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La pasta al dente fa ingrassare meno? Ecco la risposta

La Cucina Italiana

La pasta al dente fa ingrassare meno? È una domanda che ci facciamo spesso anche se, va sempre ricordato, nulla fa ingrassare di per sé. Né – purtroppo – esiste un alimento che faccia dimagrire. Dipende sempre da quanto si mangia (nel caso della pasta la porzione standard è di 80 grammi), ma anche da come si mangia, e dallo stile di vita: una sana alimentazione va sempre abbinata all’attività fisica. Ne va non solo della linea, ma della nostra salute.

Qual è la pasta che fa ingrassare di meno?

Tornando al punto, la pasta al dente fa ingrassare meno? Ipersemplificando, la risposta è sì, se l’alternativa è la pasta scotta. La prima ragione sta nel fatto che l’amido che c’è nella pasta non si disperde completamente in acqua: la rete glutinica, per via della cottura più breve, ne trattiene di più e lo rende assimilabile in modo graduale. In questo modo non si verificano gli sbalzi glicemici che comportano accumuli di zuccheri, e quindi di grasso. Proprio per questa ragione il senso di sazietà è prolungato.

Non solo, come spiega la Fondazione Veronesi, è preferibile mangiare la pasta al dente anche per una questione di masticazione che, allo stesso modo, agisce positivamente sulla digestione. «La pasta al dente invita a essere masticata più a lungo e il lavoro della masticazione fa uscire dalle ghiandole salivari succhi contenenti l’enzima ptialina che agiscono sulle catene complesse dell’amido, riducendole a strutture meno complesse e facilitando il successivo completamento della digestione, che avviene nel duodeno e nei vari segmenti dell’intestino tenue». Insomma, oltre che migliore da un punto di vista glicemico, la pasta al dente è anche più digeribile. 

Qual è la pasta che fa ingrassare di più?

L’esatto opposto avviene con la pasta scotta: l’amido si disperde completamente in acqua. In questo modo provoca problemi digestivi perché gli enzimi faticano a disgregare l’impasto colloso che forma nell’intestino, e innalzamenti repentini della glicemia perché il glucosio viene immediatamente assorbito.

Qual è l’indice glicemico della pasta?

La differenza di indice glicemico tra pasta al dente e pasta scotta è infatti consistente: si va dai 45 circa della prima (considerato basso), ai 70 della seconda (cioè alto). E no, per abbassarlo ulteriormente la pasta non va (ovviamente)  mangiata cruda, perché gli enzimi non sono in grado di attaccarla quindi non verrebbe affatto digerita.

Come si fa a capire quando la pasta è al dente

C’è però poi anche un altro punto: quando si può definire al dente, la pasta? Tecnicamente quando perde la parte bianca interna restando però elastica: non deve sciogliersi in bocca, ma opporre una certa resistenza mentre si mastica. A questo contribuisce anche la qualità della pasta: un prodotto di grano duro di qualità, tiene molto meglio la cottura e in genere basta seguire i tempi riportati sulla confezione per avere un risultato ottimale.

Come fare la pasta per non ingrassare

Sempre che si seguano le regole base della cottura della pasta: serve una pentola ampia, cilindrica nel caso della pasta lunga, colma di acqua. Il sale va aggiunto al momento del bollore e poi la pasta va calata in un sol colpo e mescolata con un cucchiaio di legno, anche mentre cuoce. Per la pasta fresca serve poco: 3/4 minuti ed è pronta. Le trafilate al bronzo sono invece quelle che richiedono le cotture più lunghe. Ultima cosa da ricordare: se la pasta va risottata, va scolata due o tre minuti prima. In padella continua a cuocere, il rischio che diventi collosa è dietro l’angolo.


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Tra i vari primati: Secondo Ercole importa dall’America i barattoli di vetro con tappo richiudibile. Trasparenti, pratici, giungono da noi insieme ai primi frigoriferi, sempre americani e portano la rivoluzione nelle nostre cucine. L’azienda cresce, c’è il boom economico arrivano anche i primi caroselli pubblicitari, negli Anni ‘60 e ’70, per l’adagio “Olivolì, Olivolà” che diventerà uno dei primi spot-tormentone. Per arrivare ad oggi: un fatturato di 140 milioni di Euro (50% Italia, 50% Estero), e un nuovo stabilimento sostenibile, con riciclo delle acque di lavorazione.

