispolverati dall’oblio. Si può comprare da Eataly, da farcire, nelle pasticcerie storiche che non lo hanno mai abbandonato,  a Milano dalla storica Pasticceria Panzera, a Brescia dal maestro Iginio Massari, a Roma o a Napoli dove spesso si chiama Pan Canasta, assemblare in casa con pane brioche colorato già pronto o fare partendo da zero. Oppure si può andare avanti, e abbracciare la sua recente evoluzione voluta dai Maestri del panettone “dolce” che ne propongono una versione contemporanea, in cui al posto di uvette e canditi, creme e glasse, troneggiano formaggio, guanciale e preziosi tartufi. Esiste anche a forma di pandoro, alla Pasticceria Martesana di Milano.

Il panettone salato

Definirla una novità fa sorridere, e non perché Attilio Servi lo produce oramai dal 2013, ma perché la crescia al formaggioesiste dal Medioevo. Che la chiami pizza di Pasqua, torta di Pasqua ,torta al formaggioo crescia brusca, è diffusa fra Marche, Lazio, Umbria, Abruzzo e Molise ed è stata persino inserita nell’elenco dei Prodotti Alimentari Tradizionali (P.A.T). Ma ora è trendy, è bastata chiamarla “panettone salato”.

Il primo: la focaccia salata di Attilio Servi

Attilio Servi è stato l’unico a produrre le varianti salate di panettone da anni, introducendo la sapidità di alcuni ingredienti nell’impasto del Panettone con la prima “Focaccia del contadino” con pere e Parmigiano Reggiano.Dopo il successo, Attilio Servi fece seguire la Focaccia “Trionfo d’Italia” con Pomodoro a Pera d’Abruzzo essiccato, Parmigiano ed Origano di Pantelleria (premio Miglior Panettone Salato alla Manifestazione “Una Mole di Panettoni 2017”), la Focaccia “All’Amatriciana” e nel 2017 la Focaccia “Cacio e Pepe” (Premio al Vinitaly 2017 ed al Merano Wine Festival 2017).

Dal panettone in estate, al panettone all’aperitivo
L’idea non era quella di destagionalizzare il panettone classico, come provano a fare in molti, cercando di venderlo sotto il sole del 15 di agosto, ma di ampliarle le occasioni di consumo oltre la colazione, la merenda e il momento del dolce sotto Natale. Al posto di arricchirlo con creme e ingredienti esotici, ha preferito così farne una versione altrettanto italiana, ma adatta ad essere consumata come aperitivo e antipasto. Questi sono infatti prodotti lievitati salati ma con una tendenza dolce, come la pasta brioche, da servire con un bicchiere di bollicine o in abbinamento a formaggi e salumi, foie gras, salmone affumicato…

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Abbinamenti possibili per un antipasto facile

A Mantona, Grazia Mazzali ha creato la sua Pepita del PO, panettone salato al tartufo, un lievitato salato che viene lavorato solo con lievito madre senza aggiunta di conservanti, coloranti o aromi ma con tartufo bianchetto delle golene del Po: “Per me che sono mantovana rappresenta anche un modo per valorizzare un prodotto del mio territorio. Questo lievitato è stato pensato come  prodotto da aperitivo o antipasto , in abbinamento a formaggi semi stagionati di pecora o capra, crostacei, tartare di pesce, Lardo di colonnata, foie gras, salmone affumicato, uova o funghi porcini. Se invece volessimo mantenere in toto il filone della mantovanità potremmo abbinarlo al luccio…e bollicine a fiumi in a ccompagnamento, o anche rossi strutturati” spiega Grazia.  Alla Pasticceria Mazzali si trova anche il Cortigiano (pomodorini , cipolla borrettana, parmigiano 40 mesi vacche rosse reggiane, ideale in abbinamento a salumi e vini rossi).

Il 2020, meno offerta e un concorso

Negli anni passati la crescita di proposte era stata esponenziale, ma nel 2020 si registra un una flessione: il panettone salato lo si mangia in tanti, e non sarà questo lo scenario di Natale e Capodanno. Al concorso Una Mole di Panettoni 2020, che premia a Torino i migliori grandi lievitati provenienti da tutta Italia, si sono sfidate pasticcerie da Nord a Sud: il vincitore è stata l’Antica Pasticceria Castino di Pinerolo (TO) con il suo Panettone Salato pesto e pomodori secchi, olive taggiasche e Parmigiano. Seconda la Pasticceria Vanily di Carinaro (CE) con un Panettone Salato Papacelle e Baccalà e terzo classificato la Pasticceria Dolcevita di Codroipo (UD) con il Panettone Salato con speck di Sauris, cipolla rossa di Cavasso e della Val Cosa (presidio slow food) e formaggio latteria della latteria di Pradis di sopra.

Tutti i migliori, dal Capocollo al caciocavallo

La ricerca del prodotto tipico resta fondamentale, nascono così nel 2018 prodotti come il Pancapocollo con Capocollo di Martina Franca del Salumificio Santoro, realizzato da Emanuele Lenti; in Abruzzo, a Caserta si sforna il PanArchico, panettone salato artigianale con caciocavallo Gerarchico e la pancetta di maiale bianco, creato da Guido Sparaco. A Mantona, Grazia Mazzali ha creato la sua Pepita del PO, panettone salato al tartufo bianchetto delle golene del Po e così via Ecco i prodotti da assaggiare, per le Feste, ma non solo:

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Il (triste) Natale di Milano senza gli Oh Bej! Oh Bej!

Il (triste) Natale di Milano senza gli Oh Bej! Oh Bej!

Gli storici mercatini del Natale di Milano, quest’anno, ovviamente, non ci saranno. E anche se non poteva essere altrimenti, si tratta di un momento assai triste per la città. Qui vi raccontiamo perché

Si chiamano ufficialmente Oh Bej! Oh Bej!, ma forse neanche i milanesi doc – ammesso ne esistano ancora – saprebbero come scrivere correttamente il loro nome («staccato o obejobej?»).

Comunque sia, parliamo dei mercatini storici del Natale di Milano, che si tengono ogni anno nei giorni del Santo Patrono Sant’Ambrogio (6-8 dicembre). Ogni anno tranne questo, naturalmente: la manifestazione è stata infatti annullata a causa dell’emergenza sanitaria in corso e non poteva essere altrimenti. Tuttavia, si tratta di un momento assai triste per la città, visto che gli Oh Bej! Oh Bej! sono da sempre un appuntamento molto amato, che richiama tantissime persone, e la cui origine risale addirittura al 1510.

Ma perché questi mercatini si chiamano così, Oh Bej! Oh Bej? Il nome si rifà a un episodio della storia di Milano, ossia all’arrivo in città di Giannetto Castiglione, inviato da papa Pio IV proprio nel 1510 per ingraziarsi l’affetto dei fedeli meneghini. Per compiere la sua missione, Castiglione utilizzò un metodo tanto antico quanto efficace, ossia distribuire alla popolazione più piccola di Milano pacchi pieni di dolci e giochi. Come reagirono i bambini alla vista di tutti quei ninnoli? Ma esclamando felici: «Che belli, che belli!», che in dialetto milanese suona proprio: «Oh Bej Oh Bej».

In origine, la festa che dal 2006 si svolge nella nuova area pedonale del Foro Bonaparte (intorno al Castello Sforzesco), si teneva nell’attuale piazza dei Mercanti, adiacente a piazza Duomo. Mentre nel 1886 fu spostata vicino alla Basilica di Sant’Ambrogio, dove è rimasta appunto fino al 2006.

Certo, un tempo la fiera che oggi si è votata alle (più) classiche bancarelle di souvenir, esponeva soprattutto prodotti tipici della gastronomia, come il castagnaccio, la mostarda e i tradizionali firon, sorta di trecce di castagne infilzate. Ma è rimasta comunque nel cuore di tanti milanesi e no. E anche se Milan l’è on gran Milan, come ha ripetuto persino la presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen, Milan l’è anche un po’ triste, specialmente quest’anno.

Trofie al pesto: la vera ricetta ligure

Trofie al pesto: la vera ricetta ligure
  • 350 g Trofie fresche
  • 30 g Parmigiano Reggiano grattugiato
  • 20 g Pecorino sardo grattuggiato
  • 12 g Pinoli
  • 25 Foglie di basilico
  • Aglio
  • Olio extravergina di oliva
  • Sale grosso
  • 1

    Lavate e asciugate il basilico. Pestate nel mortaio alcune foglie, aggiungendo via via le altre, in
    questo modo sarà più semplice sminuzzarle.
    Aggiungete i pinoli, pochi alla volta, quindi uno spicchio di aglio a fettine e un pizzico di sale grosso.
    Riducete in poltiglia gli ingredienti.
    Unite i formaggi e mescolate bene. Versatea a filo 40 g di olio, lavorando il pesto finché non sarà
    omogeneo e di una consistenza compatta.

  • 2

    Portate a cottura la pasta in acqua bollente salata. Diluite il pesto con un cucchiaio
    di acqua di cottura per renderlo più cremoso, poi scolate la pasta e conditela con il pesto, completando a piacere con foglie di basilico intere e formaggio appena grattugiato.

    Il pesto perfetto, idealmente, richiede foglie di basilico di Pra’ (prodotto Dop), un quartiere di Genova, olio extravergine di oliva della Riviera Ligure, delicato, e aglio di Vessalico (Imperia), meno forte e più digeribileMa fondamentale è l’utilizzo del mortaio e del pestello.

Guarda altre ricette con il pesto

Quando si dice pesto, si pensa immediatamente alle trofie, il formato di pasta più classico da abbinare alla ricetta ligure con patate e fagiolini. Ma fra i piatti più amati con il pesto ci sono anche i testaroli, tipici della Lunigiana: una ricetta contadina che si prepara tradizionalmente in contenitori in ghisa chiamati testi, da cui il nome.

Il pesto alla genovese è perfetto anche per condire un altro must della cucina italiana: provate la nostra ricetta delle lasagne al pesto, non tornerete più indietro!

Ricerche frequenti:

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