A raccontarci curiosità e tappe di questa storica azienda è Chiara Ercole (nella foto), terza generazione dell’azienda astigiana e attuale AD di Saclà. Siamo con lei dove tutto è cominciato, ad Asti, in una villa Liberty che oggi è chiamata “Casa Saclà” e ospita una cucina dedicata agli eventi e agli ospiti internazionali dell’azienda ma che un tempo era la casa de nonni di Chiara. Infatti, mantiene, oltre ad una cucina a vista, anche un salotto e una sala da pranzo.
Di fronte all’edificio, lo storico stabilimento, in mezzo una piazza: tutto molto italiano, secondo il concetto di “casa bottega” che ha caratterizzato la rinascita del Dopoguerra e il boom economico degli Anni Sessanta. A breve distanza, a Castello di Annone infine, un nuovo stabilimento sostenibile a basso impatto ambientale: 1.600 mq di pannelli solari, 350 kw di energia elettrica autoprodotta, 74.000 kwh generati dai biogas degli scarti prodotti, sistemi avanzati di gestione del ciclo dell’acqua, diversità di packaging per materiali e formati, versatilità tecnologica e di conservazioni e abbattimento delle emissioni di CO2 grazie all’ottimizzazione della logistica. «Una struttura produttiva all’avanguardia che guarda ad un futuro con un impatto virtuoso anche per le comunità limitrofe», spiega Chiara.

L’amatriciana (arrostita) con la ricetta di Luciano Monosilio | La Cucina Italiana

L'amatriciana (arrostita) con la ricetta di Luciano Monosilio
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L’amatriciana, ricetta facile, casalinga, direte voi. Piccola delizia con anche un tasso di moderata innovazione, secondo Luciano Monisilio. Lo chef infatti è l’ottavo re di Roma, quello della carbonara (classica e persino alla grappa). Ma nel suo ristorante Luciano – Cucina Italiana a pochi passi da Campo de’ Fiori, uno dei piatti più venduti è l’amatriciana. È anche quella che ti prepara se gli dici «Fai tu» mentre sei di passaggio in pausa pranzo, mentre il locale è pieno e alla porta si affacciano VIP in cerca di un tavolo libero. La pasta è il fulcro del menù, la pasta secca di semola di grano duro la fanno in casa, al piano di sotto, la vendono sugli scaffali, ma nel menù c’è anche altro; anche se nessuno esce senza aver ordinato almeno un primo. Luciano alle 12 è al piano di sotto, al pastificio, e mozza le mezze maniche che escono dalla trafila con una spatola. Con un centinaio di coperti almeno, pranzo e cena, la produzione della pasta è un atto quotidiano. Originario di Albano Laziale, Luciano Monosilio è classe 1984 e ha sempre voluto fare il cuoco. È andato “a bottega dai migliori” torna a Roma nel tempio della cucina romana, Roscioli, e nel 2010 viene chiamato dal patron Alessandro Pipero per guidare la sua cucina. Qui prende la stella Michelin e in otto anni sdogana la carbonara, da piatto da trattoria a primo gourmet, servito con un servizio impeccabile. Sembra quasi banale, ma quelli erano anni in cui la pasta secca era ancora guardata con diffidenza nell’alta ristorazione, e quel segnale sarà per sempre ricordato. Nel 2018 una nuova avventura e apre Luciano – Cucina Italiana in piazza del Teatro di Pompeo  in cui si dedica alla tradizione italiana e a piatti più contemporanei. Carbonara, cacio e pepe, amatriciana sono sempre nel menù.

L’amatriciana: ricetta di Luciano

L’amatriciana, la ricetta dell’amatriciana di Luciano, per meglio dire, è arrostita. Il guanciale, che viene prodotto da un norcino di fiducia che lo stagiona per 4 mesi per la ricetta di Luciano. In padella lui lo taglia molto grosso, lo cuoce nel suo grasso, croccante all’esterno e morbido all’interno. Bucatini? No, mezze maniche, così il guanciale si insinua nel mezzo. E pecorino. Ma il segreto della sua bontà è il pomodoro, non una semplice passata, ma pomodori con il soffritto, infornati e poi frullati, una base che si può usare anche per altre ricette.

La ricetta

Ingredienti per 4 persone

400 g pomodori maturi
50 g gambo di sedano
40 g cipolla bianca
30 g carote
foglie di basilico fresco
4 cucchiai di olio extra vergine da versare a filo
200 g guanciale pulito
1 punta di peperoncino fresco
20 g sale grosso
240 g pasta
100 g pecorino romano: 40 g in mantecatura e 60 g per guarnire

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